Mirella, Marco e Pedro

Pedro si stava stappando forse la seconda, forse la terza Estrella da 50 cl del pomeriggio quando li vide arrivare su quel catorcio con targa portoghese. Era il portiere del motel, nonché tuttofare e proprietario anche se in compartecipazione minoritaria con le banche che gli avevano ipotecato anche le mutande, e pensò che con tutte quelle responsabilità un po’ di decoro ogni tanto non gli facesse male. Si ravvivò con la mano destra i circa tre capelli che gli ricoprivano da un orecchio all’altro il cranio calvo e lucido di sudore, lasciando a mezz’aria il cavatappi che impugnava nell’altra mano con incontestabile perizia. Erano clienti e un po’ di riguardo ci voleva, d’accordo, ma restava indeciso se soddisfare subito la sua inesauribile sete o darsi arie da grand hotel. D’altronde, quelli che capitavano in genere da lui, oltre ai camionisti dell’est Europa, erano spiantati o coppie in cerca di intimità clandestina e insomma, tanto, valeva che… 

Ma appena li vide dirigersi verso la reception, che altro non era che una guardiola piazzata nel mezzo del cortile a semicerchio sul quale si affacciavano le stanze e che ospitava una piscinetta azzurrognola, decise definitivamente di rinunciare alla birra. Non aveva mai visto una coppia così da quelle parti. Almeno non negli ultimi cinque anni e a dirla tutta non aveva mai visto neanche portoghesi vestiti in maniera così affettata e in una giornata così calda, poi. 

Ma erano davvero portoghesi? 

Appena lo salutarono capì che la s del “buenas tarde” lanciato a metà strada era troppo decisa per essere iberica. Erano italiani – eh già chi altri con quell’aria da fighetti? -, o almeno lo era il ragazzo, l’unico ad aver salutato. A dirla tutta, neanche di italiani, camionisti a parte, se ne erano mai visti molti nelle stanze del suo motel. Benché la ragazza fosse rimasta dietro, il portiere guardò prima lei. Era uno schianto spaziale: una stanga di un metro e 70, coscia lunga e gonnellino EA7 corto, capelli raccolti e zoccoletto Dior vintage alla “gaurdami-guardami“ (per non dire qualcosa di più concreto e carnale) che attirava l’attenzione tanto quanto i capezzoli puntuti che si affacciavano dalla canottiera, sottile e corta. Doveva essere molto giovane, pensò il portiere, anche se lo sguardo da gatta e il sorriso un po’ sfuggente disegnato sulla bocca piccola e carnosa, la facevano sembrare più adulta. Lui, allampanato e un po’ caracollante, mostrava all’incirca la stessa età, ma valeva decisamente meno sguardi: aveva l’aria del poeta triste e con quel ciuffo che gli cascava dalla fronte sembrava un fessacchiotto. Dopo quell’analisi da esperto dell’umanità, il portiere-tuttofare concluse che quei due meritavano decisamente la sua massima attenzione. Ripose rapidamente la bottiglia nel minifrigo sotto la scrivania e fece un veloce calcolo mentale:  +40% della sua tariffa solita di 40 euro a notte e 25 per qualche ora facevano rispettivamente 56  e 35 euro. Clienti speciali, prezzo speciale.

“Non essere ingordo, Pedro” si disse il portiere-azionista e decise di arrotondare a 50 e 30.  Se avesse chiesto di più sarebbero oggettivamente scappati, pensò. 

“Ha una stanza per questa notte? Abbiamo l’auto che non va e non se ne trovano altre. Sa il vulcano…”, fece lei in uno spagnolo da manuale, “s” comprese.

“Una? Ma quante ne vuoi bellezza del papà. Una per te e una per lui, che magari a te, io, ti vengo a trovare questa notte, eh bella?”. La tentazione di dirlo fu fortissima, ma Pedro fece il suo secondo atto ti contenzione del pomeriggio. Si limitò a esprimere i suoi apprezzamenti indugiando sul corpo della ragazza e a confermare che, per pura combinazione, aveva libera la più grande del motel, anzi la migliore. 

