I furono benefici dell’aloe

Come dice Vasco? La sera che arriva non è mai diversa dalla sera prima. Infatti Francesco era di nuovo ubriaco a merda, solo che lui la figa non la cercava in discoteca. No, lui preferiva battere le strade in cerca della puttana più zozza ed essere ubriachi era tutta una tattica per trovare quella peggiore e farsela andare comunque bene.

Sta di fatto, che mentre era lì a strizzare dolorosamente gli occhi gonfi di ebbrezza, contro la luce aggressiva delle insegne al neon, che gettavano all’intorno un’atmosfera da set di Blade Runner dei poveri, d’incanto, avvolta dalla foschia e dall’iridescenza di un casinò, vide la sua bella.

Era costei di fattezze tarchiate, il tanga di pelle che strizzava la cellulite del suo culo attraverso i fori a diamante dei suoi collant a rete, il corpetto lucido che le alzava il seno mal rifatto fino alla clavicola e le labbra a babbuino, perfette per un bel pompino a lume di faro del benzinaio, sventagliate da un paio di lunghissime ciglia finte, sormontate, per concludere in bellezza, da una chioma di paglia con una ricrescita incipiente.

Mmm…un vero roito.

Francesco strabuzzò gli occhi, sputacchiando e virò di colpo perigliosamente, inclinandosi un po’ insieme al volante, per accostarsi all’angelica creatura. Dietro di lui un rombo e delle bestemmie.

Prima di tirare giù il finestrino, persino nel totale oblio dell’alcol, si assicurò di essere dal lato giusto della strada. Non voleva turgide sorprese sotto la gonna stavolta.

“Ciao caro, sei qui per me?”.

Aveva una voce da donna. Bene.

“Quanto fai?”.

“20 la bocca, 30 l’amore, tesoro”.

“Monta”.

“Oh no, quello lo farai tu” ammiccò suadente la creatura ginomorfa, schioccando sonoramente le gemelle dei francobolli di Loredana Bertè.

Francesco guidò bruscamente fino al suo solito angolino all’ombra di una fabbrica dismessa e si slacciò i pantaloni senza tante cerimonie. Lo fece con così tanta foga da farsi male alla mano con la cintura. Guardò poi la zoccolona con un sopracciglio alzato.

“Scegli la bocca dunque?” disse lei, sbattendo i suoi ventagli mascarati.

“Finiscila con la seduzione, mettiti al lavoro e poi vedremo se mi va di fare altro. I soldi non mi preoccupano”.

La donna fece una smorfia, aggrinzando le labbra e aggrottando la fronte, poco colpita dalla scarsa creanza del suo temporaneo sovventore, poi abbassò la testa e cominciò a spompinarlo.

Ah sì, Francesco aveva scelto bene. Le più orride erano sempre quelle con la tecnica migliore.

La donnaccia infatti era una vera maestra e la sua lingua, al momento, stava facendo cose strabilianti al suo frenulo. Su, giù, destra, sinistra, il riflesso faringeo dimenticato da tempo, pareva quasi di lanciare un salame in un corridoio.

Mentre la signorina si dava da fare per guadagnarsi la pagnotta, Francesco poco più su, aveva una mano spalmata contro il finestrino e l’altra affondata nei capelli della sua partner serale, il bacino si muoveva su e giù involontariamente, per cercare di schiacciarsi contro la faccia della disgraziata e seppellire il più possibile il cazzo nel caldo antro. L’aria era pesante, i finestrini appannati dall’alito alcolico di Francesco, si soffocava.

Di colpo afferrò i capelli con più forza e la tirò su, sfilandole il cazzo dalla gola. Lei aveva le lunghe ciglia imperlate di lacrime e le labbra ancora più gonfie, il rossetto fucsia tutto sbavato da un lato.

“Qualcosa non andava caro?”

“No, andava benissimo, ma non respiro qui dentro, scendi”.

Francesco scese dall’auto, non si degnò nemmeno di tirarsi su del tutto i pantaloni, fece il giro dell’auto e le ordinò: “Girati, appoggiati al sedile”.

La donna si girò e fece come le aveva detto, mettendosi a novanta e scuotendo le chiappe. Francesco ne afferrò una bella manata e le strizzò con gusto, mentre se lo menava. Cominciò a tirarle giù il tanga, seguito a ruota dai collant e le toccò la figa già calda. Ci giocò un po’, ficcandoci dentro un paio di dita, pregustando già il calore scivoloso, poi ci fece entrare dentro il cazzo, dopo essersi infilato un preservativo (destrezza sotto effetti dell’alcol +100) e cominciò a spingere sgraziatamente, emettendo suoni da ominide. La donna strinse il sedile per non scivolare in avanti, colta di sorpresa dal poco preavviso e alzò gli occhi al cielo. Va beh, non è che tutti i clienti potessero essere decenti, capitavano anche i coglioni. Rassegnata cominciò a gemere falsamente, mentre dietro di lei, la bestia di un metro e sessantacinque si scatenava. Per fortuna la durata del coito fu proporzionale alla sua altezza. Era in ogni caso impressionata: il tizio puzzava così tanto di alcol che era sorprendente che riuscisse a camminare, tantomeno a scopare e guidare. Comunque, mentre questi pensieri passavano per la mente della sventurata, il nostro eroe finalmente riusciva a venire dentro il suo vestitino di lattice e si appoggiava pesantemente alla portiera aperta, ansimando come un mantice.

