Famolo strano

La settimana scorsa Franco ha contattato Francesca per avere notizie sul progetto del tavolo a mosaico.

Francesca stava a casa da me lavorando su una delle mie workstation per completare il progetto. Io le davo la mano con il software CAD per generare un modello tridimensionale che lei stava completando.
È stato naturale quindi che ascoltassi la conversazione e la supportassi.
Ero uscito in balcone per lasciarle spazio e per darle quel po’ di privacy professionale, ma lei mi aveva raggiunto e mi aveva trascinato per una mano verso il computer, facendomi sedere accanto a lei.

“Allora Francesca, ho letto il progetto di massima e ho guardato il bozzetto. Devo dire che, se ho capito bene, viene una cosa pazzesca. Anche se mi viene a costare una tombola. Ma mi rendo conto che tu devi stare un mese fuori casa o quasi, e che tutto questo ha comunque il suo prezzo. Sinceramente pensavo di cavarmela con la metà, ma ho fatto male i conti. È una cifra importante, ma ogni cosa bella ha il suo giusto valore. Accetto il preventivo e do l’OK per iniziare i lavori dal 10 settembre, come hai previsto tu.”
E quindi stasera vi invito a cena e firmiamo questo contratto. D’accordo?”

Francesca mi guarda e dice: “Aspetta che chiedo a Paolo, sono qui con lui e ti posso dare risposta immediata.”

Annuisco con veemenza: sono estremamente contento per lei. È un grosso lavoro, i suoi margini sono molto alti perché deve pagare solo il materiale. Certo, non costa poco, ma tutti i costi di lavorazione sono il suo guadagno. Un bel guadagno.

“Va bene Franco!” intervengo. “Ti ringrazio anch’io per l’invito, ma permetti che sia io a offrire.” gli dico.
“Ma non se ne parla nemmeno” interloquisce.
“Permettimi di insistere”.
“No, non insistere. Ci vediamo stasera a via Aurelia al km 33.300, verso Ladispoli. Mi raccomando, arrivate per le 18:30. Prenderemo l’aperitivo bordo piscina. Quando state per arrivare al cancello, chiamatemi e vi verrò incontro.” conclude.

Via Aurelia km 33.300. Strano indirizzo. Vado su Google Maps per vedere di cosa si tratta e trovo solo un rivenditore di mobili da giardino, un meccanico e la sede di una fantomatica Associazione Culturale. Dalla pianta vedo un capannone ed una piscina, ma non riesco a capire. StreetView non aiuta in quanto si ferma a quanto presente lungo l’Aurelia. Insomma, non capisco proprio dove andare.

Scrivo a Franco su WhatsApp “Ma sei sicuro al km 33,300? Io vedo solo un’officina auto ed un rivenditore di mobili da giardino…”
“No, devi prendere la traversa che sta tra mobiliere e officina, superi una strada bianca e poi è il primo cancello sulla destra”
Indicazioni chiare, che non lasciano spazio a interpretazione.
“Ok, ma cosa c’è? Lì c’è solo una associazione culturale!” gli scrivo.
“Stasera lo scoprirai” è la sua risposta secca.

Non ne faccio partecipe Francesca, non voglio metterla a disagio.

Poi l’illuminazione. Cerco per il numero di telefono dell’associazione culturale che mi rimanda al profilo di un famoso privé romano, l’Olimpo. È un locale abbastanza famoso a Roma, frequentato da scambisti, da singoli arrapati e da coppie in cerca di avventure per ravvivare i fuochi spenti dell’amore.

Tana! Ci hanno invitato ad un privé.

Guardo un po’ di foto ed in effetti, se non fosse per le sale interne, da fuori il giardino sembra un normale ristorante ben attrezzato per ricevimenti e feste, ampi spazi arredati con gazebo, divanetti, lettini, docce.

Insomma, tutto regolare.
Ma all’interno ci sono le dark room, le sale coppie, le stanze a tema; tutta roba dedicata a scopi ben precisi: lo scambio, le orge.
Devo parlarne a Francesca.

