Insieme, a casa

Giungiamo a casa mia e le mostro i vari ambienti. È molto colpita dalla luce e dalla vista. Si avvicina alla libreria e scorre con il dito i titoli dei volumi, alcuni dei quali in latino, e mi chiede se li abbia letti. “Si, certo. Non è facile tradurre al volo ma con l’aiuto di Google si trova sempre una soluzione, e poi mi basta intuire per poi approfondire quel che mi interessa. Nel frattempo mettiti comoda. Anzi, se ti va di preparare la tavola, è tutto lì negli stipetti accanto al tavolo” ed entro in cucina. Preparo l’insalata mettendo tutti gli ingredienti nella ciotola e mescolando il tutto con le mani; dopodiché mi dedico alla preparazione della maionese: con il minipimer, è questione di cinque minuti ottenere una salsa densa e saporita.

 “Vuoi mangiare ora o più tardi?” le chiedo.
“Ma, magari più tardi. Hai del vino in fresco?” mi chiede.
“Apri il frigo, ci dovrebbe essere una bottiglia di bianco aperta” mentre prendo due calici.
“Mettiamoci fuori in balcone, non fa troppo freddo e si sta bene” le dico, mentre apro la porta-finestra che dà sul terrazzo che circonda casa.
“Va bene, mi fa piacere” mi risponde seguendomi. Le mostro il panorama, indicandole i vari riferimenti visibili. Ci mettiamo seduti e sorseggiamo il vino freddo. La temperatura è fresca e forse Francesca è un po’ leggera, vedo che si è coperta le spalle con lo scialle. “Vuoi rientrare?” le chiedo, avvicinandomi a lei.
“Magari dopo, se invece ora mi scaldi un po’…” e si accosta a me. La prendo per le spalle e l’abbraccio cercando di scaldarla e di coprirla. Alla fin fine, è ottobre pieno e la sera rinfresca un po’. L’abbigliamento di Francesca è forse un po’ troppo leggero per rimanere fuori. Rientro dentro, il tempo di prendere un maglione e di fermarmi ad aprire l’acqua dell’idromassaggio… mi è venuta un’ideuzza…
“Dai, metti questo. Poi tra dieci minuti rientriamo, va bene?” le propongo.
“Va bene… Paolo, ti devo parlare.”
“Si Francesca, in realtà attendo una spiegazione da te. Anche se non se tenuta a darmela, in fin dei conti non c’è nulla di concreto tra noi, ma …” e lascio lì la frase incompleta, in attesa della sua risposta.
“Si, te lo devo. L’altro ieri sono stata meravigliosamente bene. Te ne sarai reso conto, avevo proprio piacere di stare con te e, se non fossimo stati interrotti, probabilmente avremmo finito per fare l’amore. Io ne avevo voglia, e credo, anzi, ne sono certa, anche tu.”
“Il fatto è che avevo una storia in piedi che si trascinava stancamente da un po’ di tempo. E l’altro ieri avevo promesso di chiudere. L’essere stati insieme tutto il giorno non ha cambiato nulla: ero già intenzionata a chiudere. Ma dovevo andare da lui. Lo so, non capisci e non riesci a comprendere, ma avevo promesso a me stessa che avrei chiuso con lui stando assieme a lui un’ultima sera. Non credere che mi abbia fatto piacere dirti di no e, in un certo senso, mentirti. Ci sono stata molto male.” prosegue. La sua voce è roca, le mani si stringono e si serrano l’una contro l’altra, il linguaggio del corpo è evidente: non sta mentendo, si è sentita in colpa ed in difficoltà verso di me.
“Però è finita. Per fortuna.” chiude così.
“Ci sono stato male pure io, non credi? Insomma, eravamo stati assieme tutto il giorno, mi avevi illuso, in un certo senso, mi avevi fatto capire che ti piacevo e che volevi stare con me”
“Ma tu mi piaci! Perché altrimenti starei qui, ora? Di certo non per ripicca” mi interrompe, accalorata.
Le nostre teste si sono avvicinate, le bocce si toccano, iniziamo a baciarci con passione. La sento tremare, è il freddo o il piacere? Decido di rientrare e di metterci comodi in soggiorno. È ancora presto, non voglio precorrere con i tempi.

“Dai, rientriamo, sento che hai freddo” le dico.
“Si, grazie, in effetti sono vestita un po’ troppo leggera, stasera” ribatte.

La faccio accomodare sul divano e le chiedo se ha fame o preferisce aspettare. Mi risponde facendo cenno di sedermi accanto a lei. Lo faccio, mi abbraccia e riprende a baciarmi con passione.

