La mansarda (cap. 2)

Categoria: Etero
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Il giorno dopo fu un’altra giornata intensa di lavoro, e tra i vari appuntamenti cera anche da portare alla firma della proprietà la proposta del Dott. Padovan. Questo fu uno dei compiti più semplici della giornata.
Mentre stava per avvisare il dottore che era andato tutto bene e concordare la date del compromesso per la consegna delle chiavi, un altro messaggio sul cellulare.
“Questa mattina niente colazione e hai saltato anche il pranzo. Lavori troppo o… hai paura di me? Ti mando un bacio perché tu non mi possa scordare”
Non poteva risponderle. In effetti aveva cercato di evitarla. Sì in effetti aveva paura di lei. Aveva paura di quello che sarebbe potuto nascere. Ma doveva anche difendere l’immagine di serio professionista che si era costruito negli anni. Eppure, non faceva altro che pensare a lei.
Prese il telefono e chiamò il Dott. Padovan direttamente sul suo cellulare per paura che rispondesse lei a casa. Concordarono le date e si salutarono cordialmente. ‘Se sapesse…’ si soffermò a pensare, poi, con un leggero sorriso che rivelava cosa stava ricordando, chiuse l’ufficio e se ne andò.

Il giorno del compromesso fu per lui una grossa delusione. Sperava che ci fosse anche lei, invece si presentò solo il dottore. Inoltre, ci fu un piccolo intoppo per la consegna delle chiavi, che Dago riuscì a risolvere velocemente, offrendosi come tramite e concordando che le chiavi sarebbero state consegnate di lì a 3 giorni. Dago e il dottore fissarono già l’appuntamento per il ritiro delle chiavi il venerdì sera alle 19:30 “Guardi lei è così gentile e disponibile che poi la porto a bere un fantastico aperitivo” aggiunse il dottore.

I giorni passarono sempre nello stesso modo. Nei momenti liberi non faceva altro che pensare a lei, ma poi faceva di tutto per evitarla. Gianluca gli aveva confidato che spesso Paola passava delle ore al bar, cosa che non aveva mai fatto prima. “Non è che aspetta te?” gli aveva stoccato un giorno. Dago fece finta di non aver sentito.
Ogni tanto riceveva un messaggio sul cellulare, e la cosa non lo aiutava a cercare di dimenticarla. In fin dei conti lui non faceva nulla per dimenticarla.

Finalmente era venerdì. Nel pomeriggio lentamente iniziò a svuotarsi l’ufficio, e alle 19 lui era rimasto solo ad aspettare il dott. Padovan. Le scrivanie erano tutte vuote e ordinate. Sulla sua era rimasto solo il suo portatile al quale stava lavorando per passare il tempo. Fuori come tutte le sere oramai non passava più nessuno. E stranamente faceva un caldo incredibile.
Era tutto concentrato sui suoi appunti quando la porta del negozio si aprì. Alzò gli occhi dal computer e vide lei.
Indossava il solito cappotto lungo, ma questa sera era aperto e lasciava vedere che indossava una camicetta sottilissima, praticamente trasparente, che non era in grado di nascondere i suoi seni rigogliosi e una gonna corta con uno spacco che mentre gli camminava incontro con il suo passo deciso metteva in mostra tutta la sua coscia fino a far vedere le calze autoreggenti. Immancabili le scarpe con il tacco.
Subito il cuore si mise a battere fortissimo spinto da due emozioni contrastanti: lei era lì, ma sarebbe arrivato anche il marito.
“Ma sei veramente pazza? Tuo marito sarà qui a momenti?”
“No! Mio marito non verrà. È dovuto partire oggi pomeriggio per Hong Kong e mi ha chiesto di venire a prendere le chiavi.” L’atteggiamento era molto deciso, di quelli che non accettano discussioni. Appoggio la borsa sulla scrivania di Dago, e spostatogli il portatile si sedette davanti a lui al posto del computer.
“Adesso voglio vedere come farai a evitarmi!!!”

