Epilogo

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Categoria: Etero
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Io Paolo, prometto a te Francesca, mia sposa, di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.

Questo pensiero, sotto forma di promessa di matrimonio in aeternum mi girava per la testa da settimane. 
C’eravamo promessi con scambio di anelli e di fronte a testimoni, di sposarci e di continuare le nostre vite assieme, uniti nell’affrontare le avversità, le malattie, i dissidi, e uniti nel godere delle gioie della vita condivise con la persona che si ama.

Avevo affidato l’organizzazione a Sophia, mia figlia, e a Claudio, il figlio di Francesca, affinché trovassero qualcosa di carino, semplice, accogliente per celebrare un matrimonio simbolico.
E già, perché dopo aver deciso di sposarci, sono iniziati i problemi.

Francesca aveva scoperto che, nonostante le carte in sua mano asserissero altro, risultava ancora sposata al suo ex marito. Si, Francesca era diventata una pubblica concubina, una bigama traditrice della famiglia. 
Assurdo, no? 

Era successo che dopo la prima separazione, Francesca era tornata a casa del marito per un tentativo di riconciliazione e, a coronamento dell’avvenimento, era rimasta incinta di Serse. In quell’occasione, era successo qualcosa di poco chiaro: l’istanza di separazione era stata annullata dal giudice e Francesca era tornata ad essere sposata legalmente con il marito. Dopo qualche anno, però, le cose andarono male di nuovo e Francesca decise di rompere definitivamente.
Certa della separazione, aveva atteso che il divorzio subentrasse automaticamente alla scadenza del quinto anno di separazione. Poi, un po’ per pigrizia, un po’ per una serie di problemi e complicazioni intervenuti, aveva smesso di seguire la pratica. 
Con sua enorme meraviglia, quando fu il momento di andare di fronte all’ufficiale di stato civile per la promessa, lo stato di Francesca risultò ancora “coniugata”, non “separata” o “divorziata”. 

Laura, la compagna e collega di Fabrizio, il mio avvocato, aveva subito cercato di chiarire la questione e riuscì, con l’aiuto di Francesca e con frequenti incursioni in Tribunale e in Anagrafe, a ricostruire la storia.
Insomma, Francesca era ancora sposata.

“Va bene, è un problema. Ora facciamo istanza di separazione immediata, parliamo con il giudice e gli spieghiamo la cosa. Vedrai che in poche settimane risolviamo tutto, e poi aspetteremo qualche mese per il divorzio” ci spiegò Laura.
“Certo, per ora dovrete rimandare per qualche tempo l’ufficializzazione della vostra unione, ma non credo che questo cambi molto le cose, no?” concluse.
“Per me no!” intervenne Francesca. “Io mi sento la moglie di Paolo, a prescindere da tutto. Non è un pezzo di carta o il discorso di un pupazzo in fascia tricolore a stabilire se io sono sposata con Paolo” ribadì sottolineando la parola sposata.

Era al contempo inviperita e depressa. Questa cosa l’aveva colpita, nonostante volesse apparire superiore a tutto quel che stava accadendo.

“Amore mio, lo sai. Io ho deciso di condividere la mia vita con te, e te l’ho dimostrato. Anche per me, un pezzo di carta della Repubblica Italiana non conta niente. Contano di più le promesse che ci siamo scambiati mesi fa. E se poi dovremo attendere qualche altro mese, amen. Ce ne faremo una ragione tutti e due, no?” e l’abbracciai tirandola a me. 
“Ascolta, Francesca: i nostri figli sono grandi, anche Serse è ormai maggiorenne e ha deciso di stare con il padre comunque. Io tra qualche mese andrò in pensione, abbiamo fatto i conti assieme che ti conviene ancora lavorare in casa famiglia per la questione dei contributi previdenziali, anche all’orario minimo. E poi c’è sempre la possibilità di farti assumere da quel mio amico che ha bisogno di un designer creativo come te, se proprio devi cambiare.” 
“E parliamoci chiaro: so tutto quel che fai con i tuoi soldi, perchè mi hai chiesto tu di verificare i tuoi conti. Tu versi un terzo del tuo netto al tuo ex, anche se dovrebbe essere lui a farlo in teoria, e in più foraggi Sergio con la paghetta di altri 250 € al mese.” 

“Però tu con quel che rimane ci fai tutto, anche la spesa per noi. Io ti ho dato il mio bancomat e la mia carta di credito perché gestissi la casa e le cose della nostra vita, e tu in sei mesi ci hai pagato solo la riparazione della lavapiatti, giusto perché avevi bloccato il tuo bancomat, ricordi?” 

“Insomma, voglio dire con ciò che tu sei totalmente autonoma, libera ed indipendente. Non hai bisogno di nessuno, tantomeno di un marito.” 
“IO HO BISOGNO DI TE!” quasi mi urla in faccia.
“Ed io di te, La cosa è reciproca, come vedi.” le dissi prendendole il viso tra le mani guardandola dritto negli occhi.
“Guardami: ti ho promesso tutto il mio amore ed intendo rispettare la mia promessa, a prescindere. Dal punto di vista legale, tutto quello che serve è qualcosa che attesti i tuoi diritti su una parte dei miei beni. E a questo avevo già provveduto, visto che ho creato un trust di cui tu sei la beneficiaria in caso di mia morte. Insomma, quello che voglio dirti è che, se anche morissi, hai i diritti inviolabili sanciti da un legato testamentario. Non tolgo nulla ai miei figli, perché li ho coinvolti prima ed ho avuto la loro totale ed incondizionata approvazione. E sono stato assistito legalmente da Laura e da Fabrizio, che sai quanto ti sono vicini” le parlai con il cuore in mano.
“Sai, invece di fare la festa per il matrimonio civile, celebreremo un matrimonio simbolico, che avrà valore solo per noi. Ed è tutto ciò che ci serve. D’accordo?” conclusi. 

