Sottomessa da uno sconosciuto – pt.02

Mi guardai attorno, avevamo gente ovunque. Ma ognuno aveva ben altro a cui pensare, e restava concentrato solo su chi aveva di fronte o accanto a sé. O per lo meno ci faceva caso soltanto se era sotto i riflettori in prossimità. Io e il fotografo misterioso invece eravamo in piena penombra, per cui mi fu chiaro che qualsiasi cosa avessimo fatto, nessuno ci avrebbe notato. Nemmeno Luca poteva farci caso, essendo in quel momento concentrato a tenere in piedi una Anastasia ormai ubriaca di brindisi e bevute a tutto bicchiere.
Non ci pensai ancora e assecondai il suo invito, così in meno di 30 secondi ci ritrovammo fuori dalla porta di quell’appartamento festoso. I rumori si affievolirono di colpo. C’era così tanto baccano prima, che io e quel tale fino ad allora dovevamo conversare ad un centimetro dalle nostre orecchie per capirci. Cosa non più necessaria da lì in poi. Ma per via di quel baccano, qualcosa di noi aveva già assunto un livello distintamente alto di intimità. Avevamo già familiarizzato con il nostro respiro soffiatoci addosso, e conoscevo bene il suo ritmo ma anche il suo odore. Ricordo che aveva un leggero e gradevole alito di mojito espiratomi sul muso ad intervalli regolari. Anche il suo corpo in realtà emanava un mix piacevole di odori, tra cui avevo già imparato a riconoscerne uno, più peculiare e contestualizzato, derivante cioè da una sua sempre più ascendente eccitazione.


Si fermò a fissarmi, sotto quella nuova luce bianca nel corridoio, soffermandosi con gli occhi un po’ di qua un po’ di là su tutto il mio corpo. Quel silenzio, sopraggiunto all’improvviso, avrebbe potuto generare un senso di disagio, al solo ricordo di quelle porcate di argomenti che ci eravamo detti fino a un minuto prima, visto che dall’altra parte della porta c’era qualcuno che doveva essere il mio ragazzo. Ma invece del disagio, sopraggiunse quasi istantaneamente una nuova atmosfera, pregna di quella tensione sessuale che si stava generando dall’interazione dei nostri sguardi. Questo anche perché rispondevo alle sue occhiate restando fissa davanti a lui, senza mai distogliere l’attenzione dai suoi occhi.
Mi indicò i gradini da scendere, invitandomi quindi a precederlo nel tragitto. Ed in silenzio mi avviai, concedendogli quindi tutto lo spazio e il tempo della scalinata per continuare a squadrarmi la schiena, i fianchi, e anche quella mia accentuatissima sculettata, aggravata sia dai gradini da scendere che anche da una mia precisa volontà.
S- Tu sei perfetta… – mormorò a metà strada, portandomi d’istinto a voltarmi verso di lui. Scuoteva la testa e fissava i miei glutei in moto. In passato avevo già avuto a che fare con uomini dotati di un’eccitazione fulminea, dirompente, perversa. Ma il fatto che non mi fosse ancora saltato addosso, mi faceva pensare due cose: aveva un self-control elevato, oppure aveva progetti più grandi per me.

Entrammo in casa. Dopo aver chiuso la porta, notai che adesso ci trovavamo in un ambiente molto più buio di prima. L’appartamento era stato lasciato illuminato, seppur deserto. Ma le luci erano distribuite in modo da illuminare al minimo l’ambiente.
G- Risparmi la bolletta?
S- Sono un fotografo, ci fai l’abitudine. Prego, sentiti libera di perlustrare la casa.

