Chi è messo così male da volerti scopare?

      La lezione proseguiva ormai da più di mezz’ora, ma Linda non avrebbe saputo dire quale fosse l’argomento. La professoressa era quella di storia, ma per quanto le importava in quel momento avrebbe potuto esserci anche un gorilla, oltre la cattedra, che insegnasse come sbucciare correttamente le banane.

      Quella notte si era addormentata molto tardi, eccitata per quanto era successo nel weekend e soprattutto per Tommaso. Diavolo, non erano passate nemmeno un paio di ore da quando l’aveva lasciato e già si sentiva invasa da un senso di solitudine che non aveva mai provato prima in vita sua. Si era trovata costretta a massaggiarsi il seno e poi a mettersi un paio di dita nel suo sesso per darsi pace. Aveva provato a rifare quanto aveva praticato a Tania, come le aveva consigliato lui, ed era stato il miglior ditalino che si fosse mai data, ma non era nulla rispetto agli orgasmi che gli aveva donato lui.

      E non era solo una questione di lingua sul suo clitoride, o la bravura del ragazzo. Si era sorpresa, mentre il suo corpo veniva scosso dal piacere che si era causata, nello scoprire che il sesso non era semplicemente un cazzo nella figa che pompasse fino a farla godere, ma quel senso di intimità, desiderio e amore che lui aveva dimostrato nei suoi confronti a darle davvero piacere.

      Sospirò rumorosamente, dispiaciuta di non essere tra le sue braccia, a godere anche solo della sua presenza, invece di essere in mezzo a tutte quelle persone che non erano in grado di apprezzarla, o anche solo di accettarne la sua presenza.

      «Oh, che cazzo hai, nerda?» sussurrò Marianna, dandole un colpo alla gamba con un piede. «È tutta la mattina che sospiri come un mantice. Ne hai ancora per tanto?»

      Linda le lanciò un’occhiata, per poi fare finta di tornare a seguire la lezione, ma sentì su di sé l’attenzione, ben poco benevola, di Marianna.

      Rimasero qualche istante in silenzio, poi Linda non riuscì a trattenersi dal pensare di nuovo alle mani di Tommaso che l’accarezzavano prima di farla gemere di piacere. Si morse le labbra, eccitata, sentendo le mutandine che si inumidivano, un fastidio all’altezza dell’inguine che iniziò a tormentarla. Non le sarebbe passato da solo, sapeva. Diavolo, avrebbe voluto infilarsi una mano nei pantaloni e immaginare che fossero le dita di Tommaso che la toccavano e la penetravano.

      Le sfuggì un gemito. Avrebbe dovuto chiedere il permesso per andare a fare pipì, chiudersi in un gabinetto e masturbarsi perché non avrebbe potuto resistere ancora a…

      «Ma che cazzo…» sbottò sottovoce Marianna, dandole una gomitata, stupita. «Ma sei eccitata, nerda?»

      Linda si spaventò nel comprendere che il suo stato era così palese a tutti. Si voltò involontariamente verso la compagna di classe, quasi volesse negare l’evidenza, ma non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca.

      «Sì, sì, sei proprio arrapata!» continuò Marianna, guardandole il volto. Il rossore sulle gote, le labbra più voluminose e gli occhi che brillavano erano segni evidenti, almeno per una come lei. «Cos’hai fatto, hai chiavato nel fine settimana?» domandò, tra l’incredulo e il faceto. «Incredibile, chi è messo così male da volerti scopare?»

      Linda fu colta da un senso di vergogna per l’idea che capissero cosa avesse fatto nei due giorni precedenti e di rabbia per la mancanza di rispetto per Tommaso. Fu soprattutto la rabbia a uscire dalla sua bocca. «Taci, stronza!» sibilò, lo sguardo che avrebbe potuto incenerire la compagna di classe. «Ti puoi vantare di aver scopato finché vuoi tutti quelli che ti vedono, ma un amante capace e dolce come il mio non l’hai mai avuto!»

      E Marianna, invece di intimorirsi, si divertì ancora di più davanti all’alzata di testa di Linda. «Ma almeno il cazzo ce l’ha? No, perché ti ricordo che hai una gara di pompini a cui presentarti, e per fare un pompino serve anche un cazzo, e se il tuo incredibile amante non ce l’ha è difficile che tu capisca come funziona» esclamò, un sorriso malevole da un orecchio all’altro.

      Solo l’intervento dell’insegnante salvò la ragazza da uno schiaffo sonoro che Linda stava per assestarle. Tutti si girarono verso di loro, mentre la professoressa tuonava imponendo loro di smetterla di parlare e minacciandole di mandarle dal preside se non avessero smesso.

