“Non ti farò partecipare alla finale, troia!”

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L’insegnante di matematica e informatica non pronunciò una singola parola riguardo a quanto era accaduto il pomeriggio precedente o al fatto che Linda era diventata una delle ragazze più popolari della scuola. Di certo non ne sapeva nulla della gara, così come ne erano all’oscuro chiunque avesse più di ventun anni, ovvero l’età di Adriano, il giudice che aveva conosciuto Tania in termini biblici. Oltre a Tommaso, ovviamente. Probabilmente sarebbe sorto un caos totale se fosse trapelata la cosa, e una riunione con i genitori sarebbe stata organizzata in un baleno. Probabilmente i giornali locali ne avrebbero parlato, e così i siti di notizie, descrivendo tutto ciò come la prova della decadenza dei costumi dei giovani d’oggi, pensò Linda.

      In ogni caso, meno persone fossero state a conoscenza della gara, meglio sarebbe stato. Era una delle regole della gara: si potevano usare solo bocca e mani, non si potevano mostrare seno e sedere più del dovuto al proprio giudice, non si doveva parlare con nessuno della gara. Le prime due avrebbero portato alla squalifica, la terza al declassamento al livello di paria a scuola e all’esterno. Qualcosa che nemmeno Linda, fino alla settimana precedente, aveva mai sperimentato sulla propria pelle nonostante fosse stata collocata in uno degli ultimi gradini della scala sociale.

      Quale motivazione spingesse le altre ragazze a voler partecipare e vincere continuavano ad essere un mistero per Linda. Lei lo faceva inizialmente per non perdere la faccia e, una volta imparata la tecnica grazie alle lezioni di Tania, a guadagnarsi il rispetto, e magari un po’ di gradita devozione, dei suoi compagni di scuola, ma Marianna? O Francesca? Quali erano le loro motivazioni?

      La ragazza lanciò un’occhiata veloce alla sua vicina di banco. Appariva impegnata nella stesura di appunti di matematica, scrivendo quanto stava dicendo la professoressa con la sua scrittura piccola e inclinata a sinistra, il quaderno vistosamente ruotato rispetto al banco. Linda si domandò quali emozioni e idee affiorassero nella sua mente quando pensava di mettersi in bocca il pene di un ragazzo, che magari nemmeno conosceva bene, come nel caso di quanto accadeva durante la gara, e che non avrebbe ricambiato il piacere che le dava.

      Sollevò le spalle. Non c’erano in palio dei soldi, quindi non ci sarebbe stato nessun fratellino gravemente malato e che solo una costosa operazione chirurgica avrebbe potuto salvare come in certi film sullo sport. In effetti, non c’era nessuna coppa, nemmeno una medaglia a testimoniare in futuro la propria bravura nel praticare il sesso orale. Aveva ragione Tommaso, comprese Linda: non era altro che un gruppo di ragazzi arrapati che si facevano spompinare da delle ragazze sciocche…

      La campanella suonò l’intervallo, seguita da grida di sollievo. Linda si alzò in piedi, stirandosi stanca: due ore di matematica erano pensanti anche per lei, ma se voleva entrare nel mondo della scienza era dovuta scendere a compromessi con le lezioni che le sarebbe toccato frequentare. Ce ne sarebbe stata una anche dopo la pausa, e sarebbe stato meglio fare un salto in bagno.

      Nei corridoi c’erano pochi ragazzi, in quanto quasi tutti si erano riversati nel piazzale e nei parcheggi, approfittando delle belle giornate di primavera per prendere una boccata d’aria e, magari, anche un panino al camioncino che ogni giorno, alla stessa ora, si presentava davanti all’edificio scolastico. Nonostante ciò, molti dei presenti si voltarono al passaggio di Linda, sorridendole e, un paio, offrendole un caffè o un the al distributore automatico nell’ingresso. Lei rispose ai sorrisi, ma rifiutò con educazione alle offerte, rispondendo che ci sarebbero sicuramente state occasioni future.

      Entrò nel bagno del piano, trovando un paio di ragazze che si stavano lavando le mani chiacchierando. Quando sentirono il suono della porta che si apriva, mossero la testa per vedere chi stesse entrando. Linda riconobbe entrambe, ma la sua attenzione venne calamitata da una in particolare: la mora che la fissò a sua volta, palesemente con poco piacere.

      Linda salutò, appena in soggezione. Sandra la conosceva appena, era una ragazza di quindici anni che le sembrava studiasse letteratura, mentre l’altra era una sua contendente alla vittoria della gara: Vincenza.

      «Buongiorno, Linda» disse la ragazza, senza mettere troppo impegno nel nascondere nella sua voce che cosa stesse provando realmente. Si staccò dal lavandino, avvicinandosi a Linda, sotto lo sguardo sgomento di Sandra, che sembrava aspettarsi una scena di violenza da un istante all’altro.