Era piena di mobili etnici e colorati, numerosi specchi e tappezzeria su tutte le pareti, tappeti, tende e vasi di ceramica. Un leggero profumo di mirtillo inebriava l’ingresso in casa. Lui si era diretto nel frattempo in quella che sembrava essere la sua camera, così per istinto lo seguii. Dalla sua stanza un fascio più luminoso mi fece strada, così arrivai al suo ingresso. L’unica fonte luminosa era uno schermo sparato a muro da un video proiettore, con una scena di sesso di un video porno mandato in onda a volume bassissimo. Delle tende scurissime coprivano una finestra già sigillata. Un intenso odore di sesso arrivava dall’interno della stanza, annullando quel mirtillo inspirato all’ingresso. Avevo riconosciuto per associazione che era lo stesso odore della sua eccitazione di poco fa, alla festa. Ma dalla maggiore profondità di quell’odore dedussi che si trattava del luogo in cui era solito masturbarsi, o scopare, e che non c’era un gran ricambio d’aria. Su una scrivania erano adagiati una catasta infinita di dvd, che attirarono la mia curiosità, pur intuendo già che si trattava esclusivamente di materiale pornografico. Trattenni un’inevitabile eccitazione, e lo affrontai:
G- Mi hai portata qui per mostrarmi quali sono i tuoi gusti in materia? Guarda qua… – e presi una custodia a caso tra le centinaia lì presenti. In copertina una donna imbavagliata e inginocchiata portava come dicitura la parola “slave” (trad: schiava) trascritta a mano da qualcun altro con un pennarello sulla sua fronte. Fissai allora l’uomo davanti a me, mentre maneggiavo e agitavo ancora quella custodia, tra un fare predicatorio e provocatorio allo stesso tempo. Lo sventolare quella custodia mi portò ulteriori folate di quell’aroma di sperma che inebriava l’ambiente, prendendomi alla sprovvista.
S- L’ho rivisto ancora, proprio ieri sera… Sì, effettivamente su quel video perdo sempre il controllo – Mi disse, quasi a voler giustificare una smorfia sfuggitami mentre facevo quelle inalazioni. Così in controluce riuscii a scorgere sulla custodia che c’erano diversi schizzi di liquido ormai asciugatovi, risalente ad una sua eiaculazione passata.
G- E pensi che mi piaccia, tutto questo?
S- Non saprei… Di solito chi entra qui resta sempre positivamente colpita. E poi tu sei ancora qui, quindi secondo me sì.


Provò a distrarmi indicando una parete, piena di poster incorniciati. Quelli erano i famigerati collage di cui mi parlava durante il party. Li guardai con molta attenzione. Erano fatti di spezzoni di fotografie che ritraevano tette, culi, gambe e visi di donne.
S- Questa donna – mi indicò un seno – mi fa venire più di tutte. Dovresti vedermi, schizzo davvero tantissimo se ho davanti a me delle bocce così – e nel mentre, simulava con una mano l’atto di una masturbazione al suo termine, mentre socchiudeva leggermente gli occhi preparandosi ad un orgasmo immaginario. Continuavo a non capire la sua personalità come lo lasciasse così freddo e calmo, nonostante quel bizzarro luogo pregno di odori, pornografia in atto, e me davanti a lui che, dopo una serata a subire allusioni, ancora non dimostravo alcun segnale di disgusto o disapprovazione. Notai uno spazio vuoto sul muro:
G- Manca qualcosa lì?
S- Sì. Ho appena regalato un collage ad una persona, assieme a dei video amatoriali. Entrambi gli articoli la riguardavano di persona in realtà…. Senti, ti piacciono i giochi di ruolo nella coppia? Hai mai praticato il BDSM?

Lo guardai come sempre, per circa 4-5 secondi restando in silenzio, dopodiché risposi:
G- Sì, è capitato – procurandogli un’espressione intensa in volto – …ad essere sincera, a volte mi piace dominare, a volte essere dominata.
S- Molto bene. Io sono un dominatore. – E restò per un po’ a riperlustrarmi il corpo, avvolto dalla penombra e dal fascio di luce di quel porno in proiezione. Dopodiché riprese, con un tono più serio – A questo punto sto per farti una richiesta. Se accetti dovrai fare quel che ti dico.
G- Di cosa si tratta?
S- Dovresti continuare a perlustrare la mia casa, lasciandoti andare alla tua curiosità. Se c’è qualcosa che ti può interessare, puoi anche prenderla con te. Non voglio dirti troppo però… Ad ogni modo, quel che sceglierai sarà un atto irreversibile. Potrai scegliere anche di andar via, se vuoi, e non farò nulla in contrario.

Non avevo ben chiaro quale fosse quella sua richiesta, ma quell’odore di sperma era davvero forte e mi stava senza dubbio condizionando. Così per riprendere aria gli dissi che sarei andata prima a rinfrescarmi un po’ in bagno.