“Me l’hanno lasciata proprio questa mattina due olandesi che sono stati qui alla grande una settimana intera. Dà sul mare ed è silenziosa. Sono… ehm… 65 euro. La colazione potete prenderla all’ora che volete al bar qui di fianco, dal quale si entra anche dal cortile del motel. È di un mio cugino che sa il fatto suo. Ci potete anche cenare. La colazione, ehm…, ovviamente si paga a parte”.

Marco e Mirella si guardarono. 65 euro un motel lo avevano pagato solo nella Death Valley in pieno agosto e decisamente di un livello superiore, ma tanto era una notte sola e non erano in condizione di scegliere.

In attesa di risposta, Pedro tamburellava con le dita sulla scrivania di formica, mostrando una sorta di cortese impazienza, dovuta più all’Estrella nel frigo che all’affare. “Va bene accogliere con gentilezza e decoro, ma la sete è sete, pivelli”. Ma non disse neanche questo. Si limitò ad osservarli e a imprimersi lo sguardo portentoso di lei nella mente. Ci sono donne che per ricordarsele tutte devi guardarle più volte e a lungo, altrimenti hai sempre il dubbio di esserti perso il meglio.  

Fu Mirella a chiudere la faccenda passandosi la lingua sulle labbra, rese ancora più scarlatte dal suo lipstick preferito rosso fuoco, e con una scrollata di spalle rivolta a Marco. Il movimento le fece abbassare la canottiera di quel tanto sufficiente da far sperare a Pedro rivelazioni importanti su quel seno piccolo, ma prepotente. Il capo-motel si sporse in avanti come attratto da una calamita, ma niente da fare: non si vedeva nulla di più. Grugnì e sperò che la coppia avrebbe approfittato della piscina per dargli occasione di approfondire la conoscenza con quelle mammelle da italiana chic. Sempre che fossero rimasti. 

“Ok”, disse Marco. “Nostra. L’aria condizionata funziona?”. Nel baracchino-portineria-ufficio faceva caldo e il ventilatore non sembrava sufficiente a rinfrescare un bel nulla. 

“Alla grande, caballero. Si dovrà mettere il maglione se è un tipo delicato e mi sa che lei un pochino lo è”.

Mirella e Marco si scambiarono di nuovo uno sguardo e si misero a ridere. Era tutto così grottesco in quella loro luna di miele che le osservazioni di un portiere di motel, non potevano costituire un fastidio, ma solo un coerente contrappunto a tutto il resto.   

Pedro porse la chiave numero 12 dopo aver dato appena uno sguardo ai documenti.

“Benvenuti Mirella e Marco, ero sicuro ch’eravate italiani. Vi troverete bene. Più tardi fate una capatina da Ramon, mio cugino per una birretta e non dimenticate la piscina per rinfrescarvi un po’. Non ve ne pentirete: è piccola, ma pulita e con la temperatura dell’acqua al punto giusto”, disse con la soddisfazione di chi aveva detto la prima verità della giornata.  

“Ci penseremo, grazie”.

“Ehm., si paga anticipato, sapete è un motel questo, gente che va e gente che viene”. Questa volta non li stava fissando: guardava oltre le loro teste come se si stesse rivolgendo a una folla di ospiti in attesa nel cortile.

Quando Marco tirò fuori l’American Express, il portiere ebbe un sussulto come se avesse visto una pistola.

“Eh no, caballero, solo contanti”.

“Non ne abbiamo a sufficienza. O carta o deve aspettare che facciamo un prelievo”.

“E dove lo fa?”. 

“Al distributore hanno un bancomat, ho visto. Un quarto d’ora vado e vengo”.

“Fuori uso da anni. Occorre andare in città”.

“Ho la macchina morta”.

Pedro sembrò attraversato da pensieri funesti e dopo quello che apparse come uno sforzo molto faticoso, venne fuori con la soluzione.

