La vendetta di Linda

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Introduzione:

Racconto in due parti che costituisce un sequel di "Linda la Nerd" (sì, devo ancora pubblicarlo, subito dopo questo)

A Francesca sfuggì un ansimo nel buio quando la lingua capace sembrò avvolgerle la lumachina ed una stilettata di piacere attraversarle il corpo, facendole sobbalzare il cuore. Mosse una mano per toccare la testa di Tommaso, ma la striscia di seta che le costringeva il polso destro la bloccò dopo pochi centimetri.
Non importava, si disse, mentre cercava di rilassarsi, appoggiandosi più comodamente sul letto, ma proprio in quel momento le tre dita che il ragazzo aveva infilato nella sua fica e che aveva usato fino a quel momento per massaggiarla cominciarono a ruotare.
L’aveva fatto anche prima, un paio di volte, ed era stata una sensazione meravigliosa, con le pareti del suo utero che si espandevano o si restringevano lentamente, come risvegliandone muscoli e nervi sopiti, e lasciando riposare un attimo quelli che fino a quel momento erano stati attivi, impegnati a farsi massaggiare e stuzzicare.
«Oh, sì, Tommaso…» disse con la voce rotta dal piacere, che sentiva montare sempre più dentro di sé. «Ti prego, non fermarti!»
Era almeno un quarto d’ora che il ragazzo stava lavorando di lingua e di mani sulla sua fica infuocata e grondante desiderio dandole piacere, e lei avrebbe voluto che non smettesse più. All’inizio i suoi colpi di lingua, i suoi baci, le carezze con la punta delle dita e le stesse che l’avevano penetrata erano stati simili a stoccate di piacere, colpi di grandine sul suo inguine che avevano rimbalzato fino alla sua mente, bombardandola di liete sensazioni. Poi, però, all’aumento dell’intensità della pressione esercitata sul suo sesso, anche ciò che provava era cresciuto, percependo un senso di soddisfacente calore crescerle nel ventre inondandole l’anima. Nella mente le si sviluppò l’immagine di una vecchia lampadina a filamento, che maggiore era l’intensità della corrente che l’attraversava, maggiore era la luce che emetteva: da come si stava comportando il ragazzo tra le sue gambe, Francesca avrebbe giurato che entro breve sarebbe stata abbagliata dalla luce di un intenso orgasmo. Il più potente della sua giovane vita, ne era sicura.
Il fatto curioso era che, nella sua fica, le dita di Tommaso le sembravano più piccole rispetto a quando l’aveva massaggiata o baciata…

Francesca si era presentata a casa di Tommaso qualche ora prima, su invito dello stesso.
Aveva saputo, una volta tornata a scuola dalla sospensione, che lui e quella stronza di Linda si erano di nuovo messi insieme una volta conclusa la gara e dopo che Tommaso aveva spedito fuori di casa la sua ex, quella ninfomane dalla pelle bianca che tutti sembravano volere nel proprio letto. Il loro riavvicinamento, comunque, sembrava essere durato poco: già dopo un paio di settimane, la nerda aveva smesso di girare per la scuola con il sorriso sulla faccia di chi se la gode a letto. Anzi, era passata dalla gioia più assoluta alla depressione: la si vedeva piangere negli angoli, non rivolgeva la parola a nessuno e guai a parlarle.
Francesca non poteva negare che questo la rendeva soddisfatta: dopo quanto la stronzetta bionda le aveva fatto passare durante la gara di pompini, era consolante sapere che la secchiona era tornata ad essere una fallita, ma soprattutto che Tommaso era di nuovo solo. Non aveva pensato a lui per anni, e solo dopo che Pamela le aveva parlato e fatto vedere il video della prestazione di Linda alla gara aveva ricordato che, tempo prima, lei stessa aveva cercato di entrare nel cuore di Tommaso, o per lo meno di far entrare Tommaso nella sua fica.
