Donne d’altri tempi – 2

Categoria: Etero
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Dopo avervi raccontato le avventure di mia madre, oggi sfatiamo il mito delle donne d’altri tempi parlando di mia suocera. Come vedrete anche in questo caso, queste signore per bene e distinte, amorevoli nonne e eleganti ottuagenarie con i capelli laccati, il sesso lo hanno conosciuto bene e anzi erano delle scopatrici professioniste.

Mia suocera, Lidia, classe 1932 è oggi una novantenne in formissima, a parte per un bastone da passeggio. Quando la conobbi nel 1974 era una gran bella milfona. Quarantenne dalle forme morbide, somigliava parecchio a Laura, che all’epoca era ancora solo la mia ragazza. “Che tette che ha tua madre” mi ricordo di aver detto a Laura un giorno. Ed effettivamente la signora Lidia aveva due tette esagerate, che teneva in bella mostra con abiti succinti, che delineavano anche un bel culo sodo. Mora e di fattezze mediterranee come la figlia, era altrettanto porca.

Ricordo che una volta, quando andai in bagno a casa loro dopo un pranzetto cucinato dalla signora, aprii i cassetti per cercare dei preservativi. Avevo dimenticato i miei ed avevo in mente, nel pomeriggio, quando tutti avevano in mente di uscire per lasciare la casa tranquilla “per i due universitari sotto esame”, di scopare Laura che era in pieno periodo fertile. Vedendo che sua madre era ancora molto giovane, ipotizzai che suo padre doveva quasi sicuramente avere dei preservativi a casa. Così cercai ovunque. Non trovai nulla in bagno, quindi con una scusa cercai di andare in camera “non trovo il portafoglio, vedo se è nel cappotto sul letto”: fortunatamente la signora aveva l’abitudine di appoggiare i cappotti degli ospiti sul suo letto, per non occupare tutto il porta abiti all’ingresso. Entrato nella loro alcova, cercai ovunque. Nel comodino di mio suocero però c’erano solo sigarette e accendini e un paio di occhiali. Nel comodino di mia suocera notai dietro una boccetta di profumo e sotto un porta cipria, una chiave. Cosa poteva aprire? Era piccola, quindi un cassetto. Aprii l’armadio ed ecco, una cassettiera interna, girai la chiave nel primo cassetto e sorrisi. C’erano delle rose essiccate, una copia delle partecipazioni di nozze (agosto 1953, un mese prima che nascessi io, pensai), un pacchetto di preservativi, un preservativo srotolato ed apparentemente usato, delle lettere e alcune preziosissime fotografie.

Le lettere erano di mio suocero ed erano molto esplicite e ben scritte “il mio obelisco di carne brama ancora il calore della tua fodera pelosa e profonda”. Un poeta. Le foto erano spettacolari: alcune in bianco e nero della signora Lidia da giovane, totalmente nuda su un divano. In una foto si teneva le grandi tette in mano, lasciando intravedere i capezzoli fra le dita. La figa, pelosissima, scura sembrava veramente gustosa. Chissà chi le aveva fatte. Ma la migliore era una foto scattata in spiaggia: chi gliel’aveva scattata doveva essere sdraiato a terra e aveva ripreso lei dal basso, seduta con le ginocchia raccolte al petto e le braccia a cingere le ginocchia. Vestiva un abitino corto e in quella posizione vedevi chiaramente che non indossava le mutande. La vagina era in primissimo piano, vedevi oltre al foltissimo pelo, questa volta anche le grandi labbra un po’ aperte e un accenno di clitoride. Una bistecca come quella della figlia. Un altro set di fotografie la ritraevano già a colori, dovevano essere stare scattate di recente. Erano state fatte in quella stessa stanza, riconoscevo il letto e i comodini. Erano foto scattate da mio suocero dall’alto verso il basso, verso il suo uccello che era per metà in bocca della moglie, nuda, seduta sul letto. Rimasi colpito dal cazzo tosto di mio suocero, bello grosso e nodoso. In una foto si vedeva che lo stringeva forte in mano, con due dita premeva sulla cappella così forte che le unghie erano bianche dalla pressione: conoscevo quella sensazione, era il preludio alla sborrata. La foto successiva infatti era un autoscatto: eccoli lì seduti sul letto abbracciati, come fosse uno scatto normale ma nudi. Lei con lo sperma in faccia e lui soddisfatto col cazzo ancora barzotto e la cappella scoperta.

Tornai in cucina visibilmente eccitato. Laura vide l’erezione e mi chiese: “Ma che hai?”. E io: “Nulla, ho scoperto che tua mamma è un bella porca come te”.

Scritto da:

Laura e Giuseppe, coppia di medici in pensione di Monza, raccontiamo la nostra quarantennale passione per esibizionismo e scambismo attraverso brevi racconti autobiografici

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