Linda ha aperto il culo a tutte

      Il segno di uguale non era più il nemico numero uno di Francesca. Sì, continuava a fissarla dallo schermo, comodamente appollaiato nella sua casella di testo in cima allo schermo, ma adesso era in compagnia di stringhe di lettere e segni di punteggiatura. Erano questi ultimi ad aver preso il posto dell’uguale negli incubi della ragazza, a sghignazzare per la sua incapacità di ficcarsi in testa come funzionasse quella roba apparentemente senza senso.

      Lei li odiava, li detestava. Per l’ennesima volta si chiese perché non avesse studiato da muratore. Sarebbe stato un lavoro faticoso e polveroso, ma almeno non avrebbe richiesto l’uso di computer e dannati programmi incomprensibili come fogli di calcolo.

      “Dovevi fare la pornostar, Francesca. Sei così brava a succhiarlo…”

       A tradimento, come se a parlare fosse stata la griglia del foglio elettronico, le tornarono alla mente le parole di Daniele quando i loro sguardi si erano incontrati al termine del pompino. Lei custodiva tra le labbra la sua cappella, calda e pulsante, le dita di una mano che sorreggevano il suo cazzo, la sborra bollente che la colava in gola scivolando sulla lingua dopo avergli dato piacere. Gli occhi castani di lui, quando si erano posati nei suoi neri, scintillavano per l’orgasmo appena ricevuto, un sorriso sincero e grato che addolciva ancora più quel viso meraviglioso. Francesca si era eccitata tutto il tempo che aveva passato in ginocchio davanti al ragazzo, riconoscente col destino di averle avuto il bel Daniele come giudice, ma quando lui le aveva accarezzato il volto con una mano… non avrebbe bagnato le mutandine così tanto nemmeno se si fosse pisciata addosso. In quel momento avrebbe voluto sdraiarsi a terra davanti a lui, togliersi qualsiasi cosa indossasse, e darsi piacere a sua volta, un paio di dita che s’insinuavano tra le grandi labbra della sua fica, mostrandogli il buco che avrebbe tanto voluto le riempisse, le tette che avrebbe desiderato afferrasse…

      Francesca si azzannò il labbro inferiore, stringendo le palpebre come se avesse temuto che anche solo una molecola dell’eccitazione che le stava infiammando l’anima potesse sfuggirle. Sentì di essere così arrapata che pensò di aver appena bagnato la sedia. Fanculo se aveva portato a casa la giornata della gara, e praticamente era in mano sua la vittoria di tutta la gara: avrebbe gettato via tutto questo per fare sesso con Daniele anche solo una volta.

      Dalla cucina continuavano a giungere le voci degli idioti delle telenovelas in costume di sua madre. Di certo la donna non avrebbe perso un solo secondo del dramma di Pablo e Carmencita e non sarebbe andata a disturbarla. Francesca si trovò una mano che si accarezzava il cavallo dei pantaloncini, simili a quelli che aveva gettato via venerdì dopo essere stata sfondata da Mauro. Le doleva ancora un po’ la passera, ma il peggio ormai era passato.

      Possibile che al mondo potessero esistere due uomini tanto differenti? Il cazzo di Daniele era… la quarta parte di quello di Mauro? Eppure, solo quella mano che le accarezzava la guancia, quel sorriso, quei pochi istanti di tenerezza valevano più di qualsiasi cosa quel bastardo ritardato avrebbe potuto fare in tutta la sua vita.

      La mano libera corse al mouse, facendo volare la freccetta bianca sullo schermo, causando il rintanamento della finestra del foglio elettronico maledetto nel suo angolino e correndo sul rettangolo nel desktop che mostrava un minuscolo ritratto. Un istante dopo che il mouse ebbe squittito due volte, la foto del paesaggio dello sfondo venne sostituita da quella di Daniele, su una spiaggia, con indosso solo i pantaloncini. Se il volto era bello e il cazzo non era da buttare via, il resto del corpo era un sogno per la ragazza: non un grammo di grasso in vista e nemmeno peli di troppo, muscoli pieni, pettorali che sembravano l’equivalente di una quinta di seno per un uomo, il ventre diviso a metà da una tartaruga incredibile, un paio di tatuaggi tribali ben definiti che si contorcevano su un polpaccio ed una spalla a rendere tutto ancora più divino.

      La ragazza fremette a quella vista, sentendosi prendere fuoco dall’eccitazione. La mano si alzò dal cavallo e si tuffò nei pantaloni, scivolando nelle mutandine. Quanto cazzo era bagnato? La sua figa sembrava un forno, riversava bava come se qualcosa si fosse rotto. Sfiorò per errore la lumachina e una badilata di piacere la colpì alla testa. – Cazzò! – sibilò, il fiato che le mancava, il cuore che sembrava impazzito. Le dita le scivolarono dentro, come se fossero state risucchiare, facendo sgorgare altra bava nelle mutandine. Sì, avrebbe bagnato la sedia.

