Alice nel paese della Dominazione

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Mi era sempre piaciuta la mia dirimpettaia, Alice. Sui venticinque anni, mora, fisico asciutto, spesso vestita in modo provocante con trasparenze ben studiate per far sognare i maschietti ma sempre senza lasciar vedere neanche un centimetro di quello che avrei voluto (ma sempre ad un millimetro dal farlo) e due cosce lunghe e tornite che dicevano “aprici e lecca quello che trovi in mezzo”. Purtroppo non avevo mai avuto occasione di farle sapere che apprezzavo quel che vedevo, anche se le lunghe occhiate che le lanciavo non potevano certo essere passate inosservate.

Un giorno sento suonare il campanello, era lei con il suo laptop sottobraccio. “Ciao, scusami. Tu sei bravo con i computer vero?” mi disse quando le aprii. “Beh, ci lavoro, sai che me la cavo”, risposi guardando con la coda dell’occhio come era vestita, con un vestito piuttosto corto dal quale spuntavano due cosce inguainate in calze di pizzo nero. Lo stesso pizzo che si intravedeva dalla profonda scollatura a V dell’abito. Evidentemente un body completo e immaginai molto sexy. Sembrava un po’ in imbarazzo, e pensai che forse era perché si rendeva conto che la stavo radiografando, quindi mi concentrai sui suoi occhi. “Senti” – mi disse – “Credo di aver preso un virus, o qualcosa di simile. Puoi dare un occhiata al mio PC?” e me lo porse. Non la potevo far stare li con il portatile in mano, quindi glielo presi e le dissi che ci avrei dato una occhiata. Mi sorrise con un sorriso a 32 denti ma con un rossore sul viso che non capii, ci salutammo e mi portai il laptop nel mio studiolo.

Aperto ed acceso il PC non notai nessun malfunzionamento, ma sul desktop, in pieno centro e messa in posizione ben visibile c’era una cartella con nome “Foto hard”. Ah, ecco come aveva beccato il virus. Certi siti zozzi sono fatti apposta, bisogna saper scegliere cosa guardare. Pensai che valeva la pena di capire cosa apprezzava la mia bella vicina per toccarsi la patata, e aprii la cartella. Fu una notevole sorpresa, c’erano decine e decine di foto, ma non erano prese da internet. Era lei. Nuda, in intimo, in pose provocanti o con le dita nella figa, in tutte le posizioni più provocanti. Ed aveva belle tette e una figa bellissima anche se un po’ troppo pelosa e non curata. Aveva anche un bel culetto, e il tutto si accoppiava benissimo con le cosce di cui vi ho parlato. Le ultime foto caricate in ordine cronologico erano della stessa mattina, con il body di pizzo trasparente che le avevo visto addosso prima (e niente altro sotto). Bellissima, e sicuramente quelle foto le aveva messe li per me. O almeno quasi sicuramente. Strano, una bella figa come lei poteva trovare qualsiasi bel ragazzo, come mai puntava me che di anni ne avevo più del doppio di lei?

Feci le solite procedure di controllo per i virus ma non trovai niente a parte le solite cosette che trovi ovunque. Cookies di tracciamento, qualche piccolissimo malware che si becca navigando… nulla che potesse impedire un buon funzionamento del PC. Ripulii comunque tutto. Cominciava però a diventare una certezza il fatto che tutto fosse una scusa e le foto fossero per me. Come replicare alla cosa? Pensai brevemente, ma l’idea mi venne in modo praticamente automatico. “Vediamo se le piacciono i miei racconti erotici”, mi dissi. Nella cartella delle foto misi un link. Un semplice link, da aprire cliccandoci sopra, che portava alla pagina dove avevo tutti i miei racconti, la pagina dei racconti pubblicati da “Alpha Master”, il mio pseudonimo di scrittore. Se lei le foto me le aveva lasciate apposta, quello era un messaggio chiaro da parte mia. Se invece non me le aveva lasciate apposta, beh, la risposta era semplice. “Non sono stato io, neanche ho aperto quella cartella”. Chiusi il laptop, presi di nuovo quello ed alimentatore ed andai a riportarglielo, dicendo “Qualcosa ho trovato, cookies e malware gli ho tolti. Dati non dovresti averne perduti, ma controlla”. Era una frase studiata, poteva voler dire tutto o niente. Le sorrisi, e me ne andai.