      Invece, dopo qualche passo che risuonò tra le pareti coperte da piccole piastrelle, la ragazza si fermò davanti a Linda, tenendole gli occhi piantati nei suoi. Erano alte uguale, centimetro più, centimetro meno, ma Vincenza aveva i capelli setosi di un castano scuro, e gli occhi marroni. Le spalle erano più larghe e, dalle foto che pubblicava su Instagram, poteva vantare una muscolatura tonica che sembrava mettere in risalto il seno, una seconda abbondante. Solitamente era una ragazza sorridente, circondata da maschi innamorati di lei, ma in quel momento anche lei dimostrava che la gara stava tirando fuori il peggio delle partecipanti.

      «Ho avuto modo di visionare il video di ieri e della tua esibizione» disse lentamente, stringendo gli occhi. «Ammetto che è stato soddisfacente vedere Michele cadere a terra dopo che gli hai suonato il flauto, ma non crederai davvero che basti quel trucchetto del baraccone per battermi? Può aver fatto divertire il pubblico, quel babbuino ti sarà grato per tutta la vita per avergli dato un po’ di piacere, ma la bravura è tutta un’altra questione, e la puoi trovare solo qui» e si indicò con un dito la propria bocca. «Ti proporrei quasi di venire oggi pomeriggio a scoprire cosa si intende quando si parla di arte della fellatio, ma potresti deprimerti nel vedere una vera maestra all’opera».

      Linda aveva fatto inconsciamente un passo all’indietro quando Vincenza le si era parata contro. Al pari di Sandra, si era aspettata di trovarsi addosso le mani della ragazza, ma quando aveva cominciato a parlare aveva compreso che l’attacco sarebbe stato di natura esclusivamente verbale e si era rilassata. Ormai era evidente che tutte le sue avversarie ancora in gara avrebbero cercato di far vacillare le sue sicurezze sulle capacità in quel campo particolare. L’idea la fece sorridere. Avrebbe potuto ricambiare il favore, e presentarsi anche lei nel pomeriggio e vedere con i suoi occhi lo stile della mora e se fosse stata lei quella da temere o le altre due partecipanti, Anna e Diana.

      O forse no: essendo solo tre le ragazze in gara quel pomeriggio, Michele sarebbe rimasto senza una partner e non voleva rischiare che lui cercasse di convincerla di fare un bis. Non si sarebbe più infilata il suo cazzo in bocca o in figa per nessun motivo al mondo, a parte in occasione della finale, sebbene la speranza di trovarsi un altro giudice, in quel caso, non le sarebbe dispiaciuto affatto. In effetti, se all’inizio Michele probabilmente era stato assegnato a lei per qualche sgarro che aveva fatto agli altri tre del gruppo, o scelto a caso attraverso qualche sistema poco scientifico tipo lancio della monetina o sasso-carta-forbice, provocando sicuramente le sue lamentele, per la finale amava immaginare che si sarebbero scannati tra di loro per avere la possibilità di provare le sue capacità nell’arte del succhiare.

      «Togliti dal viso quel sorriso idiota» le consigliò Vincenza un attimo prima di voltarsi ed uscire, lasciandole senza salutare.

      Linda la seguì con lo sguardo, voltando la testa. La guardò chiudere la porta del bagno delle ragazze con un colpo. Sollevò le spalle: dopotutto, sembravano essere di più quelli che l’ammiravano rispetto a quelli che la riconoscevano come un nemico nella ricerca di gloria. Forse sarebbe stato utile preparare una nuova strategia per la finale, visto che chiunque sembravano aver visto il video, e tirare fuori dal cappello qualche altro trucchetto insegnatele da Tania, più che altro per andare sul sicuro. Da quanto aveva capito, dato che il video non l’aveva visto, lei era inquadrata tutto il tempo di schiena, quindi nessuno avrebbe potuto studiare la sua tecnica e i suoi movimenti.

      E a proposito di movimenti, sentì l’altra ragazza muoversi verso di lei. Quando si voltò per affrontare anche lei, Linda trovò Sandra con lo sguardo basso, a un metro da lei. Aveva una mano nell’altra, e sembrava stesse impastando qualcosa, o preparando una palla con del materiale simile alla plastilina.

      «Io… ehm…» borbottò la ragazza, con un filo di voce, «so che non ci siamo mai frequentate, ma vorrei chiederti il favore di insegnarmi qualche… qualche tuo trucco… Vorrei fare felice il mio fidanzato. Per piacere…»

      Linda non poté di trattenere un sorriso davanti a quella dimostrazione di amore verso il proprio ragazzo e di innocenza. E il sorriso si allargò nel constatare che due settimane prima lei stessa non sapeva come mettersi in bocca un cazzo e che, probabilmente, lei era stata nella stessa posizione di Sandra, con Tania al suo posto.