Si toglie il maglioncino che le avevo dato: ora ha la schiena nuda e posso ammirarla in tutta la sua bellezza.

“Ma sento rumore d’acqua che scorre: cos’è?” mi domanda.

Le prendo la mano, la tiro su dal divano e la guido verso la stanza da letto, dove c’è la vasca idromassaggio ormai riempita di acqua calda.

“Ti va di scaldarti un po’?” le chiedo, indicandole la vasca che è praticamente a filo pavimento.
“Perché no?” mi risponde. Si gira di spalle e mi chiede di aiutarla a slacciare di nuovo il top dietro al collo.

Ora si sfila il completo e rimane totalmente nuda. Si avvicina ed inizia a sbottonarmi la camicia dopo averla sfilata dai pantaloni. Poi mi slaccia la cinta, apre la zip dei pantaloni e me li abbassa. Nota con piacere che non porto intimo nemmeno io. Mi accarezza e rimarca il fatto che sono completamente depilato.

“Sai, sei il primo uomo che incontro totalmente depilato: mi piace molto” mentre mi accarezza il membro che si sta ingrossando. Si inginocchia e lo prende in bocca fino alla radice, senza alcun verso o difficoltà: non sono superdotato, ma è la prima volta che subisco un deep-throat così profondo.

“Lo so, sono molto brava, ma è solo questione di tecnica: basta respirare con il naso anche se ti arriva in gola.” mentre lo lecca sulla cappella e poi su e giù sull’asta.

Le mie mani nel frattempo percorrono il suo corpo, soffermandosi sui capezzoli reattivi, che invitano ad essere strizzati, e poi scendono in mezzo alle gambe, alla ricerca del frutto succoso e carnoso in mezzo alle sue piccole labbra. Anche lei è completamente depilata e liscia, al di là della piccola strisciolina di pelo sopra il pube.

Entriamo nella vasca, l’acqua è calda ma non bollente, ed è piacevole stare immersi. Continuiamo a giocare con i nostri corpi. La metto seduta sul bordo e mi dedico a leccarla, dedicandomi con attenzione al clitoride che si nasconde ma che pian piano reagisce alla stimolazione.

Inizia ad ansimare ed a inarcare la schiena.

“Ti voglio, ora!” mi supplica. La penetro lì, sul bordo dell’idromassaggio, affondando dentro di lei con foga e passione. È stretta, ma si lubrifica presto. Risponde alle sollecitazioni abbracciandomi stretto e capisco che è vicina all’orgasmo quando mi pianta le unghie sulla schiena e scossa da un tremito, lancia un urlo sommesso di piacere.

Io sono ancora lontano, e continuo a entrare ed uscire dentro di lei. Il mio pube sbatte contro il suo, schizzi d’acqua si levano da ogni parte. Mi giro e mi metto seduto sul gradino interno, la prendo e la faccio sedere sopra di me, penetrandola da dietro mentre con le mani le stimolo il clitoride e le accarezzo i seni, strizzandole i capezzoli sino a farle male.

“Si! Continua!” grida.

Continuiamo così, fino a raggiungere assieme l’orgasmo liberatorio, che entrambi evidenziamo con un ansimo forte e quasi urlato.

Rimaniamo avvinghiati per un po’, io ancora dentro di lei fino a che, venendo meno l’erezione, le scivolo fuori.

Esco dalla vasca e vado in bagno a prendere teli e accappatoi, oltre ad un paio di ciabatte da albergo, prese durante una delle mie infinite trasferte. Fanno comodo, sono nuove e morbide e si adattano bene anche al suo piede.

La asciugo con dolcezza con il telo e poi le infilo l’accappatoio, e quindi ci sistemiamo sopra il letto, abbracciati stretti stretti.

Mi accorgo che sta piangendo e le chiedo perché.

“È che era tempo che non provavo un orgasmo così intenso. Sei stato così dolce e nello stesso tempo così focoso! Mi hai fatto godere come non mi succedeva da tempo. È come se i nostri corpi si complementassero totalmente. In un certo senso, la mia patatina sembra fatta a posta per il tuo pisello.” risponde. E continua: “E poi, il fatto che tu mi abbia continuato a volere mi ha fatto capire quanto sono stata stupida, l’altro ieri. Mi spiace di averti fatto incacchiare.”
“Si, mi avevi proprio fatto incazzare.”
“Tu pure, però, che non hai risposto alle mie chiamate! Non lo fare più” e mi dà un buffetto sul petto.
“Dai, mangiamo qualcosa, ti va?” le propongo.
“Ok. Mangiamo.”
“Mettiti seduta e aspetta, ci penso io” le dico.