“Amore, vieni qui un momento che ti mostro una cosa” e le faccio vedere il sito della struttura ed il calendario eventi.
“Embè?” chiede con fare interrogativo. “Vuoi portarmi in un privé? Non ti basto io?” tra il seccato ed il polemico.
“Ma no, non sono io. È il luogo dove Franco e Livia ci hanno invitato stasera.” le spiego. “Ricordi quando ci dissero che avevano avuto esperienze e che frequentavano una sauna erotica?” le rammento.
“Si, vagamente”.
“Ecco, stasera non ci portano ad una sauna ma ad un locale da scambisti, ad un privé. Almeno credo.” le dico.
“Ora amore mio possiamo fare due cose. La prima è quella di chiamarli e mandarli a quel paese, oppure inventare una scusa e non andare, ma poi avremo il problema la prossima volta. La seconda invece è più sottile. Noi andiamo, cadiamo dalle nuvole ma chiariamo subito che non faremo nulla e che a noi quelle cose non interessano, GIUSTO? PERCHÉ A NOI QUELLE COSE NON INTERESSANO, NO?” l’ultima frase sottolineata con un tono di voce più marcato.
“Paolo, lo sai che io ti seguirei in capo al mondo e che non c’è nessun altro di cui mi fidi di più, dopo me stessa. Se tu mi dici di provare e mi spieghi il perché ed il per come, come sai fare molto bene, io non ho motivo di dire no a priori a cose che non conosco. Tu conosci questo posto? Sai come funziona?”
“No Fra, non lo conosco. So all’incirca come funzionano questi luoghi, cosa si fa e perché ci si va, ma non ho idea di come comportarmi. So però che questi posti sopravvivono grazie alle coppie che li frequentano e che muovono il giro dei singoli che sono quelli che poi pagano tutto l’ambaradan. Il loro scopo è quello di attirare coppie, inizialmente anche non favorevoli allo scambio, ma magari disposte a trasgredire un po’, un po’ come abbiamo fatto noi con Livia e Fabrizio, ricordi? Tutto è nato per caso. E noi abbiamo accettato di sperimentare. Ma non è che lo facciamo sempre. Intendo, abbiamo fatto qualcosa ma per noi, per il nostro piacere di coppia. Almeno, io l’ho intesa così.”
“Ma si Paolo, lo so. Pensi che se non fossi stata d’accordo avrei accettato tutto senza fiatare? E poi non lo sai, ma la …doppia penetrazione in barca è stata il coronamento di un sogno che mi portavo appresso da una vita. Giuro!”
“Quindi, se tu mi dici di provare ad andare perché non ci dobbiamo impegnare a fare nulla, sono assolutamente d’accordo con te.”
“Ad esempio, dieci giorni fa quando siamo andati alla festa del professore, sei stato tu a chiudere la serata ed andare via prima che si scatenasse l’orgia, o no? Ecco, lì mi hai letto nel pensiero, non avevo proprio nessuna voglia di rimanere in quell’ambiente così… marcio.”
“Nel contempo, quando mi hai portato da Sara, abbiamo fatto una cosa bellissima a tre, che ho apprezzato moltissimo e che mi ha dato molto piacere. Non mi sono sentita costretta, tutto è successo naturalmente e quindi ho solo bei ricordi.”
“Questo per dirti che non ho motivo di dire no a priori, se tu reputi che sia una cosa comunque accettabile e che non ci vincola in alcun modo. Allora, andiamo e poi vediamo. Fosse un macello, ce ne andiamo. Se no, rimaniamo. E poi, detto tra noi, se devo firmare quel contratto per quel lavoro in Sardegna, come dire, Parigi val bene una messa…”
“Si, in culo!” e scoppiamo a ridere.

Ci abbracciamo e ci baciamo. Siamo sempre più affiatati. Inizio a intravedere un futuro roseo, per Francesca e per me.

Stiamo per strada. È giovedì pomeriggio, il traffico è un po’ più sostenuto del solito sull’Aurelia perché c’è già il rientro a casa dei pendolari che abitano a Cerveteri e Ladispoli, e un po’ di movimento locale. In più, la sfilza di autovelox tra Palidoro e Ladispoli rende il traffico ancor più lento. Ma sono pochi chilometri dal Raccordo ed in quarto d’ora siamo all’incrocio che, ironia della sorte, si trova giusto poche centinaia di metri dopo il cimitero di Palidoro.