      Abbracciò la ragazza, che sentì rigida tra le sue braccia, sorpresa. «Il tuo ragazzo se lo meriterebbe?»> le sussurrò in un orecchio. Se c’era una cosa che doveva ammettere la bionda era che anche Tommaso le aveva insegnato qualcosa, e non si trattava solo di come praticare un cunnilingus su un’altra donna per farla impazzire come avrebbe fatto con un uomo per mezzo di un pompino, quanto piuttosto che lei aveva il diritto di avere con sé un uomo che sapesse rispettarla fuori dal letto, che la facesse sentire felice e amata.

      Sandra non rispose, confusa.

      Linda si sciolse dall’abbraccio. «Un giorno ne parleremo, ma dopo che avremo finito l’anno scolastico» le promise. E soprattutto dopo che fosse terminata la gara: non voleva che Sandra si rivelasse essere una spia, magari proprio di Vincenza. Sarebbero state in grado di mandare un’altra ragazza per rubare i suoi segreti?

      Si salutarono e la ragazzina uscì dai bagni dopo che si furono scambiati i numeri di telefono con la promessa che avrebbero preso un pomeriggio per parlare. Con un sospiro di sollievo, Linda finalmente poté recarsi in uno dei gabinetti.

      Scelse il più vicino, s’infilò dentro e si tolse il cellulare dalla tasca dei jeans e lo appoggiò sul portarotolo di carta igienica affisso al muro a destra del gabinetto. Controllò velocemente che non ci fossero messaggi di Tommaso. Niente. Probabilmente stava facendo ancora sesso con Tania, o dormiva in vista del pomeriggio al lavoro, pensò sconsolata. Beh, in effetti nemmeno lei aveva più scritto a lui o alla sua maestra dopo la gara del giorno prima, troppo eccitata e indaffarata a rispondere ai messaggi di chi si era scoperto improvvisamente suo fan su WhatsApp.

      Lasciò un attimo il telefonino sul portarotolo, si abbassò i pantaloni, le mutandine e si sedette sul gabinetto. Mentre dallo stesso si alzava il rumore di uno schizzo di liquido che impattava contro la ceramica biancastra, la ragazza riprese il telefonino, lo sbloccò e scrisse un messaggio a Tommaso, dicendogli che le mancava tantissimo. Si lasciò sfuggire un sospiro mentre premeva il tasto di invio: diavolo, quanto gli mancava… i suoi baci, le sue carezze, fare l’amore con lui. Trattenne a stento le lacrime all’idea che non lo avrebbe visto fino a sabato insieme a Tania.

      E avrebbe fatto meglio a mandare un messaggio anche a Tania, o si sarebbe insospettita se ne avesse mandato solo uno al ragazzo, pensò. Mentre digitava velocemente, sentì che la porta esterna si apriva e si chiudeva un paio di volte, qualcuno andò nel gabinetto accanto e un altro flusso di urina si riversò nella tazza, mentre qualcun altro si lavava le mani.

      Linda spense lo schermo del telefono, strappò un pezzo di carta igienica che si passò sulla passera per asciugarsi, tirò l’acqua dopo averlo gettato nel water, si sistemò i vestiti e, rimessasi il telefono in tasca, uscì dal gabinetto.

      C’era una ragazza a lavarsi le mani, Roberta, che si girò verso Linda, lanciandole un saluto silenzioso con un cenno del capo, poi sussultò. Linda non capì cosa le fosse successo, ma la domanda svanì dalla sua mente quando si sentì afferrare alla maglia e il muro piastrellato tra due porte dei gabinetti piombarle sulla schiena e la nuca.

      Linda strillò spaventata, mentre Roberta si affrettava a fuggire dal bagno, lasciando il rubinetto aperto e l’acqua che continuava a cadere nel lavandino. La porta si chiuse con un tonfo.

      Quando la bionda aprì le palpebre, confusa nel velo di lacrime che la botta le aveva fatto bagnare gli occhi, scorse l’ultima persona che avrebbe voluto trovarsi davanti. In fondo, pensò ironica una parte della sua mente, era l’ultima seria contendente della gara di pompini che non l’avesse ancora minacciata o svilita…

      Ma Francesca, a giudicare dall’espressione del volto, era ipotizzabile non volesse limitarsi alle parole. Era alta almeno dieci centimetri più di Linda, e nonostante fosse magra e le sue uniche attività in palestra fossero solo fitness o cardio, sembrava pronta a riempirla di botte, la mancanza di muscoli sopperita dalla rabbia che distorceva i suoi lineamenti.

