Cena sul mare.

Sono Rosa, la domestica di 47 anni del signorino.

Credo che sia molto meglio se da ora in avanti sia io a raccontare la nostra storia.

Dopo quello che era successo in bagno, iniziai a sentirmi strana. Ogni volta che lo vedevo, provavo una certa eccitazione. Sulla faccia mi compariva in automatico uno strano sorrisetto, soprattutto quando la mattina lo andavo a svegliare e lo trovavo nudo con il membro semiduro.

Agosto arrivò in fretta e chiesi al signorino le ferie, sarei tornata in Campania dai miei genitori. Andrea, dato che l’azienda chiudeva per tutto agosto e lui sarebbe stato via per tutto il mese, mi lasciò tutto il mese libero.

Il giorno prima di partire sistemai la casa del signorino e lo salutai. Sarei partita con mia figlia e il suo ragazzo, mio marito ci avrebbe raggiunto direttamente appena finito l’ennesimo viaggio all’estero.

Quella mattina arrivò la mia busta paga e notai che c’era un cospicuo bonus. Non chiesi per cosa fosse, anche se lo immaginavo. E, ad essere onesta, la cosa mi fece eccitare da morire. Sia chiaro, non avrei mai fatto sesso per soldi. Non lo avrei mai nemmeno chiesto, ma trovarli lì in busta paga… diciamo che non li rifiutai nemmeno. Forse perché era lui ha darmeli e sapevo che non lo faceva perché mi riteneva una prostituta.

Partii. Destinazione Agropoli, dove i miei genitori vivevano. Mia figlia era tutta contenta, e il suo ragazzo Luca ancor di più. La casa era su due piani. Il piano terra comprendeva il soggiorno, un bagno e la camera dei miei genitori, al primo piano c’era la mia camera e quella di mia sorella, che ora era occupata da mia figlia e dal suo bello. Le pareti non erano molto spesse, tanto che la notte sentivo tutto quello che accadeva nella stanza di fianco. Potevo affermare con certezza che mia figlia non era più una bambina ora, e che aveva una vita sessuale di gran lunga più attiva della mia. In quelle notti accompagnate dal sottofondo degli orgasmi dei due giovani, sentivo la mancanza di mio marito Enzo.

Il giorno in cui finalmente arrivò feci festa, ora finalmente potevo stare un po’ con lui, ma le notizie che portava non erano affatto buone; sarebbe rimasto soltanto qualche giorno.

Giorni che passò interamente a mangiare, sonnecchiare e fare bagni al mare; niente che prevedesse nemmeno un minimo di piacere per me.

La sera prima che ripartisse era in doccia. Il suo cellulare continuava a suonare per i messaggi che riceveva. Conoscevo il suo pin, così sbirciai. Rimasi sconvolta nello scoprire che l’indomani sarebbe ripartito, ma non per il lavoro. Il mio amato Enzo aveva un’amante, ormai da più di un anno. Ero furente, ma decisi di non dire nulla. Mi segnai il numero e il nome di quella sgualdrina che si sbatteva mio marito e fine. Avrei pensato più avanti a cosa fare. Il giorno dopo lo salutai con un freddezza che non credevo di poter provare e lo vidi partire, diretto verso la sua amante. Certo, anche io lo avevo mezzo tradito. Anche se di fatto, Andre non mi aveva scopato. Però era stata la debolezza di una volta, non una relazione di più di un anno.

Mia figlia Manuela notò che qualcosa era cambiato, soprattutto quando chiamava Enzo per salutarlo e sapere come andava. Non le dissi nulla; era suo padre e lei non doveva essere coinvolta nei nostri problemi di coppia.

Pensai spesso alla possibilità di divorziare, ma poi cosa sarebbe successo? Avevo 47 anni e non ero certo una top model. Come avrei potuto ricominciare da capo?

Era il 18 di agosto quando il mio telefono squillò. Era Andrea. Quella settimana sarebbe passato vicino al mio paese con il suo yacht e mi chiedeva se volevo farci un giro.

Accettai senza nemmeno pensarci, fu lo stesso quando lo chiesi a mia figlia e a Luca.

La giornata fu piacevolissima. Bagno al largo e pranzo sul mare a base di pesce. Nel pomeriggio ancora sole e tuffi. Guardavo Andrea che indossava un costume a pantaloncino verde oliva che si abbinava perfettamente alla sua abbronzatura. Sia io, sia mia figlia ci scoprimmo più volte a fissare il signorino che prendeva il sole, o meglio i suoi addominali scolpiti. Mi chiedevo spesso come facesse a trovare il tempo per allenarsi con tutti gli impegni che aveva, ma se il risultato era quello non aveva importanza chiederselo.

L’unico che sembrava non godersi a pieno la giornata era Luca, che guardava preoccupato il modo in cui Manuela guardava il signorino.