      Iniziò a muoversi nella passera, sforzandosi di trattenere dentro di sé almeno il grido continuo di eccitazione, simile a quello di una cascata di puro piacere che cercava di erompere dal suo petto, e le lacrime di desiderio che sembravano espellere ciò che la sua figa non riusciva a spurgare. Non pensò che in quel momento avrebbe potuto comparire quella rompicoglioni di sua madre e vederla riversa sul tavolo, che gemeva come se stesse soffrendo, né che la mano che le tappava la bocca lo faceva con una forza superiore a quella che aveva usato Mauro mentre distruggeva il suo sesso.

      Non durò comunque molto, anche perché poi sarebbe morta soffocata o di infarto. Un orgasmo più simile al dolore le esplose nella figa, la attraversò, devastando ogni sua singola fibra, drenandola di ogni forza, bruciandole i polmoni e stringendole il cuore. Per un istante avrebbe potuto davvero credere di essere morta, perché il suo cervello parve aver dimenticato come si facesse a pensare, perdendo ogni dialogo con i sensi del corpo, scomparendo persino l’immagine di lei sdraiata su un morbido letto, sudata e felice, mentre afferrava il culo muscoloso di Daniele intento a possederla con profonde spinte, una mano a stringerle un grosso seno, le sue labbra che veneravano il suo collo.

      Quando si riebbe, si scoprì accasciata ansante sul tavolo, lo stesso bagnato dal sudore che aveva stillato durante quella selvaggia, incredibile scopata. Faticava a estrarre la mano dalle mutandine, aveva i muscoli e i tendini del braccio doloranti, e tutto il suo corpo sembrava fosse stato investito da una macchina dopo che aveva corso per chilometri. Centinaia di chilometri. La sua figa ruggiva il desiderio di un vero cazzo dentro di sé, come se fosse stata preda di una fame incontenibile e solo un pene avesse potuto soddisfarla. Uno in particolare.

      Francesca rimase qualche attimo seduta, la testa leggera, ciondolante, con il timore di cadere. Cazzo, se quello era un orgasmo, quelli che aveva provato fino a quel momento erano stati fastidiosi pruriti. Le venne da piangere, assalita dallo sconforto che non avrebbe più potuto avere Daniele dentro il suo corpo. Il suo cazzo, le sue dita o la sua lingua avrebbero avuto accesso ad ogni suo orifizio.

      Sì, si disse, a lui avrebbe donato il suo culo: si sarebbe inginocchiata davanti a lui, avrebbe preso in bocca il suo cazzo, si sarebbe persa nei suoi splendidi occhi mentre la sua sborra calda faceva lo stesso nella sua gola, poi si sarebbe girata, mostrandogli le natiche e lo avrebbe implorato di prendere la verginità che custodiva tra i suoi glutei…

      Quando sentì di nuovo quel suono salire dalla sua gola capì che doveva smettere di pensare al ragazzo, o la verginità anale se la sarebbe prese da sola, con due o tre dita, su quel tavolo bagnato del suo sudore, e questa volta le sue grida sarebbero state di un volume ben superiori di quelle di Paco e Guadalupe.

      Riprese fiato, cercando di trovare un po’ di lucidità nella sua mente. Guardò l’immagine di Daniele sullo schermo, mandandogli un bacio carico di desiderio, poi, con dolore, chiuse la finestra e richiamò Excel… Aveva fatto davvero bene, la sera prima, a cercare su Facebook una sua foto senza qualche troia a rovinare la perfezione del ragazzo e a renderla disponibile velocemente sul desktop del computer: si aspettava che nei giorni successivi il desiderio di vederlo sarebbe comparso, ma non si sarebbe mai sognata che l’avrebbe portata al migliore orgasmo della sua breve esistenza.

      Niente da fare: una volta terminata la gara e vinta, avrebbe gettato all’aria ogni sua velleità di poligamia e avrebbe sedotto Daniele, infischiandosene se avesse già una qualche donna, o più di una. Doveva essere suo, e lei doveva essere sua, per sempre.

      Si guardò in basso, per quanto i suoi grossi seni glielo permettessero. Non che sarebbe stato comunque necessario: già con il tatto riusciva a capire che i pantaloncini erano completamente zuppi di voglia, e probabilmente schizzi di bava erano anche sulla maglietta. Cambiare gli abiti sarebbe stato meglio, perché sua madre che la vedesse in quella condizione sarebbe stato ben più imbarazzante che scovarla mentre si contorceva sul tavolo, agonizzando in un orgasmo micidiale.