“Francesca, amore, siamo ancora in tempo per tornare indietro. Decidi tu senza problemi” le dico con la massima tranquillità e serenità. Non voglio assolutamente che le si senta forzata a fare cose che non vuole. E soprattutto, non voglio che queste uscite diventino occasioni di sesso senz’anima, come dice lei.
“Dai Paolo, abbiamo detto che se ci troviamo in difficoltà andiamo via. Mi hai assicurato che nessuno può forzarci o a metterci in condizione di sottostare a diktat sessuali, per cui non vedo il problema. E poi ti dirò una cosa: a questo punto sono curiosa di sapere cosa c’è dietro, cosa fanno, come si muovono…Tu no?” mi chiede.
“Beh, sinceramente un po’ la situazione mi incuriosisce. Ma non sono certo che mi piaccia. O meglio, l’idea di vederti tra le braccia di un altro mi dà fastidio…”
“Si, come con Fabrizio e Livia, vero?” scherza e mi fa l’occhiolino.

“Aridaje! Ma se mi hai appena detto che quella era un’altra cosa e che eri curiosa di provare…che fai, mi sfrucugli?”
“Paolo amore mio, sto scherzando. Quello che ti ho detto è vero, ero curiosa e desiderosa di farlo, ci è capitata l’occasione con delle persone stupende e non rimpiango assolutamente nulla, anche perché, diciamocelo, è stata una cosa pazzesca, no?”

E mi bacia dolcemente sulla guancia.

“Siamo arrivati, aspetta che chiamo Franco” le dico.
“Franco, sono Paolo, siamo qui all’ingresso.”
“Suono al citofono? Si, ok.”
“E che devo dire? Ok, bene. Ecco, stiamo entrando.”
Entro nella recinzione ed un guardiamacchine mi indica dove parcheggiare.

Vado ad aprire lo sportello a Francesca e la aiuto a scendere. La vista di una gamba nuda e sottile che indossa una scarpa con tacco alto è sempre qualcosa di particolarmente eccitante. Se poi la gamba è quella della donna che ami, la cosa è ancora più eccitante, se possibile.

Francesca ha deciso per un vestito estivo appena sopra al ginocchio, molto accollato avanti e con la schiena nuda dietro. Uno spacco dal collo alla vita taglia in due il corpetto. Ovviamente, non porta reggiseno sotto il vestito. Pochi gioielli, giusto un paio di bracciali, orecchini e due begli anelli. Una sottile cavigliera messa a sinistra ad indicare “Sono impegnata e fedele. Lasciate perdere e state lontano”. Avevo imparato questo segnale anni fa, con la mia precedente moglie, e noto che Francesca conosce anche lei il significato di certi segni.

Bene.

Franco e Livia ci vengono incontro. Sono entrambi ben vestiti, Livia indossa un completo giacca e pantaloni bianchi, la giacca indossata a pelle e lasciata aperta. Sotto i pantaloni, sandali gioiello con tacco altissimo. Anche Livia è molto elegante. Noi uomini invece non ci distinguiamo per originalità: entrambi vestito blu di lino con camicia bianca e mocassini estivi. Un classico al limite della banalità.

Entriamo nel giardino ove troviamo un gran numero di persone ancora intente a fare il bagno in piscina, o distese sotto i gazebo coperti da teli di leggerissima organza di cotone.

Sembrerebbe un normale locale con piscina e ristorante se non fosse che la maggior parte della gente è nuda e molti sono impegnati a … fare sesso in coppie, trii, gruppi. “Un uomo, una donna, un uomo, un uomo, una donna, una donna…” come Verdone in “In viaggio con papà”. Franco tira dritto e ci guida ad un gazebo in una zona tranquilla, prossima ai tavoli del ristorante e frequentata per lo più da coppie vestite ed intente a sorseggiare un aperitivo.