Ci propose di andare in un ristorante quella sera, ma Luca insistette per tornare a casa con Manuela.

         «E tu, Rosa?».

         «Una cena solo noi due?».

         «Non ti va?».

Manuela mi guardava. Non potevo accettare davanti a lei.

         «Non credo che …».

         «Manuela non credo abbia nulla in contrario, giusto?».

Mia figlia divenne subito rossa.

         «No, no. Assolutamente. Anzi, vai pure mamma.».

         «Va bene.».

Ci accompagnò a casa e mi diede appuntamento per le 20 sotto casa.

Mi preparai indossando i vestiti migliori che avevo, ma sicuramente non sarebbe bastato.

Mia figlia non mi rivolse la parola; non sapevo se era solo gelosa o se immaginava che avessi una storia con il mio datore di lavoro. In ogni caso, non approvava di certo la mia uscita.

Andrea arrivò vestito in modo casual. Indossava un paio di pantaloncini corti di lino bianchi, una camicia sempre in lino a strisce bianche e azzurre e un paio di scarpe in tessuto beige. Gli occhiali da sole gli davano un aria da gran figo.

Mi fece i complimenti per l’abito che avevo scelto. Un vestito estivo turchese che mi arrivava al ginocchio. Le spalline erano sottili e mettevano in risalto il mio seno prosperoso. Avevo scelto quel vestito proprio per quello, volevo stuzzicare Andrea. Dopo la scoperta della relazione di mio marito, non avevo più remore a sentirmi libera.

Mi portò in un ristorantino sul mare. Una cena a base di pesce, con antipasto a base di ostriche.

         «Come stai Rosa? Cos’è quel cruccio sul tuo bel faccino?».

Aveva davvero capito che qualcosa non andava?

         «Problemi con mio marito. Non ho molta voglia di parlarne però.».

Parlammo del più e del meno e, senza che nemmeno me ne accorgessi, la discussione arrivò proprio al bonus.

         «C’è una cosa che vorrei chiederle da un po’… riguarda il bonus in busta paga. Ecco…».

         «Vuoi chiedermi se è per il pompino in bagno?».

Annuii. Lui però non mi rispose direttamente.

         «E se anche fosse? Ti darebbe fastidio?».

Sentii il fuoco sul volto. E dall’espressione compiaciuta che aveva, credo che anche lui abbia colto il mio imbarazzo.

         «Facciamo un gioco ti va? Tu hai rinunciato alle ferie pagate, mi hai detto che non trovi giusto che io ti paghi per stare in vacanza. Li vuoi 100 euro?».

         «Cosa dovrei fare?».

         «Vai in bagno e togliti le mutandine. Porgimele e avrai i tuoi soldi.».

Diventai di nuovo rossa, ma mi alzai diretta al bagno. Nel tragitto mi vennero mille pensieri, ma il più forte fu quello che il signorino stava pagando per farmi togliere le mutande. Questa cosa mi eccitava da morire.

Andai alla toilette delle signore. Mi chiusi in un bagno e mi levai gli slip. Non sapevo bene come, ma inconsciamente avevo messo degli slip nuovi molto sexy; forse speravo che finissimo a letto. Uscii e mi trovai davanti una signora più giovane di me. Indossava un vestito elegante, color oro. Aveva la faccia triste, forse aveva litigato con il compagno. Avrei voluto parlarle, dirle qualcosa, ma nella mano sinistra tenevo strette le mie mutandine.

Andrea aveva prenotato una saletta tutta per noi, dove nessuno poteva disturbarci. Per tornare da lui però dovevo fare un mezzo slalom tra i tavoli. Passai di fianco a un signore. Era molto ben vestito e aveva un’espressione molto arrogante. Il posto di fronte al suo era vuoto, ma sulla sedia c’era il copri spalle d’orato della signorina che c’era in bagno con me. Non so ancora per quale motivo, ma mi afferrò per il braccio e mi fermò.

         «Non so quanto ti dia il tuo lui, ma sono pronto ad offrirti il doppio. So riconoscere una troia quando la vedo.».

Il suo tono era arrogante. Il viso mi irritava e il fatto che mi avesse dato della puttana mi fece ribollire il sangue.

         «Mio caro, sono troppo costosa per uno come te!».

Staccai la sua mano dal mio braccio e proseguii verso la saletta e verso Andrea.

Non so ancora che cosa mi fece rispondere così, ma ero eccitata. Non sarei mai andata per soldi con qualcuno, ma ammettere di valere più di quanto lui potesse permettersi mi faceva sentire bene. E credo che sia stato anche il modo migliore per farlo sentire inetto. Le persone come quell’arrogante che basano tutto sul denaro credono di potersi comprare il mondo. Sapere che non avranno mai abbastanza per farlo fu il modo migliore per sminuirlo davanti a se stesso.