Riaccendo la piastra e dopo poco, butto il macinato in forma di hamburger bella spessa e ampia.

“La gradisci ben cotta o al sangue?” le chiedo.
“Al sangue va benissimo” risponde. Pochi minuti di cottura, accendo la cappa aspirante che avevo fatto sovradimensionare all’architetto pur imponendo il massimo della silenziosità. Non un fumo o un odore ristagnava in cucina. Un goccio di olio a crudo, una spruzzata di sale e di pepe macinato lì per lì e impiatto assieme ad un paio di foglie di lattuga e qualche pomodoro ciliegino. Apro quindi la bottiglia di vino, avrei dovuto farlo prima per farlo respirare, ma spero che sia buono lo stesso.

Porto a tavola e la invito a sedersi.

Mentre mangiamo apprezza il cibo “ottima la carne, saporita e poi questa maionese è deliziosa!” mi dice.
Le verso del vino, “accompagna bene la carne” le spiego.

Inizia a raccontarmi la sua storia appena conclusa.

“Era l’urologo che aveva in cura mio padre” mi dice. “L’ho conosciuto in ospedale. Ha preteso che io andassi a letto con lui in cambio di un trattamento di favore per mio padre. Senza il suo intervento sarebbe rimasto in lista d’attesa chissà fino a quando, e non c’era disponibilità di ricovero se non privatamente ma in una clinica troppo costosa. Lì per lì ho accettato per disperazione, poi, in un certo senso, ho avuto paura di lui. Diciamo che mi ha schiavizzato. Il sesso con lui è stato sempre più oppressivo, quasi violento. Anzi, una volta mi ha proprio violentato. Mi ha legata a pancia in sotto al letto, mi ha messo un cuscino sotto la pancia e mi ha sodomizzato a freddo. Così, senza preamboli e senza lubrificarmi nemmeno un po’. Poi, quando mi ha slegato, gli ho dato uno schiaffo e lui me lo ha restituito con violenza rompendomi un labbro. E mi ha minacciata più volte. Poi, un giorno è entrata nel suo studio sua moglie, proprio mentre mi stava prendendo da dietro a pecorina, e non ti dico il casino… Pensa che poi sono diventata amica della moglie, che sapeva come era fatto il marito. E mi ha raccontato delle cose pazzesche sul suo conto.”
“Ma perché lo hai continuato a vedere, scusa? Non mi sembri così remissiva…” la interrompo.
“Perché, mi chiedi? Perché… perché alla fine mi piaceva quando mi faceva male e quando mi possedeva con violenza.” risponde con un filo di voce. “Alla fine, godevo di più quando mi faceva male che quando mi scopava normalmente. Il fatto è che mi ha schiavizzata sessualmente, me ne sono resa conto e ho deciso di darci un taglio. Prima aveva qualcosa su cui basare un ricatto, ora non più.” aggiunge con un sospiro.
“E poi, ora ci sei tu…” conclude con un sospiro.
Ci abbracciamo e rimaniamo così, avvinghiati l’uno all’altra, per qualche minuto, senza parlare.

Questa donna mi è entrata dentro ed ha preso possesso della mia anima. Non so cosa abbia, ma mi pare di conoscerla da una vita, di aver vissuto con lei e di conoscerla così profondamente che mi sembra impossibile non averla incontrata prima.

“Rimani con me, stanotte?” le chiedo.
“Mi piacerebbe, ma devo accompagnare mio figlio a scuola e parlare con la sua insegnante” mi risponde.
“E poi, sono senza macchina, se dovessi rimanere qui dovrei comunque uscire alle 6, andare a casa, svegliare tutti, cambiarmi e poi andare a scuola.” aggiunge, titubante e sinceramente dispiaciuta.
“Ma non mancherà occasione, no?” conclude.
“No, senz’altro” le rispondo.

Poi, preso da un momento di passione, la bacio e le apro l’accappatoio, massaggiandole i seni con entrambe le mani. Ho ancora voglia di lei, e si nota subito. Slaccio anche il mio accappatoio ed il mio fratellone si mostra pronto sugli attenti.

E ricominciamo le danze.

La porto sul letto, la stendo sulla schiena e incomincio a leccarla con passione e con la massima dedizione alternando colpetti al clitoride con profonde inserzioni tra le piccole labbra e nella sua vagina, arrivando al rimming del suo stretto buchetto. È tutto talmente liscio, setoso, umido. Francesca si bagna molto, è partecipe e mi spinge sempre più la testa verso di lei. Tasto con le dita i suoi orifizi, prima davanti e poi dietro, e poi ancora davanti. Prima un dito, poi due, poi ancora tre dita fino in fondo, a cercare con la punta la rugosità del suo punto G. Lo trovo, ed inizio a scoparla con le dita, prima lentamente, poi sempre più velocemente, fino a quando l’orgasmo più potente che abbia mai visto la sconquassa facendola squirtare abbondantemente e lasciandola esausta, tremante con una mano serrata in mezzo alle cosce in mezzo al lago dei suoi umori.