Ci mettiamo anche noi seduti sotto al gazebo ed ordiniamo l’aperitivo.

“Champagne?” chiede Franco.
“Veramente, se non ti dispiace gradirei di più del vino bianco o, altrimenti, del prosecco.” dice Francesca. “Lo champagne non mi fa impazzire”.
“Anch’io del vino bianco, Franco” interviene Livia, “lo preferisco anch’io”.
“E bianco sia, Franco” mi accodo.

Franco fa portare una bottiglia di Satrico ben ghiacciata e me la fa assaggiare. “Ti dirò, faccio sempre fatica a capire se il vino bianco è buono o meno. Controlla tu per favore”.

Il vino è ottimo, forse un po’ troppo freddo, ma con il caldo che fa, dubito che il prossimo bicchiere, nonostante il secchiello e la glacette, sarà altrettanto ghiacciato.

La conversazione scorre leggera, facciamo finta che tutto sia assolutamente normale attorno a noi. Anzi, ad un certo punto Franco tira fuori dalla tasca della giacca una busta e la porge a Francesca.

“Francesca, qui c’è il contratto firmato con l’accettazione dell’offerta. Mi sono permesso di allegare un assegno circolare per il 20% della somma a titolo di anticipo per comprare i materiali. Come da accordi, iniziamo il 10 settembre, va bene?”

Francesca apre la busta, legge rapidamente il contratto e poi degna di attenzione l’assegno. Per un attimo sgrana gli occhi. È un assegno a cinque cifre, un importo sostanzioso. Ringrazia, rimette tutto nella busta e poi mi prega di metterlo nella tasca della mia giacca, visto che nella sua pochette non entra di certo.

E tutto continuerebbe così se non fosse che proprio al gazebo accanto si appropinquano due coppie seguite da un manipolo di singoli che si stanno masturbando aspettando il loro turno.
Onestamente, uno spettacolo abbastanza squallido per come si è palesato e per come si sta svolgendo.
Leggo sul volto di Francesca, ma anche su quello di Livia, un senso di disgusto e delusione.
Franco prende in mano prontamente la situazione e ci guida al tavolo per la cena. Sono le nove passate da poco, ed il ristorante inizia a riempirsi.
Ci tiene a spiegarci che ci sono due turni, il giovedì. Nel pomeriggio possono entrare i singoli, ma solo fino alle 21. Dopo, il locale è dedicato solo alle coppie.
Noi siamo stati invitati lì prima perché ci volevano far fare un giro del locale di giorno, ma oggi la situazione era un po’ sfuggita di mano agli organizzatori che avevano concesso l’ingresso a persone non certo raffinate, come invece intendeva essere. Ma tant’è, quella era la gente che, fortunatamente, stava andando via.

Ed in effetti, nei minuti successivi i tavoli accanto al nostro si sono popolati di coppie in apparenza distinte e discrete, niente urla o comportamenti fuori delle righe. Ora, se ci avessero detto che eravamo in un locale di scambisti, non ci avremmo creduto.

Mangiammo cibo discreto, accettabile nella forma, un po’ meno nella sostanza. Ma sinceramente, non eravamo lì per mangiare… o almeno, non solo per mangiare.

Ad un certo punto, verso le dieci e mezza suona un gong e la gente ai tavoli inizia a defluire verso l’interno. Qualcuno rimane all’esterno e si accomoda sotto i gazebo.

Franco ci spiega che le persone sono andate a cambiarsi o a spogliarsi negli spogliatoi all’interno. Qualcuno si fermerà e andrà ad occupare le varie dark room, le camere a tema ed inizierà a dar fuoco alle polveri. Gli altri torneranno in piscina, a darsi da fare lì.

