Due fratelli, un cervello

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Categoria: Trio
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Introduzione:

Quanto sono belli il silenzio, la pace dei sensi, la concordia tra le persone, l'allineamento spirituale col cosmo. Devono essere veramente una gran figata, quindi ovviamente non sono quello di cui leggerete qui!

Come ogni mia storia, anche questa è romanzata, ma purtroppo sempre vera.

Cantami o Diva…

Calma, calma, che cazzo fai?! Non diamo toni troppo epici a questa merda.

***

Come ogni grande supereroe che si rispetti, anche per i nostri cominceremo con la storia delle loro origini. La prima è quasi un crudele scherzo del destino, la seconda invece è disarmante nella sua pochezza.

Torniamo nel lontano 1975. Wooosh.

***

I bambini giocavano felici a palla nel cortile del condominio maledetto, beati e ignari del destino infausto che attendeva ogni suo abitante.

“Tira, tira!”

“Dai Agata, corri, non abbiamo fatto nemmeno un punto!”

“Ci sono, ci sono, passa!”

L’idillio continuava già da qualche ora, gli schiamazzi non si erano affievoliti nemmeno un po’ da quando avevano cominciato a giocare, ma ormai si avvicinava la sera e per i cuccioli d’uomo era quasi ora di tornare nelle rispettive case a mangiare. D’un tratto da una finestra:

“Scemin’, Scemin’! E’ pronta la cena! Sali a mangiare!”

Simone alzò lo sguardo bovino verso la madre, affacciata al balcone.

“Sì” rispose mite il ragazzo. Era una delle poche parole che uscivano dalla sua bocca.

“Ciao, ci vediamo domani!” lo salutarono i compagni.

Quando tutti furono rientrati a casa la madre di Agata cominciò a borbottare tra sé:

“Ma è mai possibile che quella donna debba urlare “Scemino” davanti a tutti? Già quel bambino è poco sveglio, sembra che lo faccia apposta”

“Simone ha detto che è un diminutivo, ma lei lo pronuncia un po’ male. Non gli dà davvero dello scemo, mamma” disse Agata.

“Lo so tesoro, eppure anche voi ridete quando lo chiama così. A volte basta che una cosa sembri qualcos’altro per diventarla agli occhi di tutti.”

Per dirla tutta, il piccolo Simone era proprio tardo e il nomignolo che la madre pareva dargli non aumentava la sua buona fama fra i compagni, un po’ come Romolo Augustolo per intenderci, cosicché, alla fine, rimanendo quasi completamente isolato, con una madre ignorante e un fratello alcolizzato, il suo ritardo aveva finito per aggravarsi e il dannato soprannome gli era rimasto appiccicato. Sia ben chiaro, non è che i paesani fossero così stronzi da infierire ulteriormente e usarlo davanti a lui, però, quando si parlava di lui, si usava generalmente il soprannome d’infanzia.

Ed ecco che il nostro primo eroe prende forma.

***

Ma che bella premessa!

Non è tutto però, i protagonisti in fondo sono due.

Facciamo un saltino in avanti, nel fatidico anno 2000. Che anno per diventare gli eroi del disagio, ragazzi.

***

Era una notte buia, ma non tempestosa. La quiete regnava sovrana e tutti dormivano placidi.

All’improvviso, nel silenzio, un rombo e poi un altro e poi un altro ancora. Dopo qualche minuto una tapparella che si alzava furiosamente, una luce al primo piano e un grido:

“Si può sapere che cosa fai?! Hey! Mi senti?! Sei pazzo?!” si sbracciava Agata dal primo piano verso l’auto che sgasava a manetta sul retro del condominio.

Dopo un po’ parve che il guidatore si riavesse. Scese dall’auto, barcollando e incespicando nell’erba incolta. Si fermò sotto il balcone e guardò con occhi lucidi la signora.

“Ma ti sembra questa l’ora di fare tutto questo casino?! Smettila di sgasare!”

L’uomo fece ciondolare la testa, poi alzò la bottiglia di vino a mezz’aria e fece scivolare lo sguardo, velato dalla sbronza, dalla bottiglia alla signora con un sorriso ebete. Poi, come se stesse dimostrando la cosa più ovvia del mondo, disse:

“Eh… D’altronde…” disse, facendo dondolare la bottiglia di fianco alla faccia. Poi, senza più degnare la signora di uno sguardo, caracollò pietosamente verso l’entrata dell’edificio.

Agata rimase basita per due minuti buoni, prima di rientrare in casa mandandolo al diavolo.

Un episodio all’apparenza banale, ma che decretò la nascita di una nuova stella del disadattamento sociale: nientepopodimeno che il fratello maggiore di Simone, Francesco, che da quel giorno tutti avrebbero chiamato “D’altronde”.

***

Dunque, si può immaginare come crescere a pane, ignoranza e alcolismo non abbia giovato alla salute mentale dei nostri protagonisti (nonché a quella dei loro vicini), ma il contesto disagiante non si è ancora esaurito.