“Scusami… io non volevo… io non sapevo… è la prima volta che mi succede…” mi dice con voce flebile e quasi strozzata. Il suo viso è distrutto, i capelli appiccicati alla fronte. Sembra che abbia passato gli ultimi minuti in una sauna…

Il letto è un disastro. Anche per me è la prima volta che una donna viene in maniera così copiosa e intensa e soprattutto, così…bagnata. Inizio a disfarlo dopo che Francesca si è alzata per andare in bagno. La macchia è evidente, speriamo che non rimanga; la signora delle pulizie, domattina, potrebbe porsi qualche domanda di troppo e in questa casa, non c’è mai stata traccia di presenze femminili se non la sua o quella di mia figlia.

Francesca esce dal bagno in accappatoio, si è lavata, ha fatto anche lo shampoo ed i suoi capelli sono vaporosi come appena uscita dal coiffeur.

Vede il letto disfatto e subito si preoccupa “Mi spiace! Sono mortificata! Scusa!” visibilmente preoccupata.
“Ma lascia stare! Ma di che? Ora mi dai una mano a girarlo in verticale in modo che si asciughi prima. Poi lo metto io a posto.” le rispondo con la massima dolcezza.
“Ma la macchia? E se la vede qualcuno?”
“Tranquilla, ho rovesciato un bicchiere di vino sul letto…” e le faccio l’occhiolino.
“Sai, non mi era mai capitato prima d’ora di avere un orgasmo così … bagnato. Ad un certo momento credevo di aver perso la pipì, ma invece avevo questa spinta, questo desiderio di liberarmi, e più usciva e più ne veniva!” disse con aria tra il sorpreso ed il contrito.
“Sinceramente, nemmeno a me era mai capitato di assistere ad un orgasmo così. Si, forse ne ho visti su PornHub, ma pensavo fossero un trucco da porno. Invece, è tutto vero!”
“Intenderesti dire per caso che sono un attrice porno?” a metà tra lo scherzoso e lo scandalizzato.
“Assolutamente no. Tu sei meglio di tutte le attrici che ho visto!” le dico ridendo. Lei prende il cuscino che teneva tra le gambe e me lo sbatte in testa, ricambiando la risata.

Dio, inizio a provare qualcosa di grosso per questa donna. Un sentimento che non provavo da tempo.

“Asciughiamoci, ci beviamo un goccio e poi ti porto a casa”.
“Ok, grazie Paolo. Non vorrei fare troppo tardi, anche se non ti nascondo che mi piacerebbe dormire con te, stanotte.”
“Fallo!”
“No, impossibile. Non posso lasciare Serse da solo. E Claudio stasera si ferma a dormire dalla ragazza. Ma non mancherà occasione, tranquillo. Sempre che tu lo voglia ancora…”
“Io lo voglio già ora, figurati domani o dopo…”

La accompagnai a casa, vincendo la sua resistenza. Non voleva mostrarmi dove abitava “ma non perché non mi fidi, è perché mi vergogno un po’ della zona. E poi, sinceramente, c’è talmente tanta gente che mi conosce in giro per il quartiere fino a tardi, che mi scoccia farmi vedere con qualche forestiero. Il Quarticciolo è come un piccolo paese: si conoscono tutti, sanno tutto di tutti, parlano e sparlano di tutti. E non ti auguro di essere sulla bocca di certe commari che passano il tempo sedute fuori del portone a capare la cicoria o i fagiolini!” concluse.

La lasciai ad un centinaio di metri da casa, seguendola da lontano con lo sguardo, ma rimanendo in macchina con il motore acceso.

Squilla il telefono: è lei. “Sono arrivata al cancello, ora sono tranquilla. Ci sentiamo domattina. Buona notte e grazie di tutto. Anzi, grazie di esserci…” e chiude la chiamata.

Non ricordo che strada ho fatto per tornare a casa. So solo che mi sono risvegliato la mattina dopo sul divano, con il collo disastrato per la postura sbagliata, un piacevole senso di appagamento sessuale ed un calore in petto che mi fece sorridere.

Scritto da:

Mi piace raccontare di me e delle mie storie, anche del lato erotico che le ha pervase. Ma racconto anche della mia vita, dei miei amori, delle mie passioni, dei miei dolori.

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