Mirella, Marco e lo specchio / Mirella, Marco e Morena

A svegliarli fu il telefono.

“Buongiorno, è l’agenzia di autonoleggio e vi chiamo per darvi una bella notizia: abbiamo una BMW con pochi chilometri tutta per voi”, disse una voce scampanellante.

Marco ci mise un po’ a connettere i punti. Erano le otto e aveva dormito appena tre ore. Sentì il vino muoversi nel suo stomaco e l’urgenza di far pipì.

Alla fine, riuscì a grugnire: “un ottimo” poco convinto.

“Sarete contenti, vedrete: auto di categoria superiore e senza maggiorazione. È per farci perdonare il disturbo”.

“La portate voi qui?”.

“Ci occupiamo di tutto noi, non si preoccupi: recupero della vecchia e consegna della nuova”. 

“Bene allora sveglio mia moglie e ci prepariamo”.

“Non c’è fretta, signore: l’auto sarà pronta solo dopodomani pomeriggio. L’avvisiamo noi, non si preoccupi. Stia bene”.

“Dopodomani? Ma scherza”.

Si accorse solo dopo qualche secondo che stava parlando a sé stesso. Dall’altra parte avevano chiuso.

Dopo essere passato in bagno, si distese accanto a Mirella che si era riaddormentata già a metà telefonata. Giaceva a pancia sotto, nuda. Ebbe voglia di morderle le natiche marmoree, ma si riaddormentò subito dopo anche lui.

A risvegliarlo fu un altro campanello, ma questa volta era Pedro alla porta.

“Holà, disturbo? Sono le due e volevo sapere se andasse tutto bene. Poi oggi è lunedì, grandi pulizie e cambio lenzuola. Magari do anche un occhio all’aria condizionata”.

Marco, che aveva un velo di sudore sulla fronte nonostante il famoso impianto refrigerante, fece fatica a inquadrare l’uomo immerso nella violenta luce solare. 

“Ehi Pedro, ero quasi in pensiero, sei sparito tutto il giorno ieri”.

“Grandi affari amigo. Qui la gente scopa il giovedì e la domenica soprattutto” disse sbirciando verso l’interno quel tanto che bastò a rubare la fugace immagine del seno e del culo di Mirella che si stava alzando dal letto. 

“Ho saputo della macchina, mi spiace”.

“…”.

“Ho chiamato l’agenzia per un altro affare e ho pensato di chiedere per farvi un favore, ma vi eravate già sentiti”.

“Non sarebbe un affare privato?” 

“È un servizio da portiere, lasciami fare. A proposito, ho portato anche la colazione, anche se dovrei dire pranzo. Non è inclusa nel pernottamento, ma come quella di ieri alla signora vi faccio uno sconto: 7 a persona, anziché 10. Va bene no?”.

Prese un vassoio dal tavolino esterno e lo porse a Marco che non si fece pregare: lo stomaco brontolava e occorreva quanto meno del pane per fermare l’azione corrosiva dell’acido lasciato dal vino. 

“Quando avete finito, potete prendere il motorino di Morena e andare alla spiaggia, ce n’è anche una nudista non lontano se è di vostro gradimento” disse strizzando l’occhio. “Oggi calma piatta, potete anche fare il bagno. E stasera baccalà da Ramon, se vi va”.

Scese il gradino della veranda e si girò indietro, ricordandosi di qualcosa: “al motorino ho fatto io il pieno prima. Sarebbero 15 euro…”.

“Ho solo pezzi da 100, facciamo poi tutto un conto”.

“Sì, certo, dovete mangiare ora… segno anche questo. Non ho neanche resto, mi sa”.

Mangiarono con calma sul patio del bungalow e poi seguirono il consiglio di Pedro di andare al mare. Durante il tragitto, così come a pranzo, stettero per io più in silenzio, immersi in pensieri liquidi e incoerenti, dominati dal fastidio di esser bloccati in quell’angolo di Spagna. Si susseguivano le immagini della sera prima, i fiori, Ramon che aspetta, Morena che ancheggia, la musica del juke-boxe a palla, Rodri, Lena e quella mano piena di sperma quasi secco. Marco attendeva la sua risposta dalla sera prima, ma si prendeva tempo, la temeva e la bramava. Mirella attendeva la domanda e pensava alle tante risposte possibili, nessuna delle quali escludeva la verità.   Andavano verso Ovest, penetrando l’orizzonte terso e azzurrissimo, tanto che si aveva l’impressione di vedere l’Africa dall’altra parte del mare. O forse era solo il Portogallo o un semplice effetto ottico. 