“L’accompagno io, più tardi, appena posso. Intanto segno”. 

E segnò per davvero, con un cipiglio professionale che non gli impedì di osservare le natiche di Mirella diretta con Marco verso l’auto. “Anche il culo è magnifico” decise il portiere, che si godette la vista stappando finalmente l’Estrella. 

La camera 12, l’ultima dell’ala destra del semicerchio sul quale erano disposti i bungalow e di fianco al passaggio che portava al bar, era la classica stanza da motel: all’esterno piccola veranda con tavolino; all’interno lettone su di un lato, bagno e cucinino con frigo e microonde sull’altro. Tutto – mobili, tv, coperte, elettrodomestici – aveva la patina giallastra delle cose vecchie e un po’ consunte, eccetto il grande specchio montato su un treppiede mobile, che appariva lustro e nuovo di pacca, quasi una chiccheria fuori luogo. Ma ciò che per davvero nobilitava l’ambiente era l’ampia vetrata con vista sulle basse dune della spiaggia, alla fine delle quali brillava l’Atlantico. Circa la temperatura interna Pedro aveva avuto ragione: era da maglioncino. A patto però che il condizionatore fosse al massimo, il che era raro: a intervalli del tutto arbitrari si spegneva a lungo, facendo schizzare in alto il termometro. Poi, in maniera altrettanto capricciosa, riprendeva a sbuffare aria gelida, facendo calare la tensione della corrente. Luce-caldo, buio-freddo erano più che semplici associazioni di idee nella 12: erano certezze sensoriali.

Portata la macchina di fronte all’ingresso del bungalow i due sposi ne estrassero il minimo indispensabile per una notte. Si sentivano esausti a causa del caldo, del viaggio, dei contrattempi e delle emozioni che avevano accumulato nei giorni precedenti.

Si misero a letto nudi, uno accanto all’altro, tenendosi per mano, con le dita incrociate nella penombra della stanza e si addormentarono quasi subito.

“Vabbè, dai, almeno il letto è giusto”, fu l’ultima frase di Marco lasciata cadere, dopo aver cercato con finta noncuranza il capezzolo destro della moglie.

“Non ora Marco, sono morta, ma stasera ti prosciugo, non ne posso più neanche io”, fu l’ultima frase di Mirella. 

Da quando si erano sposati non avevano mai fatto l’amore, loro che facevano sesso anche più volte al giorno: la sera delle nozze erano troppo ubriachi anche per baciarsi e i giorni successivi troppo presi dalla tragedia. 

Marco non fu l’unico a restare deluso dall’ennesima procrastinazione di quelli che ormai erano anche doveri oltre che piaceri coniugali. Ci restò male anche Pedro, appostato nella stanza di fianco, che li osservava da un foro grande abbastanza da vedere lo specchio posto di fronte al letto. Non lo aveva aperto lui quel buco, ma qualche sporcaccione di passaggio, che non si era accontentato di sentire la coppia di turno, ma voleva anche vedere. Quando Pedro lo scoprì si armò di malta, ma poi ci ripensò e praticò altri fori anche in altre stanze. Divenne un business parallelo, l’erogazione di un servizio speciale in più, di cui lui era oltre che fornitore, primo fruitore. “Solo un controllo di qualità”, diceva a sé stesso, sfregandosi le mani, ogni volta che valesse la pena buttare un occhio. E spesso, non erano solo le mani quelle che si sfregava. 

La coppia di sposi dormì forse per la prima volta in maniera tranquilla dopo giorni di sonni brevi e agitati e quando si svegliarono, con il sole ancora alto nel cielo di giugno, il loro umore era decisamente diverso.

“Andiamo alla spiaggia?”.

“Meglio piscina e birretta. Anzi, un bicchiere di vino bianco ghiacciato”, disse Mirella, che scelse il suo costume più succinto. La lontananza dalla casa dei genitori la stava facendo sentire più rilassata, con i sensi che si risvegliavano insieme con tutti i desideri carnali fino a quel momento repressi. 