E così ci mettemmo al lavoro.

Non riuscimmo a festeggiare.
Francesca purtroppo, ci lasciò. 

Mi chiamò Claudio, suo figlio, in lacrime. 

Era stato avvisato da un collega di Francesca, suo amico, che la mamma era stata ricoverata di corsa al Policlinico Casilino per un’emorragia interna molto grave.
Francesca aveva avuto a suo tempo problemi uterini ed era stata operata con un intervento di cauterizzazione dei vasi afferenti in attesa di una isterectomia totale che non fu mai praticata.

Corsi come un pazzo. Lasciai la macchina in mezzo al piazzale urlando dal dolore e chiamando Francesca a gran voce. La gente mi guardava prima con sorpresa, poi con compassione, quindi con muta partecipazione al mio dolore.

Vidi Claudio fuori del reparto di chirurgia d’urgenza, che stringeva le spalle al fratello Serse.  C’erano le sorelle di Francesca, in lacrime. C’era già Sophia, accanto a Nicoletta, entrambe in lacrime. 

“Dovè? VOGLIO VEDERLA! COME STA?” urlai. 

I loro occhi gonfi di lacrime, le spalle chiuse, i capi chini, mute risposte alle mie strazianti domande.
“PERCHÉ? PERCHÉ? PERCHÉ?” e crollai anch’io. 

Mi risvegliai in una stanza dell’ospedale, tutta una serie di cannule e flebo, il monitor che riportava il ritmo del mio cuore, la mascherina dell’ossigeno che mi aumentava il senso di oppressione. 

“Francesca?” chiesi a qualcuno che stava vicino al mio letto. 
“Papà, Francesca… non c’è più” rispose con voce rotta e tremula Sophia. 

Dall’altra parte del letto, c’erano Luca e Claudio. 

“Dove sono? Che è successo?” e poi, un’epifania dolorosa. 
Francesca era morta. 

Avevo avuto un infarto a cui ero sopravvissuto solo per il fatto di essere in ospedale di fronte al pronto soccorso.  

Non partecipai al suo funerale, ero ancora in coma farmacologico mentre venivo curato per il più classico degli infarti cardiaci. Rimasi una settimana in terapia intensiva e poi fui spostato in clinica per il decorso e la riabilitazione. 

Recuperai, in qualche modo, la salute. 
Ma ho perso la voglia di vivere. 

Vado spesso a trovare Francesca, seppellita accanto al papà che ha tanto amato e che la ha altrettanto amata. 

Le parlo, le racconto dei nostri figli, dei nostri nipoti, dei miei giorni pieni solo delle cose semplici della vita di un pensionato a cui il fato ha tolto l’amore per due volte. 
Lei mi ascolta, la sento dentro di me. Ogni volta che la penso, una profonda emozione scalda il mio cuore. 

Ho la fortuna di avere ereditato una famiglia allargata che mi ha dato quel calore che mi è mancato con la perdita del mio Amore. 

Sophia si è sposata ed ha avuto una bambina che ha chiamato Francesca. Mi accompagna spesso al cimitero e si mette accanto a me, abbracciandomi e sostenendomi. 

Claudio, il primo figlio di Francesca, si è anch’egli sposato con Nicoletta, la sua fidanzata, ed hanno avuto una coppia di gemelli. Anche essi hanno chiamato la loro femmina Francesca, il maschietto invece ha preso il nome del nonno materno. 

Luca si è definitivamente spostato a Boston. Sua moglie è un’americana WASP, molto “sophisticated lady”. Nelle varie telefonate che ci facciamo, mi ha confessato che la suocera gli ricorda sua madre, e che rimpiange la semplicità e la cordialità di Francesca. 

Serse ha portato il padre con sé e si è spostato a vivere in Bulgaria. Non lo ho più sentito. Ho fatto in modo di aiutarlo materialmente trasferendogli metà del fondo che avevo intestato a Francesca. L’altra metà l’ho girata a Claudio, che l’ha usata per comprare la porzione di villetta bifamiliare accanto a quella di Sophia. Sono contento che i due fratellastri abbiano un rapporto così stretto. E’ come se Francesca operasse per tenerli assieme e farmi compagnia. 

Ho perso lei, ma ho trovato un figlio e la sua compagna, che mi amano e mi considerano un padre. E ogni volta che vado da loro a trovarli, le due piccole Franceschine mi corrono incontro “Nonno, nonno!” e mi abbracciano.  

E i miei occhi si gonfiano di lacrime, ed il cuore mi si scalda.  

Addio, Francesca, amore mio. 

Scritto da:

Mi piace raccontare di me e delle mie storie, anche del lato erotico che le ha pervase. Ma racconto anche della mia vita, dei miei amori, delle mie passioni, dei miei dolori.

3 commenti

  1. Memolus
    09/08/2023
    16:20

    Accidenti Paolo…. Che storia!!! Ho il cuore che sanguina

    1. 10/08/2023
      10:43

      Grazie 🙏

  2. Andrea
    05/07/2024
    15:47

    Ciao Paolo, storia molto bella, ben scritta e che riesce a toccare molte corde delle emozioni umane. Grazie di aver condiviso tutto questo

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