      Quando tornò dopo dieci minuti, passati anche a chiedersi se farsi un bidet per pulirsi l’inguine dalle prove del crimine o tenere addosso la bava come una sorta di ricordo momentaneo del piacere che la sola foto di Daniele le aveva dato, decidendo per la seconda scelta, sullo schermo trovò la notifica di un messaggio della sua cara amica Pamela.

      La conosceva da quando erano alle elementari, e le dispiaceva che quella stronza bionda, Martina… Marina… beh, come cazzo si chiamava, l’avesse battuta. Francesca era stata presente, così come Pamela c’era stata quando lei aveva venerato il cazzo di Daniele, e doveva ammettere che la bionda aveva dimostrato di essere stata davvero brava. Nulla che lei non sapesse battere, ma la bionda aveva comunque spompinato con una maestria che Francesca non si sarebbe aspettata.

      Pamela era andata anche quel giorno, più che altro per vedere Linda fare la figura di merda del secolo. Avrebbe voluto esserci anche lei a contemplare quello spettacolo di incapacità ma doveva studiare. O almeno così le aveva confidato: in realtà, se avesse visto di nuovo quel meraviglioso cazzo pendere dall’inguine del divino Daniele, avrebbe assestato una pedata alla troia che oggi se lo sarebbe trovato in bocca e avrebbe fatto lei il bis di sborra.

      Cliccò sulla notifica ed un attimo dopo comparve una finestra nell’area in basso a destra dello schermo con la chat che da anni portava avanti con la rossa.

      “Non puoi immaginare cos’è appena successo”, recitava il messaggio.

      Francesca sorrise, maligna. Linda doveva aver fatto più schifo di quanto immaginassero, si disse. Nonostante ciò, volle ironizzare: “Nadia ha perso????? Avevo puntato su di lei i miei ultimi risparmi!”

      Un istante dopo la risposta che comparve sullo schermo, nonostante fosse solo pixel di un colore diverso da quelli attorno ad esso, ebbe il peso di un’incudine. “Linda le ha aperto il culo”. Qualche secondo dopo ne apparve sotto un’altra, a conferma e a correzione del precedente, contemporaneamente. “Linda ha aperto il culo a tutte.”

      Francesca sbattè gli occhi, cercando di comprendere cosa avesse appena letto, che intendesse Pamela con quelle parole. Non era nuova all’uso della frase “aprire il culo”, intendendo che qualcuno aveva battuto qualcun altro, ma in quel caso doveva avere un significato diverso. Forse intendeva letteralmente? La nerd aveva perso la testa e infilato un palo nel…

      Un terzo, successivo messaggio comparve sullo schermo. “Anche a te. Mi spiace.”

      Francesca non capì. Ma un profondo senso di terrore le colò lungo la schiena, facendo fiorire nei suoi muscoli l’energia che l’orgasmo di prima sembrava aver bruciato e che ora le sarebbe servita per fuggire o combattere. Ma lei non sarebbe fuggita.

      Improvvisamente furiosa, iniziò a battere con violenza sulla tastiera, come se avesse tenuto con una mano il bavero e ogni tasto premuto fosse stato una sberla, prima di dorso e poi di palmo, sul viso della sua amica, scandendo a voce alta le parole che si formarono nella chat: “Cosa cazzo stai dicendo?”

      Passarono dieci, quindici lunghissimi battiti del cuore della mora prima che apparisse la risposta: “Sembra quando abbiamo vinto i mondiali. La gente è impazzita e tutti vogliono Linda nei loro selfie.”

      La rabbia di Francesca venne sostituita in un attimo dallo sconcerto, poi capì che quella troia la stava prendendo in giro. Stronza… Lei aveva vinto il giorno precedente, mentre Pamela si era ritrovata la bionda che le apriva il culo e glielo infilava tanto in fondo che le era uscito dalla bocca. Adesso voleva vendicarsi.

      “Vai a cagare. Dimmi cos’è successo davvero”, digitò.

      Attese un attimo una risposta sullo schermo, ma non giunse da lì. Il telefono squillò accanto al computer e sul piccolo monitor apparve la foto di Pamela. Francesca allungò la mano ma si fermò con le dita ad un paio di centimetri dallo smartphone: se le telefonava, doveva essere qualcosa di grosso. Era sicura di voler sapere cos’era accaduto?

      Afferrò il telefono e accettò la chiamata. Lei non fuggiva.

      Quando portò il telefono all’orecchio, Pamela non disse nulla, ma bastò il grido di sottofondo per comprendere cosa fosse accaduto.