Al suo interno trovai un ambiente non diverso dal resto della casa. Era ricca di contenitori e vasi. C’era anche un grande armadietto a due ante, che attirò la mia curiosità e mi spinse ad esplorare. Al suo interno, con grande stupore, vi trovai un vero e proprio tesoro per sadomasochisti, fatto di abiti in latex e pvc, stivali da donna e uomo, maschere, intimo da donna elasticizzato, corde, pinze e bracciali. Restai immobile ad ammirare quella mole di oggetti ed indumenti, la cui curiosità nel volerli indossare anche solo per prova, ed immaginarmeli addosso per un utilizzo reale, mi fece eccitare in modo non controllato. A quel punto la mia curiosità raggiunse il picco, e continuai l’esplorazione fin quando non decisi di aprire i vasi in ceramica. Immaginandomi già di ritrovare ancora oggetti di sottomissione, restai nuovamente ammutolita dopo averne scoperto uno in particolare, che conteneva un collare bdsm. Non ebbi alcun dubbio, quello era proprio il collare in pelle nera che la donna sullo schermo di quel tale stava indossando mentre era fotografata. Fu soltanto allora che mi resi conto di volere una sola cosa, da quel momento in poi. Una constatazione rimasta silenziosa e nascosta fino a quel momento, che soltanto nel ricordare e raccontare avrei potuto prevedere con anticipo.
Era un’occasione unica. Sarei potuta andare via senza provare. Oppure avrei potuto essere quella donna ritratta sul suo schermo.
Presi dal mio jeans il cellulare, e con l’eccitazione mista a un senso ascendente di scorrettezza, scrissi un messaggio al mio Luca:
G- Mi spiace amore, sono tornata a casa mia, non mi sentivo tanto bene, ho preso un taxi. Ci sentiamo domattina, buona notte.
I dubbi di tradimento furono spazzati via da un’eccitante opportunità, unica nel suo genere, di rivestire un ruolo serbato per una sera intera, covato ed alimentato inconsciamente dalle parole di un dominatore con la passione per la fotografia. Non importava null’altro, il voler emulare quella donna mi portò a prendere quel gesto come una scelta obbligata, in tutta la sua assurdità.


E così mi travestii. Anche se è solo un modo di dire. Sì, perché in quei frangenti ciò che volevo era proprio accentuare quell’artifizio, quel dettaglio estetico sul mio corpo dall’estremo sapore di fetish e sottomissione. Così decisi di spogliarmi del tutto, lasciandomi solo il perizoma nero addosso, che mi lasciava un tenue filo ti tessuto attraversare i glutei. Aggiunsi a quell’outfit soltanto un paio di scarpe con tacchi a spillo neri, preso dall’armadietto, e infine quel collare, vero protagonista del mio nuovo ruolo. Nello specchiarmi mentre mi cambiavo, osservavo la mia trasformazione e mi eccitavo ancor di più. Toccandomi e massaggiandomi i seni, adesso liberi e scoperti, li guardavo fiera perché, così esposti, desideravo di stupire ancor di più e far colpo sul mio dominatore, che li aveva già idolatrati per tutta la sera alla festa. Volevo assicurarmi che così conciata, non avesse più alcun briciolo di controllo.
Uscii dal bagno e, dopo aver attraversato con i nuovi tacchi il lungo corridoio, tornai nella stanza del porno e mi mostrai a lui:
G- Eccomi. Sei il mio padrone. Stanotte ho scelto così.
Rimase a guardarmi. Questa volta il suo sguardo mutò del tutto, mostrando già con gli occhi quel che sarebbe successo:
S- Ho scommesso su di te. Sapevo di avere una risposta gratificante. Sei la persona perfetta per la mia sottomissione. Inginocchiati.
Dopo che quest’uomo, di cui non ho mai saputo il nome, mi intimò quella richiesta come fosse un ordine, capii di aver raggiunto il punto di non ritorno. Andò a prendere dagli altri vasi gli altri oggetti. In particolare recuperò un laccio guinzaglio, da attaccare al mio collare, un paio di corde, un enorme vibratore, e un ball-gag.
S- Abbaia, ulula, miagola, emetti ogni tipo di gemito e ti sculaccerò, ti sputerò, ti insulterò.
Mi afferrò dai fianchi mentre con l’altra mano reggeva l’estremità del guinzaglio, portandomi a flettere la schiena e accovacciandomi, a pecora. Fu solo allora che potetti percepire le sue mani sul mio corpo, per la prima volta. Mani ruvide, dure, enormi, possenti. Mi sentii in un attimo tirare il perizoma verso dietro, in un gesto volto all’unico obiettivo di strapparmeli di dosso. Fu un successo. Era così forte che bastò un gesto fulmineo a rendere quel filo di tessuto inutilizzabile. Mi provocò una smorfia a metà strada tra il dolore di un gesto dirompente sul mio inguine, e un gemito per il suo primo atto di dominazione su di me. Ero completamente bagnata.
Cominciò a sculacciarmi, la punizione per aver fatto quel verso. Le mie natiche si infiammarono, a furia di quell’esercizio di percussione dato dalla sua mano di quercia.
Si soffermò d’improvviso, avvisandomi:
S- Adesso ti infilo questo in bocca – riferito a ball gag – e rispondimi “si, padrone”.
G- Si, padrone.
Mi infilò allora il vibratore nella passera, portando dopo i primi gesti lenti un ritmo forsennato e deciso, di penetrazione di quell’arnese dentro di me. Ebbi un primo orgasmo, ma non riuscii a trattenere ancora gli spasmi e i gemiti. Così mi tirò il collo dal suo guinzaglio, avvicinando forzatamente la mia faccia sotto la sua, in modo da facilitare la sua prossima mossa. Un primo getto di saliva mi piovve sul volto, ricco e liquido, colandomi su per il naso, le guance e le labbra. Lo osservavo dal basso con adorazione e devozione, mentre si preparava a sputarmi ancora, senza mai arrestare la masturbazione vaginale con il dildo.
Mi sfilò il vibratore, grondante della mia eccitazione, e si sfilo dai boxer il suo cazzo. Per la prima volta riuscivo ad intravedere la sua eccitazione in maniera esplicita, ma non mi fu concesso contemplarla. Si posizionò dietro la mia pecora, iniziando una penetrazione martellante. In quegli attimi ho potuto constatare la sua vera carica erotica e perversa, dal momento in cui stava esercitando delle spinte rapide, ma intense, tali da far aumentare in modo spropositato la sua respirazione.
Per minuti e minuti, tenuta al guinzaglio mentre mi lasciavo scopare da uno sconosciuto dominatore, con l’obiettivo di portarmi a gemere ancora, e ancora. Portandomi all’errore, così da punirmi.
Inevitabilmente venni ancora, e stavolta i miei gemiti furono del tutto incontrollati. Lasciò il guinzaglio e afferrò con entrambe le mani i miei seni, spremendoli come agrumi e strizzando i miei capezzoli in modo estremo.
S- Ora abbaia, cagna. – Intimando di pronunciare le parole di assecondamento nonostante il ball gag in bocca – Sei la mia troia miagolante. Sei una perfetta troia miagolante. Miagola.

