LA CHAT - Episodio 3
Anna comincia il suo percorso nella sottomissione con il primo compito in pubblico
Feci
le tre foto che mi aveva chiesto sempre con alle spalle la stessa
anonima parete. La prima vestita, la seconda e la terza mostrando il
mio dietro e la mia micia, tirando su la gonna con una mano a formare
una V rovesciata che scopriva il centro del corpo ma lasciava coperti
i fianchi, non so se sperando di essere meno nuda o per quale altro
motivo. Comunque avevo le tre foto nella memoria del telefono, mi
asciugai la vagina umida, mi sistemai i vestiti ed aprii la porta di
casa.
Ero
fuori, e mi pareva di avere gli sguardi di tutti dalle finestre
concentrati sul mio sedere e sulla mia passerina. Mi batteva il cuore
che ero sicura che mi sarebbe preso un malore, ed ero convinta che
tutti potessero capire che ero senza slip. Ero sicuramente rossa in
volto come se mi avessero ustionata, e la mia fica camminando si
faceva sentire, viscida di umori perché maledetta lei era fradicia.
Andai a prendere l'auto nel parcheggio condominiale, aprii la porta e
mi bloccai. La gonna non era larga, ma entrando in auto dovevo stare
attenta a come mi muovevo. Far vedere gli slip per errore era
imbarazzante da svenire, ma far vedere la fica sarebbe stato da
suicidio. Mi calai in auto con cura, e poi ruotai entrambe le gambe
portandole dentro in contemporanea e ben chiuse. Dovevo ricordarmi di
farlo anche uscendo.
Avevo
paura di bagnare la gonna da quanto ero piena di umori, quindi
facendo finta di niente inserii con un rapido movimento un
fazzolettino tra il mio corpo e la stoffa. Il tragitto non era lungo,
e cercai di stare concentrata sulla guida. La figa però si faceva
sentire, pulsando piacevolmente.
Arrivata
al supermercato trovai un posteggio e con cautela scesi dall'auto, ma
sentii staccarsi da me qualcosa, e cadere. Cazzo! Il fazzolettino!
Girai lo sguardo in basso, per terra c'era il fazzoletto di carta
bagnato. Mi guardai intorno. Nessuno vicino, e nessuno che faceva
caso a me. La cosa migliore era far finta di niente ed andarsene come
se quel pezzo di carta bagnata fosse già li. Dovevo anche trovare il
punto dove farsi una foto anonima, e li non era facile, ma mi venne
una idea. Avrei tenuto il telefono in mano, e mi sarei fatta una foto
di nascosto camminando davanti ad auto che non erano la mia. Lo feci,
e nella foto si vedeva dietro di me correttamente vestita il fianco
di un'auto di modello e colore casuali. Non si notava niente del
fatto che fossi senza slip, e questo mi dette coraggio, anche se
continuavo lo stesso a tremare e la fica continuava ad essere
rovente, umida e viscida. Se avessero pensato che era la mia auto
sarebbero stati fuori strada, e se invece avessero pensato che non lo
era non avrebbero comunque avuto alcun modo di collegarmi alla
ragazza delle foto.
Dentro
al supermercato chiesi ad una addetta dove fosse il bagno, e ricevute
le informazioni mi recai li prima di cominciare a fare la spesa.
Entrai in bagno con la testa che pulsava, girava e la fronte
febbricitante. Mi chiusi dentro, mi alzai la gonna e feci per farmi
l'ultima foto. Ma mi fermai, mi chiesi quando la mia mente avesse
ceduto, trasformandomi in una che faceva certe cose. Ma nonostante
questo, volevo farlo. La mia fica voleva. Anzi, volevo sentirmi fare
dei complimenti, dirmi che ero stata brava. Avevo la gonna alla vita,
nuda da li in giù e mentre con una mano reggevo il telefono per il
selfie, con l'altra mi allargai le labbra della fica, oscenamente,
come una troia senza ritegno. Poi un'altra foto, con due dita dentro.
E un'altra, dove mostravo le dita praticamente gocciolanti in primo
piano. Misi via il cellulare, mi asciugai la vagina (e lei mi implorò
di masturbarla, ma le risposi che lo avrei fatto a casa) mi lavai le
mani, misi via il telefono ed ancora in preda ad una tempesta di
emozioni e sensazioni uscii per fare la spesa. Speravo che l'odore
del mio sesso non si sentisse come pareva invece di sentire a me.
Comprai un po' di roba che non mi sarebbe neanche servita, e mi
dimenticai di metà della lista che avrei dovuto comprare. Il cuore
galoppava, il respiro era pesante.
Andai
alla cassa, pagai e mi trovai di nuovo nel parcheggio. Bloccai in
partenza il solito tipo che voleva portarmi il carrello alla
macchina, proprio non era il caso, ed arrivai alla station wagon di
famiglia. Sistemato tutta la spesa nel bagagliaio mi calai di nuovo
nell'auto, e partii. Porca miseria, non avevo messo il fazzoletto di
carta sotto la mia micia, e sentivo già che si era appoggiata sulla
gonna. Sperai che non riuscisse a bagnarla, e corsi a casa più
veloce che potevo, compatibilmente con il traffico. In qualche minuto
ero nel parcheggio sotto al condominio. Ero eccitata, ed ero convinta
di essere impazzita, ne ero ormai certa. E volevo che il Master mi
dicesse che ero stata molto brava. Lo agognavo. Quindi facendo finta
di niente presi il telefono, me lo misi tra le gambe mentre ero
seduta in auto e feci un'altra foto dentro la gonna, proprio alla
fica. E partì il flash! Oddio! Guardai intorno, c'erano un paio di
persone in cortile, ma erano lontane e non mi pareva che fossero
girate a vedere me. Tremavo, ma dovevo arrivare a casa. Uscii con
cautela dall'auto, e mi avviai.