La donna a quel punto scosse un po’ le natiche e il cazzo di Francesco sgusciò fuori dalla sua figa col preservativo ciondolante e gravido di sperma. Si rivestì alacremente, si sistemò un po’ le poppe nel corpetto e poi si girò con un finto sorriso e uno sguardo pregnante.

“Ebbene?” mostrando il palmo della mano in modo eloquente. Dopo il trattamento da buzzurro, non avrebbe certo concluso il servizio con maniere cortesi.

“Seh, seh, ho capito” borbottò Francesco aprendo il portafogli e cercando di distinguere le banconote nel buio della notte e dell’alcol.

“Sono 50 caro” disse la prostituta spazientita.

“Ecco. Grazie tante. Ci vediamo.”

“Certo…”. Ma anche no pensò lei e se ne andò sui suoi sgualciti tacchi paralleli, che schioccavano sull’asfalto, mollando Francesco all’ombra del rudere industriale.

***

Dopo aver tirato qualche scatarrata ed essersi sistemato l’uccello nei pantaloni, Francesco si era rimesso alla guida e si era diretto a casa, assolutamente noncurante del suo stato. Che bello essere cittadini responsabili.

Giunto a casa, tuttavia, lo attendeva un’amara sorpresa.

Aveva appena girato l’angolo della sua via con fare un po’ troppo baldanzoso, che una volante della polizia, gli si parò davanti e gli fu intimato di accostare.

“Porca puttana!”

La volante gli fece segno di accostare con più insistenza.

“Cazzo!”

Francesco accostò misuratamente a lato della strada. Almeno lui credeva di averlo fatto misuratamente, ma questi sono dettagli. L’auto della polizia accostò dietro di lui, gli agenti scesero e…

***

Che palle, non ho voglia di descrivere un’altra scena pietosa. Saltiamo un po’ avanti.

***

L’indomani la figlia di Massimo1 tornava col padre da scuola e incappò nel rassegnato Francesco, che guardava la sua auto agganciata al carroattrezzi davanti al nefasto condominio.

“Cos’è successo?” chiese Massimo.

“Eheh, mi hanno beccato un po’ ubriaco. Non è la prima volta…” rispose Francesco, ridendo ebetemente.

Ma va?! Non l’avremmo mai detto!

Tra l’altro, non c’è esattamente da ridere, ma va beh, ormai ci siamo abituati agli exploits del meraviglioso campionario umano di questo posto.

La ragazza, nel frattempo, sghignazzava sotto i baffi, pronta a raccontare tutto alle cugine e farsi due risate.

Insomma, in soldoni Francesco si ritrovò l’ennesima volta senza auto, ma non angustiatevi, questo non era certo un deterrente per lui.

Difatti qualche sera dopo…

***

Che bella la pace, la brezza tiepida delle sere d’estate, un bel libro e…SBRAAAAANG!

“Ma porco…!” la ragazza trattenne a stento una bestemmia.

“Che cazzo succede adesso?!” pensò tra sé e sé sconsolata e si voltò verso la madre, seduta sull’altro divano. La signora le rivolse uno sguardo corrugato dalla preoccupazione che subito si trasformò in esasperazione, quando alla finestra giunsero le bestemmie e gli insulti di Francesco.

La ragazza si alzò in punta di piedi e sbirciò furtiva dalla finestra che dava sul giardino.

Francesco era per terra, mezzo schiacciato dalla bicicletta, che aveva una ruota per aria che girava come nei cartoni animati. La ragazza dedusse che si doveva essere schiantato contro il cancello chiuso. Francesco si rialzò a fatica, ingiuriando, la bicicletta, il prossimo, Dio e anche sé stesso. Una volta rialzata la bicicletta, si mise poi a cercare le chiavi, completamente e perdutamente ubriaco. In tutto questo, miracolosamente, la bottiglia di vino che si stava portando dietro era sopravvissuta allo schianto.

“Cosa succede adesso?” chiese la madre della ragazza avvicinandosi alla finestra.

“Niente, è solo D’altronde ubriaco a merda come al solito. Si è schiantato contro il cancello. Ma puoi?!”