Passarono tre o quattro giorni in cui ci incrociammo un paio di volte entrando o uscendo dalle rispettive abitazioni e non andando oltre il “ciao”, e cominciavo a pensare che la cosa fosse in un modo o nell’altro finita li, quando di nuovo mi suonò Alice. Aprii e me la trovai davanti di nuovo con il PC sottobraccio. Gonna e felpa, stavolta, e niente tutina in pizzo a quanto pareva.

“Avrei di nuovo da farti vedere qualcosa”, disse indicando il PC. Soppressi una risata pensando che forse aveva aggiunto qualche bella foto, e le chiesi se voleva lasciarmi il computer, ma rispose di no. “Possiamo andare nel tuo studio, che ti mostro io?” La situazione si stava facendo intrigante, ed acconsentii portandola dove lavoravo. Le indicai il tavolo pensando che avrebbe aperto ed acceso il computer, invece si limitò ad appoggiarlo, e poi guardandomi disse “mi sono piaciuti davvero tantissimo i tuoi racconti”, e si alzò la gonna. Sotto non portava niente, ed era depilata e liscia come amo e come descrivo sempre nei miei scritti. “Sono senza intimo, e depilata, come hai scritto che ti piace.” Coprendosi ed abbassando lo sguardo poi continuò “mi hai eccitato da morire, non conoscevo il mondo di dominazione e sottomissione di cui scrivi, e credo, credo… ” si interruppe, guardandomi di nuovo negli occhi. “Che mi piacerebbe provare”. Bingo!

“Non ti ho detto di coprirti!”dissi in tono duro. Lei trasalì, e rialzò la gonna, rossa in viso come il fuoco. Le esaminai la vagina come un veterinario che guardi un animale, con distacco. “Girati”, di nuovo con tono di comando. Lei deglutì, e lo fece, ma la mano che teneva la gonna era solo davanti. Il suo culo era coperto. Le alzai la stoffa con uno strattone di entrambe le mani, lasciandola arrotolata in alto e nuda fino alla vita. “VOGLIO VEDERE COSA OFFRI!” le dissi a voce più alta ed in tono duro. Lei afferrò l’indumento anche con l’altra mano, mostrandomi le natiche.

Ah, che belli i primi momenti. La umiliai facendola girare e rigirare e poi facendola spogliare nuda e mettendola a gambe larghe. Toccai il suo sesso, era fradicio. “Ti piace, è troietta?” – Lei deglutì di nuovo, ed annuì.

“Va bene” le dissi. “Ti prendo in prova come schiava. Godrai come e quando ti dirò, e non godrai quando non vorrò che tu goda. Ti umilierò e ti userò a mio piacimento.”. La interrogai per una mezz’ora sulle sue abitudini sessuali, sui giocattoli che usava, sulle sue paure e sui suoi desideri. Lei rispose a tutto, continuando a rimanere bagnata. Periodicamente la toccavo mentre parlavamo, e lei ansimava mentre rispondeva. I suoi capezzoli erano duri ed eretti e la sua figa aperta e bagnata. Presi un grosso pennarello nero che usavo per le etichette con cui marcavo le scatole che temporanemante contenevano cose che poi avrei venduto o messo a posto, e le scrissi sul pube “AM”. Poi le lubrificai lo sfintere con uno sputo, e il pennarello glielo infilai su per il culo. Lei sobbalzò, ma non disse niente. Muovendolo lentamente e masturbandola con le dita davanti la feci venire tre volte. Ansimava ed oscillava, faticando a mantenere l’equilibrio.

“Le regole te le ho dette. La tua password di sicurezza è COLEOTTERO, ricordatela. Se la dici il gioco si ferma, ma occhio che ogni volta che la usi rischi di fermarlo per sempre. Fallo solo se è indispensabile, non serve per evitare cose sgradevoli, serve solo per la SICUREZZA. Chiaro?” – Lei annuì, e disse di si. Le dissi di rivestirsi, e lei allungò la mano dietro la schiena, per togliersi il pennarello dal culo. Le bloccai il polso. “Non ti ho detto di toglierti il pennarello. Ti rivestirai tenendolo dentro ed andrai a casa tenendolo dentro. Lo terrai a casa per 30 minuti, senza farlo ne uscire ne entrare. Poi lo toglierai. Me lo riporterai domani.” Ansimava, deglutiva a vuoto, girava gli occhi intorno come a cercare qualcosa che non c’era. Adoravo quel suo senso di smarrimento. Si rivestì con molta cura, e camminando in modo un po’ strano per non far uscire il pennarello si avviò verso casa.

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Sono un maschio etero, dominante. Amo intrattenere rapporti con donne sottomesse tramite email o Telegram.

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