Cercarono la spiaggia nudista e non fecero fatica a trovarla. In Francia e in Catalogna ne avevano frequentate parecchie, alcune anche scambiste, ça va sans dire, ma più per il senso di libertà che dona andare in giro nudi che per l’eccitazione che provocano. Non c’è nulla di meno eccitante che una massa di corpi nudi, spiaggiati come leoni marini. A far la differenza in quei posti è sentirsi tra uguali, tra gente che condivide idee e morale. Ma quando capirono dove erano finiti restarono delusi: era un luogo per famiglie, dove i differenti erano loro. Ciò nonostante, presero il sole e fecero il bagno, scambiandosi baci da innamorati. 

“Mi dici di ieri?”.

“Semplice ho consolato un ragazzo e insegnato a una stronza a vivere”. 

“E cosa ti è piaciuto di più?”.

“La seconda. Anche se lo sconsolato era bello duro e avrebbe meritato più attenzione”.

“Insomma, hai fatto una sega in viaggio di nozze. E non a tuo marito”.

“Ti piace sottolinearlo e rimestarci dentro, vero? Del resto, non sono stata neanche una fidanzata modello. Quanto sei porco, marito mio, fai paura”. 

“Ti prenderei a morsi, stronza”.

Lei gli sfiorò le labbra rapidamente con la lingua, si alzò di scatto e corse verso la riva.

“Devi prima prendermi”, gli urlò tuffandosi.

Entrando nella stanza, trovarono le lenzuola e gli asciugamani cambiati, un bel profumo di fresco e dei fiori in un vaso. Erano rose questa volta e profumavano poco. 

“Stai avendo più fuori qui che al matrimonio”, commentò Marco, che notò che la struttura dello specchio era fissata al muro con una specie di staffa che lo inchiodava nella sua posizione obliqua orientata verso il letto. 

“Ma che roba strana, guarda qui”, disse più rivolto a sé stesso che alla moglie. C’era del mastice ancora fresco e le cerniere della staffa sembravano appena uscite dal ferramenta. “Ma che lavoro. Perché?”.

Poi ebbe un’intuizione. Uscì dalla stanza e si infilò nella 11 sperando che fosse aperta. Lo era. C’era uno specchio uguale orientato allo stesso modo verso il letto, ma senza gancio al muro. Andò verso la parete confinante con la sua stanza, si tolse le scarpe e salì sul letto tastando il muro con le dita. Cercò a lungo, finché non trovò quel che cercava: un foro posto ad altezza della testa di un uomo di statura media. Si abbassò il necessario e guardò. Vide Mirella riflessa nello specchio, sedersi nuda sulla sponda ad asciugarsi i capelli e la sua schiena come muoversi al rallentatore. Del letto in maniera diretta, si vedeva solo la parte dei piedi.

“E che ti frega, Marco?”.

Fu la reazione di Mirella quando le raccontò tutto. “Anche noi possiamo fare lo stesso ora che lo sappiamo e a gratis. Solo che il nostro spettacolo da ora lo oscuriamo, se e quando vogliamo. Basta mettere un asciugamano sullo specchio”. 

Il marito la guardò muto, ma interrogativo.

“Marco quante volte lo abbiamo fatto in pubblico?”.

“Ma questa è violazione della privacy”.

“È solo roba da guardoni. La differenza tra te e Pedro è che la tua modella da spiare l’hai sposata, lui va a prestito. Ora che lo sappiamo lo useremo a nostro vantaggio. E poi non voglio far casini”.

“Mirella, ti va se riprendiamo la macchina e andiamo in città a cenare?”. 

“Voglio il baccalà”.

“Lo avranno anche in centro”.

“Voglio questo qui”. 

Usò un tono allo stesso tempo dolce e definitivo, reso ancora più morbido dal suo sorriso pieno e brillante anche nella penombra della stanza. 

“Pensiamo piuttosto a cercare un aereo in attesa della macchina. I giorni stanno finendo e non possiamo più allungare la vacanza, Marco”. 

Mirella, Marco e Morena

La serata si preannunciava non diversa da quelle precedenti, ma tra l’inizio e la fine della notte accaddero molte cose notevoli che la resero la migliore da quando erano arrivati e una pietra miliare della loro storia. E non solo per il baccalà cucinato in tre modi diversi e per il vino più dolce e delicato di quello delle cene precedenti, ma per quell’atmosfera via via sempre più intima e un po’ trasognata che si andò creando. Erano ormai parte della clientela abituale e da questa, molto meno numerosa che nelle sere precedenti, trattati come gente del posto. Pedro era tornato a bere e spesso si sedeva con loro per due chiacchiere. Morena dimostrò di avere anche una lingua e parecchio veloce: dal semplice sculettamento quando passava, aveva iniziato a scambiare battute spiritose con i due sposi. Rodri, ovviamente, non si fece vedere e Ramon iniziò a giocare a carte scoperte, incurante di Marco. 