Marco intuì che la moglie stava tornando in forma sotto ogni punto di vista e festeggiò la novità con un’erezione che Mirella notò, finse di ignorare e lasciò crescere, mettendo mano ai pezzi migliori del repertorio seduttivo che sapeva avere effetto sul marito. Si spogliò e rivestì lentamente, provando varie mise e acconciature, mentre si rimirava nello specchio;  si controllò la depilazione stendendo le gambe e arcuando i piedi lunghi e sottili, roteando la caviglia; si massaggiò con la crema solare, soprattutto nei punti nei quali ne aveva meno bisogno, come seno e natiche. Fu solo mentre stavano per uscire che gli prese tra le mani il membro evidentemente ancora duro nel costume e prima di piegarsi per dargli una succhiata veloce e superficiale, baciò Marco in bocca.

“Ferma, che mi fai venire sulla porta, come uno stronzo”, la implorò lui.

“Hai ragione, è ora di andare, non di venire, ma non sai la voglia che ho. Neanche te lo immagini di cosa sarei capace”.

Lo immaginava Marco? Lui era convinto di sì e nei dettagli. Ma sarebbe stato smentito. Con Mirella funzionava così e lui non l’avrebbe mai cambiata con nessuna, anche per questo.

Neanche li avesse sentiti, il portiere si fece trovare che trafficava intorno alla piscinetta e li accolse con una “Buenas tarde” che sembrava un fuoco d’artificio col fischio. Era sinceramente contento di vederli. Soprattutto di rivedere Mirella alla luce del sole e non attraverso uno specchio. 

A guardarla con comodo, la ragazza italiana era anche meglio di come l’aveva giudicata: flessuosa, caviglia sottile, gambe slanciate che fiorivano in due natiche pronunciate e sode. Solo il seno lasciava a desiderare per i gusti dell’oste: una seconda, avrebbe scommesso, ma le mammelle erano perfettamente rotonde con due capezzoli grandi e sfrontati, che il costume striminzito conteneva controvoglia. 

“Quelle mossette da stronzetta viziata te le farei fare io a modo mio”, sembrava pensare mentre la osservava sistemarsi i capelli dietro l’orecchio.  

Ovviamente si tenne anche questo per sé. 

“Bene, bene, la piscina a quest’ora è la soluzione migliore. Il mare è sempre un po’ mosso verso il tramonto. Birretta?”, chiese.

“Vino bianco, se ne ha”, ribatté Marco.

“Solo birra qui, ma corro a prendere una bottiglia di bianco da mio cugino” e si avviò trotterellando.

“Questo ti scopa con gli occhi”.

“Lascialo fare”, replicò Mirella stendendosi sul lettino da spiaggia in una posa da divinità greca. “Arrapare gli altri mi arrapa da morire, lo sai. E quel vecchio porco verrebbe anche se solo lo fissassi dritto negli occhi”.

“Ecco, evita di guardarlo, per l’amor del cielo. Ci manca anche un bavoso, ora. Siamo, finalmente, in viaggio di nozze o no? Sei felice?”.

Mirella ignorò entrambe le domande aprendo il suo libro di lettura, ma effettivamente evitò di guardare negli occhi il portiere, quando questi tornò con una caraffa di vino ghiacciata. Fece in modo, però, che ne bevesse anche lui, usando il terzo bicchiere che guarda caso Pedro aveva portato con sé, rispondendo lungamente alle sue curiosità. Voleva che continuasse a guardarla da vicino: oltre Marco, del resto, era l’unico maschio in circolazione e Mirella quel pomeriggio voleva essere ammirata.

“Come mai parlate così bene lo spagnolo?”.

“Erasmus, vacanze e after-hours sulla spiaggia. Soprattutto questi, i migliori per imparare tutte le lingue”, spiegò l’italiana che al riguardo la pensava in maniera un po’ diversa da quel che aveva detto: per lei il metodo migliore per imparare qualsiasi lingua è frequentarne i parlanti a letto. Ma perché dirlo? Il portiere l’avrebbe presa come richiesta per un ripasso ed era meglio evitare.  

