“Faremo l’amore tutto il pomeriggio”

Linda si adagiò con il capo sul petto di Tommaso con un sospiro di soddisfazione. Si passò una mano sulle labbra, prendendo una goccia di sborra e mettendosela in bocca, sorridendo.

      Lui la strinse a sé, baciandola sui capelli. «Sei stata incredibile» le disse, stringendola a sé. E non poteva negare che quello era stato uno dei migliori pompini che una donna gli avesse mai dato. Quanto avrebbe voluto sdraiarla sul letto, aprirle le gambe e affondare il suo viso tra le sue cosce, assaporare il suo giovane sesso, leccare le sue labbra, suggere il suo clitoride, sentirla ansimare di piacere fino a farla contorcere con il miglior orgasmo della sua vita.

      Ma, se alla sinistra c’era la ragazza di cui era follemente innamorato, come a ricordargli che non gli era possibile, sull’altro pettorale si appoggiò Tania.

      «Sta davvero migliorando, la puttanella» commentò. «Farà faville alla gara» aggiunse, con una nota di orgoglio che solo i maestri di arti marziali dei film sembravano esprimere nel vedere il proprio allievo prediletto essere accettato nell’annuale torneo di karate.

      Tommaso non disse nulla, ma la mano che accarezzava silenziosamente una chiappa di Linda bastava alla bionda per capire quanto lui fosse orgoglioso di lei, facendola sorridere. Il ragazzo chiuse gli occhi, rilassandosi un momento, lasciando che le due ragazze si perdessero nelle loro chiacchiere: com’è andata la scuola per Linda, il lavoro per Tania, dove prevedevano di andare in vacanza quell’estate. Gli sembrò impossibile che le due potessero andare tanto d’accordo, considerando che stavano competendo per lo stesso uomo, e Tania stava, senza saperlo, perdendo, battuta da una ragazza che fino a una settimana prima non sapeva quasi fare sesso e che lei stessa aveva e stava istruendo, insegnandole i suoi trucchi e segreti migliori.

      Non per la prima volta, Tommaso si domandò come l’avrebbe presa la sua trombamica quando l’avrebbe scaricata per fidanzarsi con Linda. Sarebbe stato meglio non farglielo sapere mentre quest’ultima era presente: non si prospettava uno spettacolo particolarmente piacevole.

      Aprì gli occhi e si sporse oltre la testa di Tania, leggendo l’orario sulla sveglia accanto al diffusore di aromi a ultrasuoni che da un paio di ore o tre riempiva la camera di profumo di pesca. «Mi sa che devo andare alla lezione di krav maga».

      Tania sbuffò. «Oh, devi andare anche questa sera?»

      Il ragazzo chiese a Linda di spostarsi un po’ e si mise a sedere. «Cara mia, devo proteggermi dalle ragazze che cercando di trascinarmi nei vicoli per farsela leccare» rispose, scendendo dal letto e avvicinandosi all’armadio. Aprì un cassetto e cominciò a estrarre un paio di magliette blu scuro, pantaloncini e calzini, ponendoli in una sacca da palestra verde.

      «Non dimenticare il sospensorio» gli ricordò Tania. «Non voglio che facciano del male al tuo uccello» spiegò con un occhiolino.

      «Dovrei iscrivermi anch’io» disse Linda. Tommaso non ebbe difficoltà a leggere tra le righe e capire che la sua idea era essenzialmente un modo per restargli vicino.

      Tania non aveva mai visto particolarmente di buon occhio l’abitudine di Tommaso di fare sport. Per lei l’unica attività fisica era quella che si compiva in camera da letto, e le sue maratone si svolgevano dentro e fuori dai negozi di abiti. Nonostante questo, fu d’accordo con la studentessa. «Beh, dopo che avrai stracciato le tue avversarie, sarà meglio se sai allontanare le invidiose e gli spasimanti» concordò, sebbene non fosse difficile ritrovare una sfumatura di ironia nelle sue parole. Poi si avvicinò alla ragazza e iniziò ad abbracciarla e baciarla.

      Linda ricambiò volentieri le attenzioni della sua insegnate.