Intorno al 2012, altro anno degno di nota e sommamente grottesco nella storia dell’umanità, l’anziana madre dei due ragazzoni si spense, probabilmente lieta di liberarsi finalmente dei figli troppo cresciuti.

Caos! Panico! Cos’è la spesa?! Cos’è un fornello?!

Per fortuna esiste la pizza d’asporto, altrimenti sarebbero probabilmente morti d’inedia. Ma ciancio alle bande! Dopo alcuni mesi passati a mangiare pizza e cagare sassi, le vicine, mosse a pietà, cominciarono a condividere con loro la verdura in eccesso del loro orto e lentamente la peristalsi tornò a regime. Ricordiamoci questo dettaglio.

L’intestino tuttavia non fu l’unica cosa a venire ben stimolata. Si dà il caso, che essendo la madre dipartita, Francesco avesse deciso di darsi alla vita mondana e, oltre a tornare traso quasi ogni sera e farsi ritirare la patente un numero imprecisato di volte, cominciò a portare a casa, con una certa regolarità, signorine dai non illibati costumi.

Una delle fatidiche sere, come d’abitudine, tornò a casa e già si intuiva il principio di una sbronza, che pareva non dare però fastidio alle due ragazze che scesero dall’auto. Erano, queste, due donne molto diverse: una alta, mora e pesantemente truccata con un denso mascara e un rossetto fucsia, sulla quarantina, con tratti marcatamente meridionali; l’altra bionda, longilinea e molto giovane, probabilmente sui ventidue/ventitré anni, che pareva di origini slave. Non che a Francesco importasse un cavolo di come fossero fatte o da dove venissero, lui voleva solo farsi una scopata (ed era un miracolo che ci riuscisse sbronzo com’era). Comunque, alcol a parte, portarsi delle generiche donne a casa aveva quantomeno giovato alla cura della sua persona. Non andava più in giro infatti, come un povero senzatetto unticcio, ma udite udite, aveva fatto la scoperta più straordinaria del mondo: l’acqua corrente. Quindi, dopo aver superato il periodo di depressione post morte della santa madre, da qualche anno si era tirato approssimativamente insieme e pareva persino un essere umano. Piccolo, brutto e cattivo, ma almeno umano.

Mentre dunque l’umano apriva la porta di casa sua e lasciava entrare le due donnine mezze nude, suo fratello Simone si palesava in corridoio. Le donne gli sorrisero con sguardo ammiccante.

“Non avevo capito che sarebbe stata una cosa tra fratelli France'”

Simone sgranò gli occhi confuso.

“Nah, lui non c’entra” rispose secco Francesco. “Se ne starà per i fatti suoi”

Detto questo, chiuse maldestramente la porta e accompagnò le signore in camera sua, senza troppe cerimonie. Qui le fece accomodare sul letto, ondeggiando.

Vedendolo barcollante e indeciso sul da farsi, la donna più esperta decise di prendere il controllo della situazione. Lo prese per il colletto della camicia e lo fece sedere su una sedia.

“Stai fermo qui!”

Tornò poi dalla ragazza più giovane e cominciò a spogliarla con sguardo complice; Francesco se la ritrovò davanti quasi nuda, mancavano solo le mutande. La quarantenne si mise dietro di lei e le prese in mano le tette, facendole ballonzolare davanti allo sguardo ammaliato di Francesco, che intanto si era slacciato la cintura. La bionda mise le mani su quelle della mora e cominciò a massaggiarsi il seno, mentre l’altra le pizzicava i capezzoli. Francesco si infilò una mano nei jeans slavati.

La bionda cominciò a gemere. Era tutta scena ovviamente, non gliene fregava un benemerito cazzo di quel vecchio di merda, ma i soldi sono soldi. Fece scivolare le mani sull’addome e infilò i pollici negli slip di pizzo rosa. Lentamente si abbassò le mutandine, portandole a metà coscia e mostrando la fichetta umida. La mora nel frattempo si era messa a succhiarle un capezzolo avidamente. La ragazza cominciò a toccarsi lentamente, allargando le gambe per dare più spettacolo. Francesco a questo punto si era tirato giù le braghe e le mutande insieme e si stava segando affannosamente, mentre ammirava la scena davanti a lui. Anche le mani della mora erano scese sulla figa della ragazza ora e le stavano accarezzando il clitoride e le labbra con intensità sempre crescente. I gemiti della bionda adesso erano reali; si stava strusciando avidamente sulle mani della mora, che intanto aveva cominciato a pomparle tre dita nella figa e se la stava ingordamente limonando. Dopo poco, la ragazza venne tra le mani della mora, urlando e si accasciò infine sul letto con le gambe spalancate per mostrare il bel risultato a Francesco che ancora si stava masturbando furiosamente.

***

Una volta che i suoni vengono raccolti ed indirizzati dal padiglione al canale uditivo, le frequenze del suono vengono intensificate e riversate sulla membrana timpanica, introducendo i suoni all’orecchio medio. Il martello, l’incudine e la staffa, gli straordinari e più minuti ossicini del corpo, si occupano di transitare le nostre amiche vibrazioni dall’orecchio medio all’orecchio interno. Qui i cambiamenti nella pressione dei suoni vengono tradotti in segnali neurali, grazie ad un complicato sistema di muscoli, canali e organi altamente specializzati, che trasmettono i segnali al nervo acustico, che porta infine le nostre informazioni direttamente al tronco encefalico, il quale dispiega i suoi neuroni in base alle frequenze ricevute e permette al nostro cervello di elaborare, riconoscere e organizzare logicamente i suoni.