E miagolai.
Dopo un pò mi parlò ancora di sperma:
S- Sei una gattina cha ha bisogno sia di proteine che di zuccheri, hai bisogno della mia pappa reale. Bevi un pò del mio sperma. – E così mi sfilò il suo cazzo da dietro, e passò a legarmi mani e piedi come un salame. E togliendomi il ball gag cominciò a scoparmi violentemente in bocca. Il suo cazzo era davvero enorme, e facevo fatica a trattenerlo in gola quando lui si soffermava. Ma non potevo obiettare, e trattenevo il respiro fin quando riuscivo.
Dopo una ventina di minuti in questo stato cambiò strategia. Mi rinfilò il vibratore, questa volta nel mio ano, e con le sue mani ruvide cominciò a masturbarmi in ogni modo, facendomi godere nel giro di pochissimo tempo. Una frenesia tale da farmi godere in maniera insolita. Ma soprattutto un senso di sottomissione senza paletti, senza limiti, di nessun tipo.

S- Bevi la mia saliva, troia. – E mentre continuavo ad annuire – si, padrone -, intraprese una serie di sputi nella mia bocca, creando uno strato di saliva che cosparse l’intero viso.
Poi mi rinfilò il suo cazzo in bocca scopandomi fin quando non arrivò il momento dell’orgasmo. Sì arrestò e, trascinandomi sul pavimento, mi portò alla finestra della sua stanza, schizzando una quantità abbondante di sperma sul suo vetro.
S- Adesso lecca tutto, cagna. hai bisogno di nutrimento.
Così tenendomi al guinzaglio mi costrinse a leccare tutto quanto lo sperma che colava dal vetro, obbligandomi a rimuovere ogni goccia schizzatavi sopra.

Dopo tutto ciò, quella sera, sentii uno stano stato misto di sollievo e depravazione al tempo stesso, avevo capito ancora una volta che alla perversione non c’è un limite, e che è un fattore soggettivo. La sottomissione ha diverse sfaccettature, oltre alla distinzione classica di sado-masochismo. Quello che sei, il ruolo che intraprendi, l’obiettivo che ti prefiggi di raggiungere, le proprie visioni su ciò che sono i propri limiti, condizionano a parità di livello l’esperienza della dominazione.
Decisi di andar via subito dopo, per poi non rivederlo più e mantenere un anonimato considerevole. La festa era già finita da un pezzo e così ebbi modo di svignarmela in taxi senza che nessuno potesse sospettare nulla. L’indomani avrei ricontattato Luca per riprendere la nostra storia come se nulla fosse.

FINE

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Scritto da:

Ciao a tutti! Ho scelto Sasha come nickname per licenza poetica ed ispirazione, ma il mio vero nome è Gilda. Classe '88, sono felicemente fidanzata, innamoratissima e fedele. Tuttavia ho scoperto una naturale tendenza a scrivere racconti basati su avvenimenti presenti e (soprattutto) passati, legati alla sfera di questa mia bizzarra sessualità. L'obiettivo è duplice: materializzare pensieri e riflessioni tramite racconti, ed appassionare il lettore di turno. Spero vi piacciano!

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