         «Ecco a lei, signore.».

Mi affiancai al nostro tavolo e poggia i miei slip proprio davanti alla mano del signorino. Lui sorrise soddisfatto e mi passò una banconota da 100 euro.

Mise la mano destra rivolta verso l’alto all’altezza del tavolo.

Non fu necessario che mi dicesse cosa fare; alzai il vestito e poggiai il mio sesso umido sulla sua mano.

Mi masturbò lì. Il suo indice e il suo medio entravano dentro la mia passerina, mentre con il pollice stimolava il clitoride già gonfio e arrossato. Ero eccitatissima e non ci volle tanto a farmi venire.

Prese un tovagliolo e si ripulì la mano, mentre io arrossata, sudata e affannata tornai a sedermi. Gli raccontai del villano che mi aveva dato della puttana.

         «Crede che io sia un prostituta, signore?».

         «Perché me lo chiedi?».

         «Mi ha pagato l’altra volta. Mi ha pagato oggi. E quel signore ha detto che mi avrebbe pagato per andare con lui e che sa riconoscere un troia quando la vede.».

         «Non sei un puttana! Il nostro è un gioco. E il bonus non te l’ho certo dato per il pompino, ma perché hai fatto un lavorone nell’ultimo periodo. Quello che ti meriti io ti do!».

         «Non crede che avrei potuto fraintendere i pagamenti. Si. Lo sapevo benissimo. L’ho fatto apposta. Tu non andresti con qualcuno per soldi. Quello che hai fatto con me, l’avresti fatto a gratis. Però l’idea di essere pagata da me, ti ha fatto eccitare. Questo conta; e questo non vuol dire che sei una prostituta. Per curiosità, chi è che ti ha offerto dei soldi?».

Indicai il signore seduto davanti alla giovane dal vestito d’oro.

Finimmo la cena e poi ci alzammo. Il signorino si diresse verso il suo tavolo.

         «E’ lei che ha offerto dei soldi in cambio di prestazioni sessuali a questa signora?».

La giovane divenne rossa in volto, così come me. Lui invece era decisamente più bianco. Balbettò un “I-i-i-io”, ma non riuscì a finire la frase.

         «Chi è la signorina davanti a lei? Sua figlia?».

La ragazza annuì.

         «Che cosa penserebbe se io venissi qui da lei e le chiedessi quanto vuole per farmi stare con lei? Cosa mi direbbe? Non è così che valuta il valore di una donna? Insomma quanto costa?».

L’uomo non rispondeva. Era imbarazzato. La figlia si scusò.

         «Mia cara, non sei tu che devi chiedere scusa. Anzi, ti chiedo venia per averti trattata come merce. È tua padre che deve capire. Le donne, tutte le donne, non sono merce che si compra! Spero che serva da lezione.».

Tutti i tavoli guardavano l’uomo la cui faccia aveva cambiato tutte le tonalità di rosso, rosa e bianco.

Mi piaceva da morire come mi aveva difeso.

Eravamo in macchina quando risposi.

         «Sì, mi piace il gioco in cui mi paghi.».

         «E cosa ti piace di più?».

A quel punto avevo perso ogni vergogna. Mi aveva difeso. Mi aveva pagato per togliermi li slip e tornare da lui sfilando in mezzo al ristorante e, per non farmi mancar nulla, mi aveva pure fatto godere con le sue sapienti mani. Confessare cosa mi piaceva di quel gioco puttanesco era di certo la cosa meno imbarazzante che avessi fatto quella sera.

         «Mi piace fare la tua prostituta. Fosse un altro non credo lo potrei sopportare. Hai visto con quel maleducato. Ma con te è diverso. Tu non mi tratti da puttana, sai che farei tutto gratis se solo me lo chiedessi. Ma il nostro rapporto è così, tu il datore di lavoro e io la tua domestica. Non sarebbe lo stesso cambiando i ruoli e tu lo hai capito. E mi piace.».

         «Questo mi fa molto piacere, anche perché la prossima volta che ci incontreremo avrai la possibilità di accettare un “lavoretto” da 500 euro.».

         «Quando?».

         «Finite le vacanze. Io domani riparto.».

         «In questo caso, accosta la macchina. Nei 100 euro è compreso un pompino in macchina.».

Mi lego i capelli e mi abbasso a prendere in bocca quel bel membro duro che, in fin dei conti, è il pesce migliore di tutta la serata. 

Scritto da:

Cosa dire di me? Sono uno scrittore amatoriale. Amo il genere dominazione, ma non disdegno tutto ciò che può essere interessante e coinvolgente. Se hai una storia da raccontare, ma non sai come farlo... scrivimi e troveremo un modo insieme! sono su Facebook come Canta Storie e alla mia mail Cantastoriedal28@gmail.com

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