  L’oste suonò la chitarra un paio di volte e dedicò a Mirella un canto jondo, cantato come fosse un lamento di guerra, e una più contemporanea hit di Alejandro Sainz, quasi sussurrata. Che fosse lei la regina della festa non c’erano dubbi e che Ramon volesse essere il re anche meno. Tanto, che quando l’oste ritenne che Pedro si stesse facendo molesto con le sue continue domande e i suoi complimenti a Mirella, nei quali sottolineava un lei deferente contro il tu dato a Marco, gli disse un paio di parole all’orecchio che zittirono il cugino per il resto della serata. Mirella incassava le attenzioni con sufficienza e distrazione ed evitava sempre di guardare Ramon negli occhi, anche quando le versava, sempre più spesso, da bere. Rideva, si aggiustava i capelli dietro l’orecchio e si mordeva le labbra. Si lasciava andare, ma senza perdere il controllo.

Solo a Sonia, che se ne era stata sola e in disparte tutta la sera, sembrava importare il comportamento dell’oste che seguiva continuamente con gli occhi. Marco, invece, lasciava che le cose accadessero. Osservava in silenzio e si godeva l’idea di essere lui il prescelto di quella donna che teneva sempre tutti gli occhi incollati su di lei, ma aveva sposato lui. Solo gli estranei poterono pensare che ballare con Morena, che si faceva sempre più maliziosa, fosse una ripicca. Mirella sapeva bene che non avrebbe mai passato il segno se lei non avesse voluto. Che ballasse pure e si godesse l’ammirazione della barista, se la meritava. Ramon era figo, ma Marco, il suo Marco, lo era di più. 

Fu durante uno di quei balli sempre più lenti e frequenti tra Marco e Morena, che Ramon si sedette vicino Mirella e, dopo un cin cin senza motivo, sparò i suoi versi da poeta d’osteria: “Sei straziante, perché sei stronza, il che ti rende ancora più bella e desiderabile. Ti piace far male”.

“Concetto complicato, ma afferro il senso. Anche questa è gratis?” gli chiese Mirella, senza girarsi a guardarlo.

“Questa no. Questa è perché ti voglio”.

“Sono una donna sposata. Non ti vergogni?”.

“A Rodri non è sembrato che tu lo sia. Ti ho vista”.

“Lo spionaggio è la specialità di famiglia, a quanto pare”. 

“Più fai la stronza, più non ti mollo. Voglio la rosa e mi prendo anche le spine, a una a una”.

“Ste poesie le dici anche alla cuginetta?”.

“Non ce n’è bisogno. Anche se in genere è una tipa silenziosa, quando voglio la faccio urlare. Come tutte”.

“Il poeta castigatore. Magari questa sera, però, non la sentirai” gli disse, dandogli un pizzicotto sulla gamba.

L’uomo ammutolì, ma si vedeva che avrebbe voluto gemere per quelle unghie affondate nella coscia nuda, che lo stavano lacerando. E non è detto fosse solo per il dolore che avrebbe mugolato: quel gesto inaspettato, di cui non capiva il motivo, lo aveva eccitato. Il bocciolo restava irraggiungibile, ma intanto aveva provato le spine direttamente nella sua carne. 

 Mirella lo piantò in asso e si diresse al centro del bar, dove iniziò a danzare di fronte a Morena.

“Ti va di andare a fumare tra donne?”.

“Ramon ha esagerato?”.

“Non si tratta di lui, ma di me e te”. Lo disse sorridendo, accogliente, dolce. Ed era sincera.

Quando furono fuori Mirella le sorrise ancora.

“A che ora chiudete?”.

“Se va bene all’una questa notte, mezz’ora al massimo ancora, se non ci sono rotture”.

“Ti piace Marco?”.

“Ah, è per questo”.

“Non è quello che pensi”.

“Molto, molto carino e anche molto educato, forse troppo. Mi ricorda il mio fidanzato all’alberghiero”.

“Ci sapeva fare?”.

“Posso stare solo con chi ci sa fare. Se no mi addormento”.

“E io secondo te ci so fare?”.

Morena spense la sigaretta fumata a metà con il tacco degli stivali e sbuffò il fumo verso l’alto con gli occhi che le ridevano, ma non disse nulla.

“Tra poco io e Marco andiamo e ci portiamo una bottiglia di brandy con noi. All’una e dieci, vienici a trovare, per un bicchiere tranquillo. Stanza…”

“… 12, lo so. Il brandy lo porto io”.

Una volta in camera – Marco vi era stato letteralmente trascinato dalla moglie, dopo un’ultima bicchierata collettiva -, Mirella si appoggiò con la schiena alla porta e guardò intensamente il suo compagno. 

“Stronzo” gli disse e volò uno schiaffo, ben assestato ma non violento.

Lui tacque. Sapeva il perché.

