La mia Adelina

Categoria: Dominazione
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Sul far della sera, prendevano la mia Adelina e la portavano alla pietraia, in quel triangolo di pietre sinuose al fianco della collina, dove saliva da bambina a guardare il mare, era sacrificata ora ai piaceri dei sensi immorali. L’aria fresca della sera le increspava la pelle, il leggero vestito di lino disegnava la forma dei seni, i piedi nudi arsi sui sassi erano farfalle poggiate su un fiore.

I suoi fianchi segnati dai ciottoli rosa si fondevano con quelli dei monti e la sua pelle scambiava il calore con la terra.

Con le ginocchia raschiate dai detriti inginocchiata all’altare dell’amaro turbamento interiore, finivano gli ultimi raggi di sole.

I giovinastri che le schiamazzavano intorno attenuavano le voci fino a diventare impercettibili e si disciplinavano soltanto per avere ognuno la sua parte infinita dell’estensione nel tempo.

La cavità preposta al cibo ospitava l’avvicendamento di un nutrimento fugace e con lentezza soddisfaceva ognuno di loro. Il più giovane del branco depositava nell’incontenibile brama, involontariamente, l’alimento che lei ingeriva in un solo fiato.

Il rossore delle sue ginocchia si misurava con quello del cielo e l’abito di lino era ad asciugare al vento. La mia ragazza giaceva ora acquiescente nel letto di pietre, distesa sulla schiena con il viso ed il ventre all’insù. Uno stagliava le sue gambe al cielo per congiungersi, uno si univa all’unisono con ciò che restava. Illuminati da un falò danzavo lenti bevendo dalle stesse coppe, danzando ogni possibile passo, combinando combinazioni dove il limite era l’immaginazione.

I glutei dolenti della mia ragazza trovarono temporaneo ristoro solo per deliziare ancora, soddisfacendo ognuno per ogni strada.

E le strade furono percorse assieme più e più volte ed anche il giovane inesperto ebbe modo d’imparare. La mia Adelina rimase da sola con lo sguardo perso nello spazio, il sole si era da un pezzo rovesciato dietro l’orizzonte ed anche il fuoco esalava gli ultimi vapori.

Sì rivestì del suo candido vestito di lino e lentamente fece ritorno in paese, l’abbracciai.

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Vivo d’amore e scrivo nel peccato

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