Ad Atene si muore di caldo

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Categorie: Esibizionismo, Etero
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Introduzione:

Quell'estate in Grecia è il racconto dellw vacanze con la mia fidanzata prima di sposarci. Fu una vacanza che cambio molto la mia futura moglie e che avrebbe dovuto mettermi sull'avviso per quanto sarebbe accaduto negli anni successivi.
I racconti sono ricordi in parte romanzati, in parte talmente modificati da poter affermare che "Ogni riferimento a persone e circostanze è puramente casuale e non voluto".

Atene, agosto del 1986. Una delle estati più calde di sempre.
La mia futura prima moglie (che chiamerò Francesca) ed io eravamo in gruppo con altre due coppie di amici con le quali avremmo diviso un appartamento a Naxos.
L’unico modo per potervi arrivare senza spendere un patrimonio era l’aereo fino ad Atene e successivamente il traghetto fino a Paros e poi Naxos. Il traghetto partiva dal Pireo alle 8 della mattina, il nostro aereo atterrava ad Atene la sera del giorno prima alle 20. Avevamo quindi prenotato tre stanze in un alberghetto nella Plaka, un quartiere ai tempi non molto sviluppato turisticamente. Per risparmiare, avevamo scelto stanze senza aria condizionata. Purtroppo, in quei giorni si sarebbe verificata ad Atene una delle settimane più torride della storia, con il picco proprio la notte in cui eravamo arrivati.
Avevamo spiluccato qualcosa alla taverna all’angolo perché quando arrivammo in città erano quasi le dieci di sera ed era praticamente tutto chiuso. Inoltre, il nostro albergo era in un vicolo accessibile solo a piedi ed il dover trascinare la mia sacca ed il baule della mia fidanzata (vizio mai perso!) per un tratto in salita, a 42°C, non era il massimo.
Arrivammo quindi in albergo e prendemmo possesso della camera, chiedendo la sveglia per la mattina successiva alle 6:00.
Riuscimmo per miracolo a comprare una bottiglia d’acqua minerale perché non era saggio bere l’acqua del rubinetto, allora.
Ci spogliammo, facemmo una doccia per cercare di togliere calore e sudore e ci buttammo sul letto.
Tempo 10 minuti, mi rialzai con la schiena letteralmente bagnata. Stillavo acqua dal torace, dalla pancia, dalle gambe. Francesca era nelle stesse condizioni.
“Apriamo gli scuri della finestra, qui si muore” le dissi.
“No perché se no mi vedono” rispose. In effetti, al palazzo di fronte c’era giusto un altro alberghetto le cui finestre distavano al massimo tre metri dalle nostre, ed erano tutte aperte. Ogni tanto si accendeva una luce, qualcuno si alzava, andava in bagno a farsi la doccia e poi rientrava in camera. Era impossibile dormire.
Alle tre di notte, Francesca si affacciò alla finestra che aveva gli scuri socchiusi e dette una sbirciatina fuori.
Indossava solo un magliettone lungo a metà coscia senza intimo, come era usa fare quando stavamo insieme. La raggiunsi, nudo come un verme, e mi appoggiai a lei per vedere, sperando in un filo d’aria.
“Levati che mi fai caldo!” mi disse scostandomi.
“E tu togliti la maglietta se hai caldo.”
“Ma mi vedono!”
“E che ti frega? Sono tutti così, che credi?”
In effetti, giusto alla finestra accanto a quella di fronte c’era una coppia di ragazzi, anch’essi in finestra, entrambi nudi, almeno nella parte di sopra.
“Ecco, lo vedi?” le dissi.
Andai a fare un’altra doccia calda, sperando nel sollievo momentaneo e ritornai da lei che era ancora in finestra.
“Vatti a fare un’altra doccia con l’acqua calda, stavolta” le suggerii.
Stranamente accettò il suggerimento, si tolse la maglietta e andò in bagno. Io nel frattempo aprii le persiane e mi sporsi sul davanzale per vedere la situazione quando, proprio alla finestra di fronte, si accese la luce del bagno da cui uscì una figura femminile nuda. La luce si spense e la ragazza si affacciò in finestra. La raggiunse il suo ragazzo che le disse qualcosa all’orecchio. Lei sorrise e fece un cenno di assenso, dopodiché capii che avevano iniziato a far sesso, con lui che la prendeva da dietro.
Non accostai gli scuri, ma sentii Francesca che aveva chiuso l’acqua. Dopo qualche secondo arrivò in finestra e mi chiese “Che stai a fare? Perché hai aperto? Chiudi che mi vedono!”. “Shhh, zitta!” e le indicai la finestra di fronte.
La feci passare davanti e mi appoggiai alla sua schiena. Ebbi subito un’erezione al contatto con il suo culo ancora bagnato. Si accorse quindi che c’erano due persone alla finestra di fronte e solo dopo, che stavano facendo sesso davanti a noi.
Nel frattempo le appizzai il mio membro in mezzo alle natiche e le feci capire di essere pronto ad entrare dentro di lei.
“Ma che sei matto? Ma che ti dice il cervello?” mi apostrofò.
“Ma non vedi che lo stanno facendo tutti?” e le indicai anche le due finestre dirimpetto. Una era occupata da un’altra coppia con il lui che stava prendendo la sua lei da dietro, all’altra c’era una lei che stava facendo un servizietto di bocca al suo lui.
Accanto a noi, un’altra coppia si stava dando da fare “Dai, dai, dai!”. Sembrava che ci si fosse dati un appuntamento per una bella serata di sesso collettivo.
Bisticciammo un po’, ma mentre discutevamo le accarezzai le grandi labbra ed il grilletto. Lei alla fine cedette e si fece penetrare.
Le piaceva e la sbattei forte, talmente forte che ebbe un grido di piacere. La coppia dirimpettaia era anch’essa al termine: nel mentre la ragazza veniva sbattuta impetuosamente, alzò una mano e salutò!
Francesca, in preda ad un bagnatissimo orgasmo, le urlò di rimando “Si ciao cara grazie… VENGO!!!”.
E nel giro di qualche secondo, una, due, cinque, dieci luci si accesero in altrettante camere, ad illuminare altrettante coppie nude in finestra.
Un’apoteosi di urla e fischi mentre da sotto partì “Ullellè, ullallà, fajela vedè, faielà toccà!” intonato da quel coglione del mio amico che aveva sentito tutto il nostro dialogo…
Fu una vacanza particolarmente movimentata, quella.
Forzai molto la mano a Francesca in quella occasione a fare cose che non aveva mai fatto prima. Poi ci saremmo sposati l’anno successivo.

Nella raccolta:

Ovvero della scoperta del sesso trasgressivo da parte della mia futura moglie.
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Scritto da:

Mi piace raccontare di me e delle mie storie, anche del lato erotico che le ha pervase. Ma racconto anche della mia vita, dei miei amori, delle mie passioni, dei miei dolori.

Un commento

  1. parolealvento.97
    15/06/2023
    15:38

    Ciao Paolo!
    Eccomi qui, a curiosare un po’ tra i fatti tuoi 🙂
    Grazie a questo primo capitolo ho scoperto il termine “appizzare”, ne ignoravo totalmente l’esistenza.
    Simpatico questo incipit dal finale un po’ burlesque. Un po’ diverso da “L’uomo che guarda”, ma promette bene. Vedo che la strada verso la fine è ancora lunga, perciò mi metto in cammino e mi sposto subito al capitolo 2!

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