      «Quando avete finito di limonare, posso portare io a casa Linda» disse Tommaso, chiudendo la sacca e prendendo il necessario per farsi il bagno. «Ma sembrerebbe che siate troppo impegnate per ascoltare…»

***

      Tommaso, in realtà, seppe solo quella sera, con precisione, dove abitava davvero la ragazza di cui era innamorato.

      Dopo essersi lavato e aver lasciato che anche Linda si desse una rinfrescata in bagno, avevano salutato Tania che si era messa ai fornelli a prepararsi qualcosa di non più complicato di un paio di toast con un pomodoro ed erano saliti sulla macchina del ragazzo, una Punto blu di seconda mano. Non si erano scambiati molte parole durante il viaggio, che non era durato comunque molto: la ragazza viveva dall’altra parte di Caregan, ma il traffico era scarso e la cittadina non era poi tanto grande, e in meno di dieci minuti erano sotto il condominio dove abitava la famiglia Zanetti.

      La Punto rallentò uscendo dalla strada ed immettendosi in un piazzale dal fondo composto da cubetti grigi circondata da condomini formati da una dozzina di piani ciascuno, illuminata dalle ultime luci della sera. Tommaso lanciò un’occhiata fuori dal finestrino mentre si fermava in un posto auto libero, osservando gli edifici. Non erano particolarmente alti, e non sembravano neppure troppo impressionanti esteticamente, ma il ragazzo suppose fosse comunque meglio che vivere in una casa popolare. Erano circondate da un giardinetto composto da un semplice prato tagliato di fresco con un paio di vialetti scortati da quelle che dovevano essere luci esterne per renderli visibili di notte. Il muro del piano inferiore era pitturato di un marrone che ricordava quello delle confezioni della Coppa del Nonno, in cui si apriva un portone con le imposte di vetro; sopra lo stesso, per ogni piano, di un marrone più chiaro, si ripeteva una terrazza con la ringhiera bianca fino a raggiungere il tetto, affiancata a sinistra da una finestra mentre a destra erano una coppia. Attorno alla piazzetta sorgevano cinque condomini identici, che incombevano su di loro come se stessero scrutando delle formiche capitate per caso in mezzo a loro.

      Per qualche motivo, Tommaso si sentiva osservato, ma cercò di non pensarci. Si rivolse a Linda, ma non fece in tempo ad aprire bocca che si ritrovò le labbra della ragazza contro le sue. Lei sembrò mettersi in piedi nella macchina, mettendo le mani sulle guance del ragazzo, come se temesse che fuggisse, e iniziò a baciarlo.

      Lui non oppose resistenza, ma anzi le dimostrò il suo apprezzamento appoggiando una mano sulla sua nuca e facendo scivolare la punta della lingua tra le sue labbra. Lei aumentò l’impeto della sua passione, e per un paio di minuti rimasero in quella posizione, ignorando chi passasse e li guardava, invidiosi o meno che potessero essere. Non pensarono nemmeno al rischio che i genitori di lei o qualche suo conoscente potessero scoprirli.

      Si staccarono con il fiatone ma soddisfatti, continuando a baciarsi con lo sguardo, persi ognuno negli occhi dell’amante.

      «Mi mancherai, Linda».

      «Anche tu mi mancherai. Diavolo, quanto mi sento sola quando non ci sei tu…»

      Tommaso le prese una mano tra le sue. «Abbi pazienza, amore».

      Un sorriso le illuminò il viso e l’anima a quella parola. «Venerdì pomeriggio i miei non ci sono» disse Linda. «L’appartamento è libero e…» lei si interruppe, arrossendo, ma fu semplice per lui capire cosa volesse aggiungere.

      Tommaso la baciò sulla fronte. «Troverò una scusa con Tania per non essere a casa mia ma nella tua».

      «Sì!» trillò la ragazza, abbracciandolo. «Faremo l’amore tutto il pomeriggio».

      Lui l’abbracciò a sua volta, e se si chiese se Linda fosse diventata anche lei una malata del sesso come Tania o se, dopo un periodo in cui non avesse voluto far altro che l’amore, avrebbe accettato anche attività in cui era consigliabile l’uso di abiti e magari all’aperto. Beh, avrebbe visto in futuro, e doveva ammettere che al momento anche lui non riusciva a pensare ad altro che dare piacere alla ragazza che sedeva accanto a lui.