“Noi vorremmo andare a cambiarci, se non vi dispiace. Torniamo tra qualche minuto. Se però voleste seguirci e cambiarvi anche voi…”
“Cambiarci in che senso?” gli chiedo.
“Cambiarvi, spogliarvi. Insomma, mettetevi a vostro agio, se volete” ci risponde Livia.
“Noi stiamo bene così, al momento” risponde Francesca.
“Ma non andrete via subito?” ci chiede Franco.
“No, tranquillo. Fra ed io abbiamo deciso di fermarci comunque e vedere cosa succede, se è possibile senza essere coinvolti” aggiungo io.
“Si sì, potete fare quel che volete. Oggi ci sono solo coppie e tutti hanno rispetto per le coppie inesperte o che sono qui per capire o trasgredire un po’. Nessuno vi disturberà né vi si avvicinerà a meno che non siate voi a chiederlo. Qui vige un rispetto molto stretto dell’etichetta, se così si può dire.” conclude Franco.
“Grazie Franco, lo avevo immaginato. Tranquilli, andate pure, noi vi aspettiamo qui.”
“Ah, Paolo, se te e Francesca voleste un goccio di whiskey, una grappa, un limoncello, fai un cenno al cameriere e fai portare quel che gradite. Ok?”
“Grazie. Ma possiamo muoverci o è meglio che restiamo qui al gazebo?”
“Ma no, girate pure e andate dove volete. Nessuno vi disturberà. Il fatto che siete vestiti è il vostro salvacondotto per andare al bar, alla discoteca, ma non nelle stanze delle coppie. O almeno, non vestiti così. Ma lo capirete da soli. A dopo!”

E spariscono nel buio verso il corpo di fabbrica dove c’erano gli spogliatoi ed i servizi.

“Prendiamo qualcosa da bere? Ti va un limoncello, un amaro, una sambuca?” le chiedo.
“Un amaro va benissimo, grazie.”
Faccio un cenno al cameriere che gentile e premuroso si avvicina per chiedere cosa gradiamo.

Lo interroghiamo su amari e whiskey disponibili e facciamo le nostre scelte.

Prima che se ne andasse, Francesca gli chiede dove siano le toilette. Il cameriere indica sia quelle all’interno del locale che quelle alle nostre spalle, dietro i gazebo e accanto alle cabine.

Francesca si dirige verso quelle più vicine e mi chiede di accompagnarla.

Ci rechiamo verso la toilette delle signore e notiamo che ci sono almeno due donne inginocchiate che stanno facendo un pompino ad altrettanti uomini, uno a fianco all’altro, proprio davanti all’ingresso.

“Scusateci, la signora deve passare” chiedo permesso.
“Ah, uh, SIII, dai, tutto in gola, siii” le risposte.

Non si passa. Almeno, non adesso.
“Fra, vieni andiamo a quella degli uomini, faccio io la guardia.” le dico e ci dirigiamo verso la cabina di fronte.
Apro la porta e ci sono altre due coppie occupate a trombare a pecorina con le donne appoggiate ai due lavandini.

“Dovrei andare al bagno, scusate!” dice Francesca.
Si, ok. Bella, spostate che famo passà ‘a signora. Scanzete co’ quer culo, e movite. La scusi signo’, questa è bulgara e mica ce capisce molto l’italiano, ma er cazzo je piace, oh se je piace… Er marito qui se sta a scopa’ a donna mia, così se fa ‘na ripassatina anche lui de italiano, è vvero amo’?

Sbottiamo a ridere come matti.
Riesco a far entrare nel bagno Francesca.
“Amore, non c’è carta, me ne prenderesti un pezzo nell’altro bagno?”
Tenga dottò, qui c’è n’rotolo. Ah bella, passame ‘n’po’ quel rotolo de carta che je lo damo ar dottore che je serve pe’ la signora. Tanto a noi nun ce serve che me pulisci tu co’ ‘a lingua, no?
Altra risata di cuore.
Amo, questo me lo sta a appizzà ar culo. Che famo, je lo do’ o no? Tanto è pure piccolo e manco o sento a questo…

Da film.
“Francesca, famolo strano!” e giù a ridere come scemi, mentre lei apre la porta ancora con le mutandine alle caviglie piegata in due dalle risate.
“E niente, amore, me le sono sporcate mentre ridevo!” dice.
“TE LA SEI FATTA SOTTO???” le chiedo divertito.
“Ma no!!! È che mi sono scivolate per terra mentre ridevo. Dai, le tolgo e le metto in borsa. Ah, già, ma qui in borsa non entrano!” e mostra la pochette. “Non qui dentro, almeno.”