Via via che la caraffa si vuotata, i quesiti di Pedro si facevano sempre più intimi e le risposte di Mirella sempre più spesso accompagnate da risatine di finto imbarazzo e occhi al cielo, che le donavano un’aria svagata e sexy. 

Tenetelo a mente: Mirella la dottorata in fisica quantistica, ama fare la cretina. Quel che talvolta la inquieta – lo dice spesso lei stessa – è che ci riesce benissimo. 

Marco, invece, parlò pochissimo, ma fingendosi distratto in realtà si godeva a pieno lo show di sua moglie, che cambiava di continuo posizione alle gambe.  Tanto Mirella era esibizionista quanto Marco un voyeur e questo era stato sin da subito uno dei tanti punti sui quali combaciavano perfettamente, anzi si compenetravano. 

Il gioco finì quando volle Mirella e lo fece terminare testando fino in fondo l’intensità della presa che esercitava sul portiere. “Ora lasciaci soli e porta altro vino, siamo in viaggio di nozze sai?”, ordinò all’improvviso, seccamente e passando al tu. Il portiere sembrò colpito da uno schiaffo, ma si vedeva che era pronto a porgere l’altra guancia. Con un sospiro si alzò dal lettino sul quale era seduto e trottò verso il bar.   

“Non ti ha staccato gli occhi dai piedi per un secondo”, fu l’unico commento di Marco quando Pedro fu lontano.

“Lascia perdere. Ha guardato anche altro, ma diciamo che sente i piedi gli unici a sua portata di mano”.

“O di lingua”.

“Ma se lo può scordare. Troppo sudato”.

Quando Pedro tornò, Mirella sentì casualmente l’esigenza di allargare le dita dei piedi. Finse di volersi togliere il reggiseno del costume, ostentando un’indecisione che tenne il portiere con il fiato sospeso, ma poi vi rinunciò. Lo avrebbe fatto volentieri per sé stessa, ma voleva fermarsi lì con quell’uomo sempre più sudato.  

“Farò un bagno disse” e si immerse nell’acqua mentre Pedro versava le ultime dita di vino a Marco. 

“Segno anche questo?”

“Segni. A proposito l’aria condizionata a tratti si spegne”.

“Controllo dei consumi, signore. È l’Europa che ce lo chiede. Tra un’ora potrei accompagnarla in centro, che lascio l’aiutante di Ramon, Morena, che è sua cugina, a dare un’occhiata alla proprietà. Va bene?”.

Marco annuì e dopo un’ora, docciato e vestito per la cena si presentò puntuale al casotto-portineria. Di Pedro, però si erano perse le tracce. Era nella stanza 11 a guardare Mirella vestirsi riflessa nello specchio e quando uscì era troppo tardi. Marco si era infilato già nella taverna di Ramon, da dove mandò un messaggio a Mirella per farsi raggiungere. Con una scrollata di spalle, Pedro pensò che sarebbe stato scortese ricordare ai due italiani del bancomat quando erano seduti a cena: lo avrebbe fatto dopo. 

La verità è che aveva voglia di vino ghiacciato da consumare con calma al banco, facendo quattro chiacchiere con Ramon e Morena, cugina di suo cugino per modo di dire: erano solo cresciuti da amici inseparabili in un piccolo paesino su al nord. 

Nella raccolta:

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Scritto da:

Giungo per caso alla scrittura ed è per raccontare le gesta di alcuni miei amici, Mirella, Marco ed Emilio, con i quali, specifico, non intrattengo rapporti di sesso. Per loro ho scritto un romando "Mirella e i suoi uomini" e un racconto lungo, "Un'affollata luna di miele", pubblicato anche su Erhotica. Per saperne di più su di me e su di noi visitate il nostro sito e scriveteci pure. Sul sito troverete altri interessanti contenuti hot

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