Dago non riusciva a parlare né a muoversi. Paola lo fissava in silenzio. Lentamente si portò le mani alla camicetta iniziando a slacciarla. Lui fece per muoversi ma lei lo tenne lontano con un piede. Finito di slacciare la camicetta apri la gonna e si sfilò il perizoma. Prese Dago per la cravatta e lo costrinse a portare il viso tra le sue cosce.

Iniziò a leccarla. Paola in un attimo fu in un lago di piacere. Gli prese la testa e la portò sui suoi seni. I suoi capezzoli grossi e duri non aspettavano altro che la sua bocca.
Dago perse ogni remora. Prese le tette tra le mani iniziando a strizzarle mentre leccava e succhiava i capezzoli. Paola nello stesso tempo lo stava spogliando, gli aveva sfilato la cravatta e ora le sue mani avevano quasi finito di slacciare la camicia. Nessuno dei due faceva caso al fatto che dalla vetrina chiunque avrebbe potuto vederli.
Paola gli prese di nuovo la testa e lo obbligò a inginocchiarsi tra le su cosce. Lui la trovò ancora più bagnata. Iniziò subito a leccarla con frenesia passandole la lingua su tutta la figa, premendola con forza. Poi le allargò ancora di più le gambe. Lei si appoggiò alla scrivania per offrirgliela meglio e lui le fece scivolare dentro la lingua. La senti gemere e spingersi ancora di più contro la sua bocca, e un fiotto di piacere bagnargli il viso. Deciso a farla godere concentrò i movimenti della sua lingua sul clitoride mentre lasciava scivolare due dita dentro di lei. La sentiva sempre più vicina all’orgasmo, e lasciò scivolare fuori per un attimo le dita lasciando che la sua lingua avesse la libertà di muoversi ovunque e raggiungere anche il suo buchino. Paola gemeva sempre di più, lo supplicava di continuare. Tornò a concentrarsi sul clitoride e questa volta infilò dentro di lei tre dita. Oramai non resisteva più. Iniziò a muoversi contro di lui a gemere sempre più forte fino a godere così forte che quasi le schizzò in faccia il suo piacere. Dago cercava di leccare tutto il suo piacere mentre Paola gli teneva premuta la testa contro la sua figa, ma era veramente tanto il suo piacere, e continuava a fuoriuscire.

Quando Dago stava preparandosi a penetrarla improvvisamente le sgusciò via e si ritrovo seduto sulla sua sedia con Paola tra le gambe che con una rapidità fulminea aveva già abbassato i suoi pantaloni e i boxer. Impugnava il suo membro mentre lo guardava negli occhi. “A casa mia mi hai negato questo piacere, ma adesso non te lo permetterò, abbiamo tutto il tempo che vogliamo perché tu ti possa prendere tutto quello che vuoi di me!” Il suo cazzo le scomparve in bocca. Senti le sue labbra stringersi attorno al membro e scivolare lentamente giù fino a che non senti la sua cappella toccarla la gola. Lo tenne così per un tempo lunghissimo, e poi iniziò a muoversi su e giù con forza, fino a quando non lo sentì gonfio e duro come piaceva a lei. Poi iniziò a leccarlo tutto, scivolando fino a sotto i testicoli, andando anche a sfiorargli il buchetto. Poi si prese i seni tra le mani, e si avvicinò al suo membro lasciandolo scivolare tra di loro e iniziando a massaggiarlo e mentre la sua bocca aspettava la cappella che usciva per succhiarla.

Dago non resisteva più. Sentiva le palle che gli bruciavano e i lombi che frizzavano dalla voglia di venire. Paola se ne accorse “La voglio tutta in bocca, vienimi in bocca”
Non se lo fece ripetere. Impugnò il suo membro e le prese la testa facendoglielo ingoiare tutto e iniziando a scoparle la bocca. Era oramai al limite e il suo corpo era comandato solo dal piacere, spingeva sempre più forte nella sua bocca, Paola mugolava di piacere e dolore, ma quando stava per schizzare fu lei a buttarsi in avanti per non perdere nemmeno una goccia.