“Vabbè, dalle a me. Ci penso io.”
Le ripiego accuratamente e le metto nella tasca posteriore dei pantaloni. Sono talmente piccole e sottili che quasi non si sentono.

“Beh, buona sera e buon proseguimento, signori” rivolto alle due coppie.
Dottò, non se lasci fregà. Qui ‘so tutti assatanati. La settimana scorsa io e mia moglie se ne semo passate sei de coppie, e tutte e sei se le semo dovute incula’ perché senno’ nun ce lasciaveno anna’… Te lo ricordi Jessica?”
“E come no, Iva’. Ancora me sta a fa male er culo. Però sta settimana ho cacato mejo, o sai?”

Gessica e Ivano, proprio come quelli di Famolo Strano.
Incredibile.
Prendo Francesca sotto braccio e ci ridirigiamo verso il nostro gazebo.

“Ti senti a disagio, amore?” le chiedo.
“Ma che sei matto? Mi sto scompisciando dalle risate. Quei due m’hanno fatto morire!” mi risponde.
“Faresti sesso con loro?”
“No, mai. Non riuscirei. Starei a ridere continuamente. M’immagino Jessica che si toglie la gomma dalla bocca prima di farti un pompino…” e giù un’altra risata.

C’ha messo di buon umore.
Ci sdraiamo giusto in tempo mentre arriva il cameriere con i nostri liquori.

“Il dott. M. (Franco, n.d.A.) mi ha pregato di dirvi che se volete, vi aspetta alla stanza degli specchi. Devo riferire?” ci dice il cameriere
“Gli dica…gli dica che…”
“Gli dica che lo raggiungiamo tra qualche minuto, come abbiamo finito di bere. Grazie!” interviene Francesca.
“Si certamente, signora. Grazie”

“Ora mi spieghi, Fra” dopo che il cameriere si è allontanato.
“Niente, Paolo, sono curiosa. Hai detto che possiamo non fare nulla e decidere di non partecipare ai giochi, ma nessuno ci impedisce di vedere. Guardare e non toccare. Giusto?”
“Ok. Guardare e non toccare. Ma almeno, io posso toccarti? Se mi dovesse scattare la molla… sapere che posso accarezzarti il culo mi tranquillizza…”
“Vedremo” con uno sguardo in tralice.

Finiamo i nostri liquori e ci avviamo verso l’edificio centrale. Entriamo da una porta finestra e ci troviamo in un grande salone con l’angolo bar ed una serie di divanetti. Al barista chiediamo dove sia la stanza degli specchi; ci indica la direzione e ci dice “seconda porta a sinistra”.

Ci appropinquiamo verso la stanza, attraversando un vasto locale arredato con numerosi divani rotondi al centro di altri divanetti normali, come altari del sesso circondati dai banchi dei fedeli guardoni.

Parecchi di questi grossi pouf sono occupati da coppie, trii, mucchi di corpi aggrovigliati in pose serpentine, in trenini del sesso agganciati capo e coda. Mugolii di piacere ed inviti a spingere di più si elevano come tanti peana a Bacco da parte delle Baccanti.

Dorè avrebbe ricavato ottimi spunti per illustrare l’Inferno da queste panoplie.
Giungiamo alla stanza degli specchi.
La porta è aperta.

Al centro troneggia un letto ricoperto di pelle sintetica rossa, le luci rosso arancio si riflettono sulle pareti e sul soffitto interamente ricoperti di specchi che rimbalzano, ripetendole all’infinito, le immagini dei corpi avvinghiati, dei membri sfoderati, delle vulve rigonfie.

Franco e Livia sono impegnati in un 4some con un’altra coppia. Franco sta penetrando la lei dell’altra coppia, che a sua volta lecca ed accarezza la fica di Livia, che nel frattempo spompina l’altro lui.
Ci sediamo ad un angolo, le gambe conserte e le braccia raccolte in grembo.
Dopo qualche minuto di gemiti ed un paio di orgasmi, le due coppie si sciolgono e si separano. Franco e Livia si ricompongono e ci raccontano.