Una mattina, vedendola piangere, Francesca si era avvicinata a Linda per infierire. Non poteva farne a meno. Cosa le avrebbe detto non lo sapeva, ma era brava ad improvvisare quando si presentava l’occasione. Però Linda non era più la codarda di un tempo, che subiva gli insulti e scappava con la testa incassata tra le spalle, costantemente triste, impaurita dal mondo. Anzi, era stata la stessa nerda ad aggredirla urlandole contro. Francesca era stata quasi certa che, se avesse potuto, Linda l’avrebbe presa a ceffoni con le sole parole che strillava. “Vattene a fare in culo, Francesca!”, le aveva gridato, mostrandole i denti con il volto rigato dalle lacrime. “Sei una stronza come Tommaso! Siete della stessa pasta, voi due: dovreste mettervi insieme!”
Francesca aveva preferito battersela, sebbene avesse nascosto la sua fuga con una risata sardonica ai danni della bionda. Però, a pensarci, non le sarebbe dispiaciuto fidanzarsi davvero con Tommaso: ricordava che anni prima ci aveva provato con lui, ma la sua precedente ex, una modella mancata di nome Sara, non era stata molto felice della cosa e aveva desistito, soprattutto per la sberla che la pazza le aveva mollato in viso per farle capire meglio il concetto. Comunque, Tommaso le interessava, e non solo per fare un dispetto a Linda: era risaputo che a letto era fenomenale. Sua cugina glielo aveva assicurato, descrivendo la loro scopata come qualcosa che avrebbe costudito nel suo cuore per tutta la vita; a volte, le aveva confessato, la notte non dormiva rimpiangendo che non avrebbe più rivissuto un’esperienza simile.
La cosa straordinaria era stata che lo stesso Tommaso l’aveva contatta un paio di giorni dopo, su WhatsApp, eliminandola quindi dalla sua black list degli indesiderati in cui era finita dopo l’incontro con Sara. Lui non ne accennò, ma lei fu sicura che quell’interesse nei suoi confronti poteva essere stato aiutato dalla sua presenza nella gara di pompini: in effetti, lei vi aveva partecipato proprio per questo, e sebbene Tommaso non fosse un milionario che l’avrebbe mantenuta senza che lei dovesse lavorare, per il momento si sarebbe accontentata.
Si erano scambiati qualche messaggio, lui dicendo che avrebbe avuto piacere a rivederla, ricordando ancora di quando l’aveva incontrata con un libro sotto un braccio, lei, decisa a non mostrarsi troppo interessata, rispondendo che al momento era impegnata con gli studi, ma che un attimo, forse, sarebbe riuscita a trovarlo per lui. Alla fine, avevano deciso di vedersi a casa sua, una mattina, per poi andare a fare una camminata in montagna.
Lei si era presentata davanti all’abitazione di Tommaso alle otto meno cinque di sabato. Il cielo era sereno a occidente, ma a oriente una coperta di nubi poco promettenti aveva iniziato un’avanzata che sembrava impossibile a fermarsi. Non certo la giornata ideale per andare per monti, si diceva la ragazza, e l’intimo che aveva indossato, mutandine nere con pizzo e nessun reggiseno, dimostrava che non ne aveva nemmeno l’intenzione. Di certo essersi rasata l’inguine la sera precedente invece di preparare uno zaino era un altro, evidente indizio.
Quando era scesa dall’autobus che attraversava il paese di Caregan, Francesca aveva controllato di essere in perfetto ordine fermandosi davanti ad una vetrina e specchiandosi: era alta un metro e ottanta e aveva un corpo snello e ben proporzionato. Beh, forse ben proporzionato no, doveva ammettere, e sicuramente non con rammarico: il suo seno era una quarta abbondante, che in certi periodi, come quei giorni, diventava una quinta. Di certo, considerando vera la storia secondo la quale un uomo conosce il colore degli occhi di una donna solo quando questa ha un seno insignificante, allora nessuno doveva sapere di che colore fossero pure i suoi capelli, neri gli occhi, pensò vedendosi sorridere nel riflesso. E nel riflesso si vide anche mettere le mani sotto le sue due grosse tette e sollevarle, soddisfatta. Le due bambine le avevano permesso di avere diversi uomini sotto il suo controllo, e dove non arrivavano loro ci pensavano le loro due cugine, poste dietro: la palestra aveva scolpito negli anni un bel paio di chiappe, che calamitavano l’attenzione, ed il desiderio, di qualunque uomo. Tommaso, che fino a quel momento aveva avuto quella pantegana bionda di Linda, avrebbe gioito nel vedere una vera donna, e allora sì che lei avrebbe potuto discutere di ottime scopate con sua cugina come sua pari. Magari avrebbe pure convinto Tommaso a passare qualche altra notte con lei: in fondo, per quanto tutti la considerassero una stronza, Francesca amava la sua famiglia.