Tragitto
abbastanza tranquillo, incrociai un solo condomino, ma pareva
sprofondato nei suoi pensieri, e mi sembrò che non mi notasse.
Arrivata a casa e chiusa la porta alle spalle crollai in ginocchio.
La tensione nervosa abbandonandomi di colpo mi lasciò spossata e
senza forze, ma con una eccitazione selvaggia a dir poco. Scalciai le
scarpe, mi tolsi la gonna e nel metterla via mi accorsi che dietro si
vedeva chiaramente una chiazza di umido. I fluidi della mia vagina
avevano avuto ragione della stoffa. Mi sentii svenire, ma anche
sull'orlo di un orgasmo mai provato. La mia mano prese il telefono,
mi girai con la gonna nell'altra mano e lo sfondo bianco, e feci una
foto del disastro che avevo compiuto sull'indumento. Mollai il
telefono e la gonna e le mie mani si avventarono sul mio sesso, con
una mano mi penetravo passando da dietro la schiena per lasciare la
strada libera all'altra, che da davanti andava a massaggiare il
clitoride con violenza. Esplosi così, con le spalle appoggiate alla
porta di casa, mugolando e con un urlo roco finale.
Mi
trascinai ansimando fino alla doccia, dove con una lunga doccia
tiepida mi ripulii e mi calmai. Poi con l'accappatoio ancora addosso,
andai a recuperare il telefono. Il mio Master mi aveva chiesto cinque
foto, e io ne avevo quasi una decina. Ma dovevo mandarle davvero?
Anche solo le cinque chieste? La testa mi disse di no, di cancellare
tutto, togliere l'app della posta criptata dal telefono e scordarmi
per sempre di Alpha Master. Le farfalle che continuavano a volarmi
nella pancia fino a solleticarmi la vagina dall'interno invece
dissero di no. Vinsero loro. Mi collegai alla mail e le mandai tutte.
Pensare che quelle foto sarebbero state viste da un estraneo era una
sensazione incredibile, di vergogna, umiliazione ed incredibile
eccitazione. Mi stava tornando voglia, ero diventata forse
ninfomane?
La
risposta arrivò dopo neanche una decina di minuti. “Hai fatto un
buon lavoro troia, sono soddisfatto di te. Vieni in chat subito.”
Anna avvampò di vergogna, ma Annoianna si gonfiò di orgoglio. OK.
Ero troia e mi piaceva. Dovevo farci la pace, ed accettarmi per quel
che ero. Mi collegai al sito della chat, e lui era li. Ci fu un lungo
scambio di messaggi. Lui volle un racconto esatto di come mi ero
sentita, e di cosa avevo provato. Gli dissi tutto, anche della
masturbazione finale e della doccia. Lui approvò il tutto
mostrandomi il suo apprezzamento, e mi disse che quelle foto erano
ottime. Io ero al settimo cielo ed ero di nuovo un lago. Mi chiese se
avevo delle banane in casa, e si. Le avevo appena comprate, quindi
confermai. Ed il mio padrone mi gelò di nuovo, dicendomi che avrei
dovuto prenderne una ed usarla come dildo per masturbarmi, come
premio per la mia ottima prestazione con il suo ordine. Mi disse di
spogliarmi nuda, ed andare a prenderla. Io lasciai scivolare a terra
l'accappatoio, ma poi riflettei che la finestra di cucina non aveva
la tapparella giù come in sala, dove avevo il PC. Lui era in
silenzio, se avessi rifiutato l'ordine non sarebbe successo niente,
se non la fine del gioco. E non volevo che finisse. Andai alla
cucina, e sbirciai dalla porta, verso la finestra. In vista alle
finestre dei palazzi di fronte non vedevo nessuno, ma in ogni caso
erano lontani, non so cosa sarei riuscita a vedere. E lo stesso loro.
Presi fiato forte, e poi in apnea mi buttai in cucina, arraffai una
banana e corsi fuori.
Arrivata
al PC confermai che la avevo in mano. Mi chiese come era la banana, e
io la focalizzai per la prima volta. ODDIO! Era enorme! E lui riuscì
a farmi di nuovo avvampare di vergogna, dicendomi che anche se io
pensavo di averne presa una a caso il mio subconscio la aveva scelta.
Apposta. Lo odiavo, ogni volta riusciva ad umiliarmi e farmi sentire
una puttana. Ma poi iniziò a guidarmi dolcemente nella masturbazione
con la banana, e fu folle. Dolce, fortissimo, nuovo (non lo avevo mai
fatto), mi fece anche sfiorare il buchino del culo con le dita,
appena appena, facendomi sentire scariche elettriche mentre lo
facevo, e guidando la banana dentro al mio corpo a parole, mi fece
toccare punti che non avevo mai toccato e raggiungere vette che non
avevo mai raggiunto. Tra la banana, le sue parole che apparivano in
chat e la sensazione data da tutta la situazione per la prima volta
in vita mia squirtai, urlando il mio piacere in modo osceno. Rimisi a
fuoco la vista alla meno peggio, e rimasero sul monitor le sue ultime
parole. “I prossimi compiti te li scrivo stanotte, li troverai
domattina quando ti alzi”
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