Dago era un corpo abbandonato sulla sedia con la mente che vagava per le dimensioni del piacere. Paola accoccolata tra le sue gambe continuava a baciargli il membro sfinita. Poi lentamente risalì con la bocca lungo la sua pancia fino a sederglisi in braccio mentre iniziava a baciarlo sulla bocca. Restarono così abbracciati con il corpo e con le lingue per diverso tempo.
“E’ da quando ti ho visto la prima volta passare qui davanti che ti desidero, ma non potevo immaginare nulla di tutto quello che è successo.”
“E questo non è niente. Abbiamo tutto il weekend a disposizione, e non ho intenzione di lasciarti scappare, preparati. Anzi vestiti e prende le chiavi dell’appartamento che mio marito ha comperato, ho una sorpresa per te.”
Dago la guardava con aria perplessa. “Fidati, non rimarrai deluso da me, non lo sarai mai. Fino a quando tu vorrai sarò tua, a patto che tu lasci che le mie fantasie possano giocare con te.”
“Le tue fantasie? Che tipo di fantasie hai Paola?” chiese stupidamente Dago un po’ preoccupato e un po’ scherzando.
“Tutte le fantasie che tu sogni da quando mi hai vista per la prima volta davanti la vetrina. Le stesse che io ho iniziato a fare da quando ti ho visto. Portami all’appartamento e scoprirai se ho mentito! Se così sarà sarai libero di andartene e io cercherò di dimenticarti.”

In silenzio i due si ricomposero e chiuso il negozio si avviarono alla macchina di Dago. Per strada nemmeno l’ombra di una persona. Probabilmente non era passato nessuno mentre loro facevano l’amore in negozio. Lui le apri la portiera della sua macchina sportiva, un vezzo che si era permesso di recente, e sedendosi Paola accentuò lo scosciamento a cui era costretta data la bassezza della macchina. Dago si ritrovò nuovamente eccitato. Paola sorrise e chiuse la portiera.

Il tragitto fino alla casa non era lunghissimo. Dago lasciò che la musica tenesse loro compagnia, e che la sua mano scivolasse sul ginocchio di Paola. Lei invece fece in modo che la mano scivolasse più giù. Sentiva la sua figa pulsare attraverso il ricamo del perizoma. Lei allargò di più le gambe, in modo che la sua mano stesse comodamente appoggiata sopra. Ma era impossibile resistere a tenerla ferma. Inserì con l’altra mano il cambio automatico e si infilò sotto il perizoma. Il contatto con la sua figa rasata era bellissimo, anche perché ci impiegava un istante a bagnarsi, e non c’era cosa che lo eccitasse di più. Almeno così pensava per adesso. Paola appoggiò la propria mano sopra quella di lui guidandola nei movimenti. Prima fece in modo che la accarezzasse per bene. Poi che un dito scivolasse tra le labbra a trovare il clitoride, che era già gonfio e duro. Fece girare il dito un po’ attorno poi lo guidò più in basso fino a che non scivolò dentro di lei. Era caldissima e bagnatissima. Dago ad un semaforo si girò a guardarla. Paola aveva gli occhi chiusi e si stava leccando le labbra. I suoi seni e i capezzoli erano così gonfi e duri dall’eccitazione che mettevano in tensione la camicetta attillatissima. Poi sentì che le sfilava il dito, facendolo proseguire più giù. Sentì il bordo del buchino che si allargava sotto la sua spinta, e mentre il tizio dietro suonava perché era diventato verde il semaforo Paola gli sussurrava “Dopo lo voglio qui” mentre gli spingeva in profondità il dito. La macchina partì sobbalzando. Lei gli sfilò la mano dal perizoma. “Pensa a guidare, come ti ho già detto per il resto abbiamo tutto il tempo che vuoi.”

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Lascio che la realtà ispiri le mie fantasie che arricchisco con le mie perversioni

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