Aveva bussato alla porta della casa del ragazzo, ferma sul vialetto in pietra, sistemandosi un’ultima volta, controllandosi la maglietta, anche questa, come le altre di sua proprietà, sformata sotto l’azione del suo seno maestoso. Era eccitata, e lo si poteva facilmente notare dalle due punte che i suoi capezzoli creavano nel tessuto. Forse sarebbe stato meglio indossare una T-shirt nera per occultarle un po’.
La porta si era aperta dopo pochi istanti e aveva trovato Tommaso davanti a sé. Nemmeno lui sembrava pronto ad una gita. “La giornata non sembra promettere bene”, gli aveva detto, entrando in casa. “No, meglio rimandare”, aveva concordato lui, conducendola in cucina. “Posso offrirti qualcosa?”
Francesca non aveva risposto, ma gli aveva appoggiato le labbra alla bocca e aveva iniziato a baciarlo. In fondo, non era difficile capire che quella dell’escursione era solo una scusa, e lei moriva dalla voglia di scoprire come scopasse veramente. Non le era importato nient’altro. E aveva facilmente notato come avesse contemplato il suo grosso seno quando le aveva aperto. Sorrise al pensiero che se avesse chiuso gli occhi e gli avesse chiesto di descriverli, probabilmente il ragazzo non avrebbe saputo rispondere nemmeno quanti fossero.
Tommaso non era brutto, ma bisognava essere davvero gentili o avere dei secondi fini per definirlo bello. Era alto poco più di lei, capelli castani scuri e gli occhi… ecco, gli occhi erano davvero belli, con quel verde carico che tendeva vagamente verso il marrone. Aveva spalle larghe e un corpo grosso, certamente non grasso ma nemmeno eccessivamente muscoloso. In effetti, il motivo per cui era nei discorsi delle ragazze non era per il suo aspetto ma per come sapeva comportarsi a letto.
Lui non si era affatto offeso perché lei aveva dato il via al rapporto: aveva appoggiato una mano sul viso di Francesca, l’altra sul collo e aveva preso lui il comando, iniziando a baciarla con passione ma senza assalirla come facevano molti. Lei era rimasta stupita dal suo modo di baciare, succhiandole e mordicchiandole un lato di un labbro, mentre la mano che le accarezzava il viso le stuzzicava l’altro angolo della bocca con il pollice. E fu ancora più stupita che nel giro di dieci secondi la sua lingua non avesse ancora controllato le tonsille o le stesse togliendo la maglietta per vederle le tette.
Erano rimasti così un momento, durante il quale lui aveva amato le sue labbra, poi si era staccato con un profondo dispiacere della ragazza. “Che ne dici se continuiamo in camera da letto?”, le aveva chiesto con un sorriso a cui sarebbe stato impossibile rispondere negativamente.
L’aveva cinta ai fianchi e l’aveva accompagnata nella stanza: il letto era fatto, con le coperte ben tirate ed un paio di cuscini bianchi quadrati sopra, dove lui vi si era seduto, poi le aveva fatto segno di accomodarsi sulle sue gambe. Lei aveva sollevato le sopracciglia confusa, ma aveva fatto quanto indicatole, decisamente curiosa di scoprire cos’avesse intenzione di fare. Lui aveva ripreso a baciarla ancora meglio di prima, e poi a spogliarla, appoggiando le labbra sul suo collo e facendola sospirare di piacere. Le aveva tolto la maglietta, mettendo alla luce i suoi grossi seni: non vi si era scagliato contro ma, dopo averli accarezzati e detto che erano meravigliosi, aveva ripreso a baciarla sulla bocca. Francesca aveva iniziato a percepire le mutandine inumidirsi.
Tommaso l’aveva fatta sdraiare e aveva ripreso a spogliarla, togliendole tutto tranne l’unico capo di intimo che indossava. Lei era stupita, ma anche soddisfatta di non essere, una volta tanto, finita sotto le grinfie del solito ragazzotto arrapato che doveva scopare la tipa entro tre minuti o al quarto sarebbe venuto nelle mutande, si disse mentre lui era sdraiato accanto a lei, entrambi su un fianco, e la stringeva baciandola.