“Era una coppia che abbiamo conosciuto il mese scorso. Per loro era la prima volta in assoluto, sono rimasti a guardarci, poi sono tornati la volta successiva ed hanno fatto sesso tra di loro davanti ad altre coppie, poi hanno accettato le avance di Livia e successivamente abbiamo provato a divertirci in quattro. Però solo oggi si sono lasciati andare…”

“Magari vorreste provare. O magari preferite fare un po’ di baldoria fra voi due mentre noi vi guardiamo e vi proteggiamo da intrusioni indesiderate?” ci chiede Franco, mentre Livia si avvicina ad accarezzare la schiena di Francesca.

“Franco, Livia, non ce ne vogliate, ma a noi questo modo di fare sesso non ci stimola.”
È Francesca che risponde e chiarisce.

“Volete sapere una cosa? Abbiamo conosciuto alle toilette una coppia irreale, assurda, avete presente Famolo strano di Verdone? Ecco, uguali. E si chiamano allo stesso modo, Jessica e Ivano. Bori uguali, ma molto più veraci delle macchiette del film. Ci siamo fatti pazze risate mentre Francesca cercava di andare in bagno. Ecco, quel momento è stato divertente, stavano facendo sesso e ridevano come matti” spiega.
“Personalmente non riuscirei a fare nulla con una coppia così, mi disarmerebbe, ma credo di non essere capace di fare altro in questo momento, in questa situazione.” intervengo.
“Capiamo il vostro sforzo di metterci a nostro agio, ma sinceramente non ci troviamo, non proviamo alcuno stimolo.” concludo, sorridendo ma esprimendo fermezza.
“Eppure eravamo sicuri che avreste provato” risponde Livia.
“Livia, noi abbiamo apprezzato molto il vostro invito” risponde Francesca.
“Non ti nascondo che con Paolo abbiamo cercato informazioni su questo posto, ed è stato abbastanza facile scoprire che è un sito frequentato anche da scambisti.”
“Io non sono bacchettona, non mi vergogno di spogliarmi né chiudo gli occhi scandalizzata se vedo un pisello nudo o assisto ad atti di sesso esplicito.”
“Il sesso mi piace molto, non riuscirei a vivere senza. Ma ciò non significa che debba per forza provare tutto ciò che impatta sulla sfera sessuale.”
“Magari la prossima volta Paolo ed io potremmo essere incuriositi e provare a partecipare passivamente. Ma oggi, sinceramente non me la sento.” conclude.
“Ed io non posso che uniformarmi al desiderio del mio amore” le dico guardandola negli occhi mentre le stringo le mani al mio petto.
“Ciò non significa che non possiamo continuare a frequentarci lo stesso, fuori da qui. Siete persone amabili e simpaticissime. Anzi, mi farebbe piacere avervi a cena a casa la prossima settimana.” dico loro.
“Vi prometto che sapremo farci perdonare per stasera!” mentre abbraccio Francesca forte forte.

E proprio in quel momento, entrano nella stanza degli specchi almeno una decina di persone visibilmente eccitate “Vi serve la stanza, volete partecipare?” ci chiede uno di loro.

“No grazie, noi andiamo” risponde con cortesia Francesca, senza alcuna ritrosia o difficoltà ad interfacciare quel gruppo di persone completamente nude che si toccano, si baciano, si accarezzano senza alcun pudore.

E seguiti da Franco a Livia, che nel frattempo si sono ricomposti, andiamo verso l’uscita.

“Allora, grazie mille per la piacevole serata.”

Saluto affettuosamente Livia e stringo la mano a Franco. Francesca, più ecumenica, abbraccia e bacia entrambi. “Non vi preoccupate, noi ci siamo comunque divertiti!” li saluto, sorridendo al pensiero della coppia di Famolo strano.

Scritto da:

Mi piace raccontare di me e delle mie storie, anche del lato erotico che le ha pervase. Ma racconto anche della mia vita, dei miei amori, delle mie passioni, dei miei dolori.

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