“Oh Signore, che poveretto…”

Mentre avveniva questo scambio, Francesco continuava ad armeggiare con le chiavi, facendole cadere ripetute volte, rischiando di cadere lui stesso nel tentativo di raccoglierle e scoprendo che inserire una chiave in una toppa è molto più complicato che infilare un cazzo in una figa.

Ha.

Ha.

Ha.

Che battuta di merda. Mi eclisso.

Dopo numerosi infruttuosi tentativi, Francesco decise che in fondo quel cancello non era degno delle sue chiavi e accompagnò lentamente la bicicletta al cancello sul retro.

Vi descriverei la scena, ma la potete già immaginare. Farò un breve sommario: bestemmie, fallimento, altre bestemmie, saggia decisione di tornare al precedente cancello perché più semplice da aprire.

Wow.

Tutti questi spostamenti erano intanto accompagnati dal suo incessante bofonchiare cose completamente senza senso.

Sorge una domanda spontanea a questo punto. Se stai messo così male, perché non citofoni a tuo fratello, così ti apre? Ti ricordi di avere un fratello? Sai di essere al mondo? La risposta è ovvia e io mi sto di nuovo facendo vane domande retoriche. Perdonate la mia eccessiva eloquenza, ma è così facile perdersi nel bicchiere di acqua e merda che è la vita qui.

Insomma, infine, con farfuglio trionfante, il cancello venne aperto! Osanna, Hallelujah e Kyrie Eleison!

Francesco scortò la bici fino alla cantina, incespicando nei pedali e si ritrovò davanti un’altra porta. Oh Dio, che strazio! Perdonatemi, quando ho progettato questo episodio non mi ero resa conto di quante ellissi avrei abbisognato.

Diciamo che in qualche modo dolorosamente lungo, riuscì ad accedere all’edificio. Comunque, credo, che stiamo tutti ammirando la caparbietà dell’uomo a questo punto.

Dato che la ragazza era curiosa come una zabetta novantenne, una volta uditi i primi rumori sulle scale, si precipitò allo spioncino, che tante gioie le regalava nelle lunghe ore di studio. Ah, meraviglia! E’ stupendo poter osservare l’uomo regredito ad ominide all’opera nel suo ambiente naturale. Francesco saliva caracollando le scale, quando improvvisamente, mancò il corrimano alla curva della seconda rampa. E si schiantò rovinosamente a terra. La ragazza avrebbe potuto uscire ad aiutarlo? Certo. Sarebbe stata un’azione da buon cristiano? Assolutamente. Ma perché quando i vicini erano sempre così molesti e scandalosi senza alcun motivo? Come ho già detto, andrò all’inferno. Pazienza.

La madre si avvicinò alla figlia che stava emettendo gli stessi suoni di una teiera per non scoppiare in una fragorosa risata.

“Guarda” disse, ridendo come una deficiente. “E’ volato per terra”.

La signora si accostò allo spioncino e si ritirò in fretta. “Ma smettila. Non le voglio neanche vedere ste scene, mi bastano già i miei utenti al lavoro”. Lo disse con tono di rimprovero, ma anche lei stava sogghignando.

Intanto il nostro eroe aveva compiuto la titanica impresa di rimettersi eretto. La bottiglia era ancora intera eh. A questo punto la ragazza era davvero impressionata. Si accigliò un attimo. Francesco stava fissando un punto sulle scale con sguardo vacuo. Restò lì un po’ imbambolato, poi alzò la bottiglia come in benedizione e disse solennemente: “Ecco, tieni” e versò il vino in un angolo. Poi soddisfatto, sorrise, annuì con un grugnito e salì le scale fino alla sua porta, che si chiuse con un sonoro “clang”.

“Ma che cazzo…”

La ragazza uscì dalla porta.

Francesco, in un momento di delirio, doveva aver scambiato l’aloe per uno dei suoi apostoli e le aveva dato il suo vino per la nuova ed eterna alleanza.

“Grandioso, grazie. Dopotutto l’aloe non ci serviva” pensò rassegnata la ragazza, roteando gli occhi e sapendo che la pianta era ormai condannata. Rientrò e diede la notizia alla madre.

“Nooo! Ma gliene ha dato tanto?”

“L’ha inondata”.

“Ma che caspita però. Quello scemo!”

“Beh, non è per essere volgari, ma a parer mio, dobbiamo ringraziare che ci abbia versato il vino e non ci abbia pisciato sopra”

La madre urlò sdegnata il nome della ragazza, che corse in camera sua ridendo.

Note finali:

1- Visto che sono simpatica non sto a spiegarvi chi è Massimo, andate a leggervi "I dolori del giovane Walter".

Scritto da:

Il disagio è il mio pastore.

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