Francesca aveva pensato che, in quel caso, se Tommaso avesse continuato così, con tutte quelle coccole e quei baci, sarebbe stata lei a venire nelle mutandine, e la cosa non le sarebbe dispiaciuta affatto. Quando poi aveva pensato che lui stesse prendendo da un cassetto un preservativo ed invece aveva prelevato una bottiglietta rossa con dell’olio da massaggi, improvvisamente le tornò alla mente il bel Daniele, il figo del gruppo di quattro ragazzi che avevano organizzato la gara di pompini e che lei aveva avuto la fortuna di trovarsi nella sua bocca il suo cazzo e di bere la sua sborra. La volta successiva che si erano trovati coinvolti in un amplesso sessuale, lui le aveva messo le mani sul culo, l’aveva tirata a sé, le aveva dato un bacio scadente e poi le aveva detto che loro due si sarebbero divertiti insieme. A ben pensarci, il loro divertimento era terminato nel tempo che Tommaso aveva finito di toglierle la maglietta. Quello che le era sembrata la più bella scopata della sua vita, nell’ottica di quello che stava vivendo in quel momento, le appariva come una squallida sveltina insoddisfacente, una di quelle che nei film la protagonista, al verde, era costretta a fare con il padrone di casa per saldare l’affitto della topaia dove viveva.
Tommaso si era spruzzato un po’ di olio sulle mani e aveva iniziato a sfregarle. In pochi attimi un aroma di gelsomino aveva cominciato a galleggiare nell’aria della stanza, che già era prossima a saturarsi con il profumo del sesso di Francesca che, ancora celato nelle sue mutandine, sembrava piangere desiderio, chiedendosi perché nessuno si ricordasse di lui. Il ragazzo si era seduto sul ventre di lei, aveva appoggiato il suo sguardo nel suo, facendole sentire il suo cuore aprirsi con un sospiro di piacere, e poi aveva iniziato a massaggiarle il collo ed il viso. La voce di lui era calda e seducente, e mentre le sue mani le accarezzavano il corpo, le sue parole facevano lo stesso con la sua anima.
“Dio,” aveva pensato la ragazza, “come ho fatto a stare senza un uomo come lui?”. E se l’era chiesto più volte e in più varianti mentre Tommaso la coccolava come fosse stata una dea. Quando poi aveva raggiunto il suo seno e aveva iniziato a baciarlo e a massaggiarle i capezzoli, sentì la sua fica strabordare di bava che si riversava nelle mutandine. Aveva chiuso gli occhi inspirando a fondo, e aveva avuto il pensiero che quanto aveva appena vissuto fosse stata la cosa che più si avvicinava ad un orgasmo dato dal massaggio dei suoi grossi seni.
L’aveva fatta girare sulla pancia e preso a massaggiarle la schiena, una grossa mano appoggiata sul fianco, come se volesse voluto infonderle calore o ricordarle che lui era lì per lei, per il suo piacere, mentre l’altra esplorava il suo corpo con lentezza, come un turista meravigliato dal panorama, che avesse voluto raggiungere un posto in particolare ma che ogni cosa attirava la sua attenzione, impedendogli di arrivare a destinazione. Lei aveva pensato di stare così bene che avrebbe potuto addormentarsi. Poi aveva sentito le sue mutandine abbassarsi e le mani di Tommaso stringerle le granitiche chiappe con soddisfazione. Quindi l’intimo era tornato al suo posto e lo aveva percepito sdraiarsi accanto a lei, accarezzarle il collo con una mano e con l’altra sollevarle la ciocca di capelli neri che le copriva un orecchio.
A quel punto, di solito, le dicevano che era una gran bella fica e che avrebbero voluto sfondarle il culo, ma lui le aveva bisbigliato: “Che magnifico culo, Francesca. Facciamo un patto: se io sarò abbastanza bravo nel darti piacere, mi permetterai di leccartelo perché, dopo averlo visto, il mio sogno è lasciare una firma con la lingua tra quel capolavoro che hai al posto delle chiappe.” Lei aveva sorriso, e aveva richiesto un momento riuscire a dirgli che ne sarebbe stata felice senza avere la voce rotta dai singhiozzi della commozione.