      Linda, ancora più rossa per l’imbarazzo di essere stata richiamata da un insegnate, abbassò lo sguardo sul banco, mormorando delle scuse. Marianna, invece, sembrò non accusare particolarmente il fatto, e lei non nuovo.

      Riprese la lezione, la professoressa che spiegava le conseguenze politiche della spedizione delle truppe del Regno di Sardegna in Crimea su ordine del Conte Cavour. Qualcuno lanciò ancora un’occhiata a Linda, ridacchiando sottovoce, ma lei li ignorò.

      E continuò a seguire la lezione finchè Marianna non si sporse verso di lei, sussurrando: «Tanto è inutile: sono io la migliore a fare pompini, in tutta la scuola. È inutile che anche solo ci provi, soprattutto tu, nerda. Faresti meglio ad abbandonare la gara».

      Linda sussultò. Marianna aveva ragione su una cosa: doveva abbandonare la gara, l’aveva promesso a Tommaso. Più tardi, avrebbe cercato uno degli organizzatori e gli avrebbe chiesto faccia a faccia di annullare la sua iscrizione. E consegnare quel dannato modulo per il corso di fotografia, disperso nella cartella da una settimana.

***

      Grazie all’esperienza guadagnata con anni di pratica, le dita flessuose di Francesca riuscivano a preparare una sigaretta senza perdere più di un paio di frammenti di tabacco, prima di leccare la cartina e rollarla. Quest’ultima fase, poi, la ragazza l’aveva studiata e perfezionata per lungo tempo, e non tanto per migliorare la sigaretta in sé, quanto per catturare l’attenzione, e soprattutto l’immaginazione, dei ragazzi che la circondavano, i quali non potevano smettere di fissare la sua lingua che si muoveva lungo il pezzetto di carta bianca, e gli occhi scuri di lei che li guardavano, con lo sguardo che sembrava dire: “potrebbe essere il tuo cazzo, se mi fai contenta.”

      E nel caso nessuno la invitasse a cena o ad un fine settimana da qualche parte, era comunque uno sgomitare per poter porle il proprio accendino ed avere l’onore di far brillare, se non i suoi occhi, almeno la punta della sigaretta. Lei tirava un paio di volte, lo ringraziava e lui era tutto felice e soddisfatto, nemmeno l’avesse messa a novanta e passato una notte di passione.

      Lanciando un soffio bianco come la nebbia verso il cielo, Francesca si appoggiò alla ringhiera formata da pali di ferro squadrati che cingevano i terreni della scuola. Un altro, inutile giorno era passato dentro quelle quattro mura, e non vedeva l’ora che finisse anche quell’anno. Non aveva di certo intenzione di farsi bocciare anche quella volta, ma prendere il suo inutile diploma di segretaria e sparire da quel sanatorio. Suo padre le aveva promesso un posto di lavoro nell’azienda di famiglia se avesse conseguito la maturità, e per quanto le facesse ribrezzo passare otto ore davanti ad un computer ed un telefono a sentire le balle di clienti che si lamentavano che i camion erano in ritardo o la merce rovinata, era comunque sempre meglio che dover lavare gabinetti in giro per le fabbriche, ovvero ciò che le sue reali capacità le avrebbero permesso di sperare di trovare come impiego.

      Ammetteva con la morte nel cuore di essere una capra, e di non poter sperare di migliorare la sua situazione nei pochi mesi che mancavano per la fine della sua carriera scolastica. Si stava impegnando, sebbene non volesse che si sapesse in giro, ma non si illudeva di uscire con molto di più del voto minimo agli esami per potersene andare dalla N. Sandrini senza troppa infamia.

      In realtà, la gara di pompini le era sembrata una manna dal cielo, una sorpresa che non si sarebbe mai aspettata. Per quanto Francesca amasse il sesso, e succhiare il cazzo di un ragazzo lo legasse a lei in modo che le fosse possibile sfruttarlo finché non gli veniva a noia, mai si sarebbe sognata di farlo in pubblico. Assolutamente no. Tutti i ragazzi con cui aveva fatto sesso sostenevano fosse bravissima con la bocca, che fosse la migliore, e lei non aveva dubbi che fosse vero, ma non voleva affatto che le altre imparassero i suoi trucchi, o non sarebbe più stata al culmine della catena alimentare delle scopate della scuola. Ma, cazzo… Se avesse dimostrato di essere brava a spompinare in quella stupida gara, qualcuno l’avesse ripresa mentre faceva venire con maestria il giudice, e poi pubblicato il filmato… Se un qualche talent scout dell’industria del porno l’avesse visto, o magari qualche ricco vizioso… altroché fare le radici alla Tadini Transport, a dire a suo fratello dove consegnare o a spiegare a suo padre perché aveva mandato a cagare il cliente rompicoglioni…

      Abbandonò le sue fantasie e tornò a guardare i ragazzi attorno a lei. Un paio parlavano tra di loro di moto, senza mai toglierle lo sguardo di dosso se non per pochi secondi, fingendo di non essere intenti a immaginarla nuda, mentre il vincitore della gara dell’accendino era accanto a lei, anche lui intento a fumare una sigaretta vera: l’equivalente del presentarsi con l’auto sportiva quando tutti avevano vecchie Panda o Ka accidentate.