Ma perché vi sto dicendo tutto questo?

Per nessun motivo, mi volevo semplicemente divertire a ribadire, in modo molto complicato, che il cervello di Simone non era la pistola più veloce del West; infatti il nostro co-eroe non aveva colto subito la sottile, ma non troppo, atmosfera da pornazzo di serie Z, quindi aveva dovuto attendere la, leeenta, elaborazione neurale dei primi gemiti per comprendere la situazione. Una volta tradotti in pensiero coerente tutti i dati, lo shock prese il sopravvento. La bocca era spalancata e gli occhi stralunati. Scandalizzato Simone, prese di colpo le chiavi di casa, uscì in tutta fretta e scese le scale di corsa, sconvolto, con la stessa espressione scandalizzata.

Sulle scale incrociò la vicina, che stava rientrando dall’università.

“Simone, tutto bene?” chiese lei un po’ preoccupata.

Lui annuì, fece sì con la bocca, ma non uscì nessun suono e continuò per le scale sconvolto.

Non fu più visto…fino all’ora di cena.

***

Ignaro del subbuglio interiore del fratello, Francesco se la stava invece bellamente spassando. Una volta venuta, la ragazza bionda era rimasta sul letto a farsi ammirare, mentre l’altra si era alzata, sinuosa, si era accucciata davanti a Francesco e aveva cominciato a spompinarlo con decisione. Francesco, che si era segato fino a quel momento, era molto vicino all’orgasmo e a vedere la mora, inginocchiata davanti a lui, con il seno prosperoso che gli ballonzolava davanti ad ogni affondo della gola e le mani di lei che si accarezzavano il corpo, i capezzoli, la figa, che risalivano sulle sue gambe e gli picchiettavano le palle, venne, grugnendo e ansimando, con la testa reclinata indietro sullo schienale sgangherato.

L’idea era quella di riprendersi, alzarsi e scoparsi anche la ragazza sul letto, che nel frattempo, aveva dato spettacolo toccandosi e osservando il pompino con occhi velati di piacere. Ma non si può avere la puttana piena e la testa ubriaca, quindi ovviamente il buon proposito rimase solo questo, un proposito, mentre il sonno prendeva inesorabilmente Francesco e lasciava il suo portafogli alla mercé delle donne, che gli spillarono tutto quello che aveva (non molto più di quanto dovesse loro comunque) e se ne andarono soddisfatte di non aver dovuto faticare troppo.

E così Francesco fu lasciato lì per diverse ore, sulla sedia, a russare, col cazzo ciondoloni in mezzo alle gambe e la bava che gli colava da un lato della bocca.

Quando si svegliò erano circa le 7:00. Si asciugò la saliva frastornato e con un bel mal di testa da sbornia, si guardò intorno disorientato, cercando di ricordare cosa fosse successo. Ah sì, le prostitute, il pompino e…e…e cosa?

“Devo essermi addormentato nel bel mezzo di tutto, che razza di idiota…” pensò con stizza.

Si alzò in piedi, si tirò su i pantaloni e andò in cucina a cercare una birra e Simone.

“Dove cazzo è finito adesso quel deficiente? Boh va beh, tornerà.”

Prese la birra, accese DMAX e cominciò a guardare annoiato l’undicesima stagione de “La febbre dell’oro”, fino a quando non sentì l’uscio di casa aprirsi timido e suo fratello comparire in salotto con l’aria confortata dalla familiare azzurra luce della tv.

“Ma dove cazzo eri?! Potevi lasciarmi un biglietto!”

“Scusa, avevo dimenticato di fare una cosa…” disse Simone con voce flebile.

“Va beh, mangiamo qualcosa vah.”

***

La ragazza aveva appena portato fuori la spazzatura e stava tornando in casa dal cortile dietro del condominio, quando vide le due prostitute parlare di Francesco e ridere contando i soldi. Rimase nascosta ai loro occhi finché non si furono allontanate lungo la via.

“Grandioso…” pensò rassegnata, camminando verso il portone d’ingresso. “Non mi bastava avere la prostituta gerontofila di fianco a casa, adesso posso pure ammirare il fenomeno dal punto di vista del vecchio che si scopa le prostitute giovani. E tutto sopra la mia testa! Che culo! Ma sì, perché farsi mancare qualcosa? Stai zitta, ringrazia il dio del trash anche oggi e torna a casa.”

Note finali:

Adoro gli incipit in medias res, non li utilizzo abbastanza.

Nella raccolta:

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Scritto da:

Il disagio è il mio pastore.

Un commento

  1. Darkside87mi
    26/09/2023
    06:29

    Uno dei motivi per cui visto regolarmente il sito, grande 🙌

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