      «Lurida troia, non avvicinarti a Daniele!» sibilò tra i denti, il viso talmente vicino a quello di Linda che quest’ultima sentiva il fiato della mora insinuarsi nelle sue narici e scendere nei suoi polmoni, le labbra che sembravano volessero baciarla da un momento all’altro.

      «Cosa…» provò a chiedere la biondina, ma si sentì di nuovo spingere con violenza contro il muro.

      «Non ti farò partecipare alla finale, troia!» le giurò Francesca. La lasciò con una mano, che si sollevò in alto, pronta a calare sulla sua vittima, ma proprio in quel momento la porta cigolò sui cardini.

      La mora lasciò Linda, facendo un passo indietro e puntando lo sguardo sull’uscio. Linda, sconvolta, fece lo stesso, pregando si palesasse un insegnate.

      Una volta tanto fu fortunata: una professoressa di inglese apparve alla porta, fissando le due, corrucciata, gli occhi autoritari che chiedevano cosa stessero facendo. Dietro una spalla faceva capolino il viso di Roberta, sconvolta e spaventata.

      Cadde un profondo silenzio nel bagno, reso ancora più fragoroso dall’acqua che scivolava nello scarico e dal suono dei serbatoi dei gabinetti che stavano finendo di colmarsi. Venne infranto dopo qualche secondo dall’insegnante con il suo parlare simile ad un fastidioso pigolio: «La vostra compagna Roberta mi ha avvisato che qui era in corso un atto di bullismo».

      Francesca rispose con una voce priva di inflessione, ma che sembrava ugualmente feroce quanto il ruggito di un predatore. «La nostra compagna Roberta farebbe meglio a comprarsi un paio di occhiali». Era voltata verso la professoressa ma, da come sbiancò la ragazza alle sue spalle, era evidente che quelle parole non erano rivolte all’adulta. Poi si rivolse alla biondina: «Vero, Linda».

      Linda si accorse che non le aveva posto una domanda quanto piuttosto le aveva, poco velatamente, suggerito cosa rispondere all’insegnante. Lei spostò lentamente lo sguardo dalla professoressa alla mora che le aveva appena messo le mani addosso. La fissò per un istante, un lungo istante. Le sarebbero bastate un paio di parole per rovinarle la vita, o per lo meno l’anno scolastico ma, per qualche motivo, non volle che la sua vendetta fosse così semplice, una cazzo di sveltina punitiva. No, sarebbe stato qualcosa di molto peggio che un richiamo o una sospensione. Batterla in finale sarebbe stato un buon inizio, ma non si sarebbe limitata a quello… Voleva godersi la sua vendetta come un lungo cunnilingus che portava ad un devastante orgasmo.

      Senza distogliere lo sguardo dalla mora, Linda confermò quanto detto da Francesca. «No, professoressa: nessun problema» rassicurò. Non poteva certo vantare capacità di modulazione della voce paragonabile a quelle delle streghe Bene Gesserit, o anche solo della bulletta che aveva accanto, ma fu sicura che anche le sue parole grondassero di significati non espressi ma facilmente immaginabili.

      L’insegnante non sembrò particolarmente convinta ma, per qualche motivo, volle accettare le asserzioni delle due studentesse. Il suo sguardo passò da una all’altra per qualche secondo, poi dichiarò, con il tono di voce del migliore poliziotto da film americano: «L’intervallo sta per terminare. Tornate alle vostre classi».

      Quando la porta si richiuse, Francesca si girò verso Linda. Le braccia lungo il corpo vibravano tanto i pugni erano serrati. La voce con cui parlò sembrò affilata come la lama di un assassino. «Sei spacciata, Linda. Non vincerai la finale». Il labbro superiore alzato a mostrare i denti bianchi diede una maggiore intensità a quelle parole, nonostante non ne avessero bisogno.

      Linda non rispose. Si limitò a guardare la mora senza nascondere il proprio odio mentre si avviava verso l’uscita e abbandonava il bagno.

      «Puttana» sibilò sottovoce una volta rimasta sola. «Bastarda puttana!»

      Un trillo dalla sua tasca fece cambiare l’espressione del suo volto come il giorno rispetto alla notte. Il suo sorriso scacciò l’energia negativa che aveva impregnato quel locale quando riconobbe la suoneria dei messaggi che aveva impostato per una persona in particolare: prese il cellulare dai calzoni, lo sbloccò velocemente e lesse il messaggio.

      L’attimo dopo si portava la mano libera alla bocca, tremando, le lacrime che scivolavano sul suo viso.

      «No, Tommaso…» singhiozzò. Improvvisamente, avrebbe voluto morire.

Continua…

Nella raccolta:

Una storia di amore, rivalsa e pompini.

Scritto da:

Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova

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