      Lui ricambiò lo sguardo con un sorriso. Lei rispose con un accenno. Non che fosse il suo tipo, ma se poteva permettersi le Marlboro allora poteva pagarle qualcosa da mangiare dopo che avessero fatto sesso. Il sorriso della ragazza si allargò: sì, il suo cazzo sarebbe stata la sua palestra di allenamento alla gara per i prossimi giorni.

      Fu sul punto di attaccare bottone, quando vide Linda uscire dal gruppo di studenti che stazionava nei pressi del cancello. L’istinto fu quello di urlarle qualcosa, ma non lo fece: era meglio parlare con il ragazzo accanto a…

      La sua attenzione si concentrò ugualmente sulla stupida bionda: era la prima volta in tanti anni che non la vedeva seguire spaventata come una pecora il gregge di studenti che si recava alla vicina stazione dei pullman ma salire su una macchina, e il tutto con la schiena dritta, un sorriso sulle labbra, felice. I suoi genitori, che Francesca sapesse, non l’avevano mai presa a scuola: avevano un bar o un ristorante e non potevano certo abbandonarlo mentre era pieno di gente per andare a prendere quella sfigata della loro figlia.

      Si abbassò sulle ginocchia, ponendosi all’altezza dei finestrini dell’auto. C’erano almeno una ventina di metri di distanza tra di loro, ma la ragazza fu sicura che alla guida ci fosse una donna mora. Linda, dopo aver messo lo zaino sul sedile posteriore e chiuso la porta, salì sul sedile del passeggero accanto al pilota, abbracciò la donna e la baciò.

      Le sopracciglia di Francesca si sollevarono quando si rese conto che si stavano baciando sulla bocca. – Che cazzo…

      «Ehi, che c’è, Francy?» domandò divertito quello che fino ad un attimo prima doveva essere il fortunato vincitore della lotteria sessuale.

      «Non rompere» tagliò corto lei, il rapporto sessuale passato in secondo piano nella sua mente, sostituito da quanto aveva appena visto e dal mistero che nascondeva. Rimase in quella posizione mentre l’auto si avviava e si allontanava lungo la strada. «Ma che cazzo…» mormorò di nuovo, confusa, alzandosi in piedi.

      Proprio in quel momento, nella folla, vide passarle davanti l’amica bionda di Linda, Martina. O Marina. O… quello che era. Superò un gruppo di studenti, e la prese per una spalla.

      La ragazza bionda si scosse, allontanando la mano. «Che cazzo vuoi, anche te?» disse. «Non rompere, che devo andare».

      «Ehi, datti una calmata!» ribatté Francesca, rendendosi conto di non essere quella con il carattere peggiore della scuola. «Volevo solo chiederti una cosa».

      «Beh, allora parla».

      Francesca fu sul punto di mollarle un paio di ceffoni, ma non sarebbe stato produttivo, soprattutto considerando che era già una specie di sorvegliata speciale per il suo comportamento negli anni passati a scuola. «Che cosa è successo a Linda? È strana».

      La bionda esibì un sorriso malvagio. «Perché, può esserlo più del solito?» sogghigno. «Comunque, credo sia innamorata, non so di quale povero disperato. Chi cazzo si metterebbe con una stramboide come lei?»

      Francesca non rispose. La sua mente, per quanto non fosse la sede dell’intelligenza più sfolgorante nei paraggi, era al lavoro nella ricerca di qualche possibile conseguenza con quanto aveva in programma, oltre a nuovi modi per prendere in giro Linda. «Grazie, Marina» disse, sovrappensiero.

      «Marianna!» sbottò l’altra, arrabbiata, voltandosi mentre si rimetteva in marcia. «Ma ricorderai il mio nome quando avrò vinto la gara di pompini!»

      L’altra si limitò a sollevare una mano come a salutarla, sebbene non sentisse una sola parola detta dalla bionda, se non l’accenno alla gara. “Che idiota, Linda, a mettersi con una donna quando dovrebbe allenarsi anche a lei ai pompini.”, pensò con divertimento. “Farà davvero una pessima figura. Ma non che la cosa sarebbe potuta andare diversamente, in ogni caso.”

Continua…

Nella raccolta:

Una storia di amore, rivalsa e pompini.

Scritto da:

Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova

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