       «Comunque, mi sa che qui ci sono già stato» confessò lui, dopo che lei l’aveva liberato da suo abbraccio. Si guardò attorno, osservando i condomini. Per qualche motivo sembravano affliggerlo. «Forse…»

      Linda lo guardò, senza dire nulla per qualche secondo, confusa.

      «Ah» disse infine lui, ricordando, «qui abita… come si chiama…» Fece schioccare un paio di volte le dita di una mano, come se questo potesse richiamare alla memoria un nome. «Tipo…»

      La ragazza lo guardò incuriosita. «Qui è pieno di gente che va e viene. Penso di conoscere un decimo delle famiglie che vivono nella zona. Ma era un tuo amico?»

      Lui ricambiò lo sguardo. «Chi? Oh, per nulla. Era un coglione fatto e finito. Veniva a scuola con me, gli ultimi anni delle superiori. Credo l’abbiano bocciato a raffica».

      Lei fece una smorfia come se stesse guardando un ragno peloso intento a succhiare il sangue ad un pipistrello. «Ah, stai parlando di Mauro? Alto, magro, sorriso da idiota perennemente sul suo brutto muso?» Ad un accenno del ragazzo, che sembrò imitare l’espressione di Linda, lei confessò: «Mi mette i brividi, quello stronzo». indicò uno dei condomini fuori dal finestrino. «Abita lì, non so in quale piano, ma è proprio davanti alla finestra della mia camera».

      Tommaso non disse nulla, ma nella sua mente compativa la ragazza: lui aveva dovuto passare due anni in classe con quell’idiota, e lo avevano segnato. Era violento, di una stupidità intellettiva e sociale che sembrava quasi ci si mettesse d’impegno per raggiungere livelli tanto eccelsi. Uno che, invece di studiare, avrebbe dovuto ricevere a sei anni una zappa ed un paio di ettari di terreno da dissodare: non avrebbe di certo potuto dare contributi alla razza umana in altra maniera.

      Il ragazzo fissò il condominio che la ragazza indicava. Sì, adesso ricordava che anche un suo compagno delle superiori, un giorno che erano passati nei pressi, gli aveva detto che Mauro abitava in quell’edificio. Forse era per quello che, in seguito, aveva sempre inconsciamente evitato quella zona di Caregan.

      Si diedero un ultimo bacio, Tommaso che prometteva di liberarsi per venerdì pomeriggio per andare a casa sua. Lei fu davvero felice a quelle parole.

      Lui la guardò entrare nel suo condominio con lo zaino sulle spalle dopo che lo ebbe salutato un’ultima volta prima di scomparire nelle viscere del grande edificio, poi fece manovra ed uscì dalla piazzetta. Si chiese come si sarebbe comportato con le ragazze che avrebbe incontrato alla lezione di krav maga e spesso ci provavano con lui: un paio gli piacevano, ma se non aveva concluso con loro mentre frequentava Tania, adesso non ci sarebbe stata più nessuna speranza le ragazze.

Continua…

Nella raccolta:

Una storia di amore, rivalsa e pompini.

Scritto da:

Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova

2 commenti

  1. PaoloSC
    31/07/2024
    11:45

    Strano che uno dei racconti più belli ed intriganti letti qui non abbia raccolto consensi.
    Attendevo l’ultimo episodio per commentare, ma l’ impazienza mi porta a richiedere a gran voce il seguito…

    1. William Kasanova
      31/07/2024
      14:54

      Grazie, Paolo, per l’apprezzamento.
      Se davvero volevi commentare nell’ultimo episodio, temo che avresti dovuto aspettare almeno fino a ottobre perché mancano ancora 16 o 17 capitoli per la conclusione della storia (e deve ancora iniziare la parte interessante…). Considera che carico nel sito un nuovo capitolo il giorno che viene pubblicato quello precedente, e richiede solitamente 4 o 5 giorni prima che venga accettato dai moderatori e pubblicato: non ne carico più di uno alla volta per non rischiare di trovarmi con i capitoli pubblicati in ordine sparso.
      Di nuovo, Paolo, ti ringrazio per l’apprezzamento!

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