“In ogni caso tra dieci minuti sarà qui. Ma farai solo quello che ti dico io. Così saremo pari, almeno per questo viaggio di nozze”.

E Marco fece esattamente ciò che la moglie gli disse di fare. Appoggiò un telo sullo specchio, versò da bere alle donne, le osservò ridere, parlare come fossero vecchie amiche, guardarsi negli occhi e poi baciarsi. E restò seduto in poltrona quando le donne salirono sul letto e iniziarono ad esplorarsi sempre più a fondo, sempre più lentamente, ansimando sempre più intensamente. Osservava immobile, con il pene duro, fuori dalle mutande, ma non osava toccarlo: temeva di esplodere in poco e di perdersi il meglio. 

Morena, con le ginocchia puntate sul materasso, teneva la testa tra le gambe di Mirella e allo stesso tempo le tormentava i capezzoli a piccoli tocchi delle unghie e dei polpastrelli. Si muoveva lenta come se avesse tutto il tempo del mondo e lasciava che le scosse di piacere risalissero a onde il corpo dell’italiana, che si contorceva con gemiti crescenti.  

Marco aveva il fondoschiena di Morena in primo piano e voleva tuffarsi nella mischia, ma si alzò solo all’ordine della moglie.  

“Leccala tu, deve essere dolcissima”.

Mirella ci aveva visto giusto: gli umori della barista erano densi, lucidi, mielosi nell’aspetto come nel sapore. Tanto la spagnola era calma con Mirella, tanto lui impetuoso con lei che le affondava il sedere sulla faccia come se avesse voluto farlo entrare dalla testa. 

Seguirono minuti di piacere sommesso, che fu ancora Mirella a interrompere.

“Scooooopamiiii”, quasi urlò. 

Marco non se lo fece ripetere e penetrò la moglie da sopra, mentre Morena si occupava ora del suo scroto ora dei seni di Mirella, mentre si dava piacere da sola. 

L’orgasmo della giovane sposa arrivò presto e dovette sentirsi fino in Portogallo: fu un urlo, che Morena le strozzò in gola premendole delicatamente la mano sulla bocca e poi baciandola. 

Marco si arrestò quasi subito e baciò la moglie ovunque potesse, sfinito più dall’aver trattenuto il suo coito, che per la fatica. 

“Permetti, companera? La figa è bella, ma il cazzo è meglio”.

Mirella, languida e ancora scossa dall’orgasmo, accennò solo un sorriso, ma tanto bastò a Morena per spingere Marco a stendersi supino sul materasso e a cavalcarlo con una mossa rapida e decisa.

“Bada solo a non venire Marco. Falla godere, ma non venire”.

Come ci riuscì? Non se lo spiegò neanche lui, ma fatto sta che, forse complice l’alcol, riuscì a trattenersi ancora. Del resto, anche Morena venne presto come Mirella.

Si stesero tutti e tre vicini a riprendere fiato, Marco ancora in erezione. 

“Vuoi venire?” gli chiese Mirella.

“Domani. Sono sfatto e ho goduto tanto anche così”.

Morena si alzò e iniziò a rivestirsi, dopo aver baciato entrambi sulle labbra. 

“Resta a dormire”, propose Mirella. 

“Resterei a fare anche altro, ma ho due sdentati a casa che la mattina mangiano il pan y tomate solo se glielo preparo io. Quello vecchio poi si alza alle sei, puntuale come il treno svizzero sul quale ha pulito le latrine una vita intera e fa svegliare anche quello giovane che a due anni sembra già avere i pensieri nella testa”.

Raccolse la borsa e aprì la porta, ma prima di uscire si girò all’indietro.

“Prima mi hai chiesto se ci sai fare. Ci sai fare, ma già lo sapevo, per questo sono venuta. Dormite bene”.

“Concordo con te companera: il cazzo è meglio della figa, ma con te un pensierino lo farei” replicò Mirella.

Fu solo nel richiudere la porta, una volta fuori, che Morena se ne accorse: “Ah, anche voi avete scoperto il trucco dello specchio”, disse indicando la suppellettile ricoperta dall’asciugamano. “Che si è perso Pedro stanotte, il porco, che si è perso. Ma il problema, domani, sarà Ramon” e richiuse piano, spegnendo la sua risata nel cuore della notte. 

Nella raccolta:

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Scritto da:

Giungo per caso alla scrittura ed è per raccontare le gesta di alcuni miei amici, Mirella, Marco ed Emilio, con i quali, specifico, non intrattengo rapporti di sesso. Per loro ho scritto un romando "Mirella e i suoi uomini" e un racconto lungo, "Un'affollata luna di miele", pubblicato anche su Erhotica. Per saperne di più su di me e su di noi visitate il nostro sito e scriveteci pure. Sul sito troverete altri interessanti contenuti hot

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