      «Lin-da! Lin-da! Lin-da!»

      Francesca non disse nulla. Non poteva dire nulla, o sarebbe morta asfissiata. Perché non era più sulla Terra, era su un altro pianeta… no: era in un universo parallelo fatto al contrario, dove le nerd sfigate sono acclamate e…

      «Va bene così?» domandò la voce di Pamela, piccata, appena udibile in quel fracasso. «Adesso sei convinta?»

      Quelle parole sfiorarono appena la mente di Francesca, che dopo un respiro pieno di ossigeno aveva assodato che si trovava ancora dov’era prima, quando aveva afferrato il telefonino, troppo impegnato a comprendere come potesse essere accaduto qualcosa di così impossibile. Le altre tre erano morte improvvisamente? Avevano morso i cazzi degli altri tre giudici, evirandoli? Linda aveva corrotto gli spettatori…

      No, ogni possibilità era una cazzata… ma Linda vincitrice, al punto tale da essere acclamata? Lei aveva fatto un pompino da sogno, qualcosa che nei porno si vedeva fatto solo dalle più brave, pagate attrici, e solo un paio avevano applaudito… «Come… come ha fatto?»

      La rossa all’altro capo della telefonata pensò fosse stata una domanda rivolta a lei. «Ho visto tutto, e devo dirti che è stata maestosa,» rispose, poi la sua voce si fece disgustata: «“Maestosa” riferito a Linda è qualcosa che mai mi sarei aspettata di dire…»

      «Sì, ma…» balbettò Francesca, confusa, poi si riprese. «Come ha fatto? Voglio dire: non ha mica fatto una magia o roba del genere! Se l’è…» abbassò la voce per non farsi sentire dalla madre, sebbene sapesse fosse una precauzione inutile, «se l’è messo in bocca, no?»

      «Ah, per quello sì,» rispose Pamela. «Aspetta un attimo, Francy».

      La ragazza tacque, anche perché capì che l’amica aveva allontanato il telefono dalla bocca e la sentiva parlare con qualcuno, capendo sì e no una parola su quattro, disturbata dalle grida che ancora si alzavano eccitate dalla folla di ragazzi che continuavano a complimentarsi con quella stupida biondina incapace.

      Poi la voce di Pamela tornò ad essere udibile. «Un attimo che mi allontano. Ok, sono nel bosco. Zio caro, quei due stanno ancora chiavando… come si fa a eccitarsi guardando quella stronzetta succhiare un cazzo…» mormorò, irritata. «Oh, Francy: visto che non saresti venuta, ho chiesto a Fausto, quello in quinta elettronica, di registrare con il suo telefonino per farti vedere quelli che dovevano essere due minuti di schifo di Linda. Adesso lo sta caricando nel suo cloud e gli ho detto di mandarti il link di condivisione via e-mail».

      «Non voglio vedere nessun fottuto video di due minuti con Linda che ha un cazzo in bocca,» rispose risoluta Francesca, come se questo potesse bloccare l’invio della missiva elettronica e l’upload del video.

      Dal telefono si riversarono grida di giubilo e applausi, e solo dopo qualche secondo Pamela parlò di nuovo, come se avesse avuto paura a pronunciare quelle parole, quasi ciò avesse causato l’ira di Francesca e avesse potuto picchiarla attraverso il microfono del cellulare. «Non sono due minuti di video…» Un paio di secondi di silenzio, poi: «Sono almeno dieci. Forse quindici».

      Gli occhi scuri della ragazza si spalancarono. «Quindici?» domandò, come se quella parola non avesse senso per lei. «Linda ha…» alzò lo sguardo verso la porta della cucina chiusa, poi abbassò di nuovo la voce. «Linda ha succhiato quell’orrore di Michele per un quarto d’ora?»

      «Sì, e credo l’abbia sentito anche tu, dall’altra parte del comune, urlare quando è venuto,» disse la rossa, per poi correggersi: «Quando è venuto la seconda volta, perché la prima non ha sborrato».

      «Cosa…» mormorò Francesca, confusa. Com’era possibile? Far venire un uomo senza che spruzzasse la sua bega? Era impossibile! Lei non ne era in grado, per lo meno… Ma Linda sì?

      «Senti, ne parliamo domani,» disse Pamela. «Dovrebbe essere arrivato il link, secondo Fausto. Non so dirti se guardare il video, però. È… è deprimente. Mi ha fatto sentire una merda, quella stronza bionda…» confessò, la voce piena di desolazione. Il saluto che la rossa porse all’amica prima di chiudere la telefonata sembrò il preludio di un pianto disperato.

      Continua…

Nella raccolta:

Una storia di amore, rivalsa e pompini.

Scritto da:

Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova

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