La barista Cara

I piani della signora Anita non andarono come aveva previsto. Doveva tornare dopo qualche giorno, ma un inconveniente con il suo lavoro l’aveva costretta a Milano ancora per qualche tempo. E con lei anche la sua cuoca, nonché lecca passera personale, Daria.

Mi occupavo delle faccende che la signora Anita mi aveva lasciato, esploravo la tenuta e, essendo il mese di giugno, a fine giornata non mi facevo mancare un rinfrescante bagno nelle limpide acque del mare dell’isola d’Elba. Su consiglio di Ettore, il marito di Anita, iniziai a frequentare un chioschetto sulla spiaggia gestito da una coppia di giovani sposini, freschi di matrimonio. Lui un originario dell’isola di 34 anni, mentre lei, Cara, aveva origine nord-europea. Una bella rossa di 28 anni, con un bel culo grande e un bel seno morbido. Gli occhi chiari erano pazzeschi e mi facevano sognare ogni volta che li puntava su di me. Eravamo quasi coetanei, quindi non facemmo fatica a legare e parlare, anche con il marito che era un tipo abbastanza espansivo. Ero diventato un cliente abituale e con lei mi ero sbilanciato a parlare anche del mio passato, cosa che sull’isola conoscevano solo Anita e il marito Ettore in quanto miei datori di lavoro. Le avevo raccontato degli anni passati in carcere e degli errori fatti in giovane età. Più raccontavo del mio passato da malandrino, più il suo sguardo si accendeva di interesse nei miei confronti. E io dal canto mio, avevo una sempre più crescente voglia di portarmela a letto.

Quella mattina mi recai come sempre a fare colazione al chioschetto, per scoprire però che c’era solo il marito di Cara.       

         «Oggi da solo?».

         «Cara è a casa. Questa notte ci sono entrati degli animali in giardino e hanno distrutto tutto. Io sono costretto qui perché arriva il commercialista tra poco e qui è tutto a nome mio.».

         «Capisco. Una bella rogna. Non avete delle reti per tenerli lontani?».

         «Sì, ma sono vecchie e hanno ceduto. Tu fai il giardiniere, giusto? Potresti fare un salto a vedere com’è la situazione e se si può salvare qualcosa? Hai tempo?».

         «Certo, oggi ho la mattina libera. Bevo il caffè e passo da voi allora. L’indirizzo?».

La casa era l’ultima della via confinante con un bosco e dà lì erano entrati i cinghiali la notte prima. Suonai ed entrai. Giunto alla porta d’ingresso, Cara mi aprì. Me la ritrovai davanti che indossava un reggiseno di pizzo molto sexy, un perizoma abbinato e un paio di autoreggenti nere.

         «Entra pure.».

Restai di sasso e la seguii senza fiatare.

         «Mio marito mi ha detto che passavi.».

“E tu hai pensato di scoparmi” pensai tra me e me.

         «Particolare come tenuta da lavoro per il giardino!» scherzai.

         «Ti piace? Però devo confessarti che questa non è la tenuta per il giardino. Questa è la tenuta da “voglio farmi scopare dal bel galeotto”!».

Detto questo mi mise una mano sul pacco che mostrava già segni di apprezzamento.

         «Allora, galeotto? La scopi questa troia infedele?».

         «I galeotti sanno essere cattivi sai? Sei sicura?».

         «Una moglie che tradisce il marito non merita pietà. Sii cattivo con me!».

In un attimo mi ritrovai seduto sul divano del salotto senza pantaloni e con le mutande abbassate. La bella mogliettina infedele a quattro zampe accanto a me sul sofà che, come una cagnetta giocherellona, leccava la mia asta.

         «Togli il reggiseno!».

Un ordine che eseguì senza fermare la leccata. Fu quello il momento in cui presi la sua testa e dettai il ritmo degli affondi dentro la sua bocca.

La mia mano si spostò sulla sua passerina umida e iniziai a massaggiarla da sopra le mutandine, mentre l’altra mano continuava imperterrito il suo lavoro di pressione sulla sua nuca.

Le feci togliere le mutandine e inizia a scoparla a pecora. Aveva una deliziosa patatina depilata. Gli affondi erano violenti, ravvicinati e molto veloci. In prigione mi era mancato il poter avere una donna e a quel punto l’istinto aveva preso il sopravvento. Tant’è che finii per venirle dentro senza dire nulla.

         «Mi volevi davvero tanto è?!».

Non era arrabbiata, anzi. Avevo l’impressione che l’esserle venuto dentro l’avesse fatta eccitare ancora di più tant’è che, dopo una brevissima pausa, riprese a succhiarmi il cazzo che non voleva accennare ad abbassarsi.

Ero pronto per un secondo giro ed ecco che iniziai a scoparle letteralmente la bocca. Io in piedi sul divano, lei a gattoni su di esso. Le sue tettone ballavano in avanti ed indietro sotto il movimento alquanto violento della mia spinta. Entrambe le mie mani tenevano ferma la sua testa mentre spingevo il mio cazzo in profondità nella sua gola. La saliva che produceva era tantissima, calda e colava tutta sul mio membro duro.

         «Ora stenditi sul divano. Pancia in giù!».

Mi misi sopra di lei e puntai il membro sul suo buchetto posteriore.

         «Il tuo amato maritino ti incula?».

         «No, non lo fa. Ho provato con un mio ex però.».

Iniziai con una spinta tranquilla in modo che il suo sfintere si potesse adattare al nuovo corpo in ingresso. Era bello elastico, motivo per cui il mio cazzo non fece fatica ad entrare. Iniziai quindi una lenta e ritmica inculata, che culminò con un forte orgasmo della bella Cara. Seguito dal mio venirle nel culo copiosamente.

Ci baciammo e ci sistemammo. Una breve occhiata al giardino e poi tornai a casa, dove mi aspettava Ettore, il marito di Anita con delle novità interessanti.

Scritto da:

Cosa dire di me? Sono uno scrittore amatoriale. Amo il genere dominazione, ma non disdegno tutto ciò che può essere interessante e coinvolgente. Se hai una storia da raccontare, ma non sai come farlo... scrivimi e troveremo un modo insieme! sono su Facebook come Canta Storie e alla mia mail Cantastoriedal28@gmail.com

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