A quel punto lui l’aveva fatta girare di nuovo supina e le aveva finalmente abbassato le mutandine che, bagnate com’erano di desiderio, sembravano essersi attaccate al suo inguine. Le aveva fatto sollevare il culo per sfilarglieli, poi si era infilato tra le sue gambe, aveva avvicinato il viso alla sua figa e aveva inalato a lungo e profondamente. Quando Francesca lo aveva sentito far defluire il fiato dal suo naso come se stesse appena gustato il cibo più buono al mondo, lei aveva provato più piacere di lui, sorridendo all’idea che avesse gradito l’odore della sua passera.
Poi lo aveva visto baciarsi la punta di un paio di dita e appoggiarle sul suo sesso, quindi si era sdraiato accanto a lei e le sue labbra si erano appoggiate al suo collo, una mano a massaggiarle il viso e l’altra su un seno. Lei aveva deglutito. “Ti prego, scopami!” l’aveva implorato, la voce rotta dal desiderio, ma lui aveva continuato ad accarezzarla e a baciarla. Solo dopo quasi un minuto Tommaso aveva avvicinato la sua bocca all’orecchio di Francesca e le aveva sussurrato: “Voglio godermi il sapore del tuo bocciolo di rosa, voglio amarlo con la mia lingua.” Lei aveva chiuso gli occhi, stordita da tutto quell’amore, dal desiderio che stava colmando la mente. Non ne aveva mai sperimentato tanto, e mai nemmeno se lo sarebbe sognato.
“Sì, ti prego…” aveva concesso.
“Ma voglio legarti al letto” aveva detto lui, poi le aveva passato la lingua sul lato del collo.
Lei aveva avuto i brividi, tremando in tutto il corpo. “Sì”, aveva risposto. In quel momento Francesca non sarebbe stata capace di fare nulla se non sfamare la sua eccitazione. Tommaso l’aveva di nuovo baciata sulla bocca, con profonda passione, poi era scivolato dal letto e legato polsi e caviglie con delle fasce di seta che erano già attaccati alla testiera e alla pediera e che Francesca non aveva notato prima, quando erano entrati nella stanza. Non aveva stretto troppo, ma solo quanto bastava per impedirle di alzarsi dal letto. Quando lui aveva preso posto accanto a lei e le loro labbra si erano unite di nuovo, lei aveva smarrito ogni volontà di andarsene. Aveva sentito il suo utero aprirsi un po’ e una goccia di bava sbocciare come un fiore e colare lungo la sua figa, scivolare tra le sue gambe e perdersi tra le sue chiappe. Aveva pensato che se non si fosse dato una mossa non avrebbe trovato più nulla da leccare ma, cazzo, baciava così bene… Doveva per forza passare alla sua fica? Non poteva restare lì a farla godere con la sua bocca?
Quando le loro labbra si erano staccate, le era parso di provare un dolore fisico…
“Un’ultima cosa, Francesca” le aveva sussurrato nell’orecchio.
Lei gli avrebbe concesso qualsiasi cosa.
“Voglio bendarti” aveva spiegato.
La ragazza aveva tentennato all’idea di non poter vedere.
Lui le aveva baciato la guancia, accarezzandole il collo. “È per proteggere i miei segreti… Non vorrei che questa scopata non ti piacesse e per vendetta andassi a raccontare agli altri come faccio” aveva ironizzato.
Francesca era scoppiata a ridere, anche se lei stessa non ne capiva il motivo: l’eccitazione era tale da impedirle di comprendere cosa stesse accadendo attorno a lei. Voleva solo essere chiavata, chiavata, chiavata fino allo sfinimento.
Lui non aveva chiesto altro né atteso un consenso: dal cassetto aveva estratto una mascherina da viaggio e gliel’aveva infilata in testa e messa sugli occhi. Lei aveva avuto un attacco di panico, ma poi si era calmata subito, quando aveva sentito le mani di lui appoggiarsi sui suoi grossi seni e baciarle i capezzoli. La paura era scivolata fuori di lei con un’altra goccia di bava che era colata lungo il suo perineo.
Poi proprio sul suo perineo aveva sentito qualcosa di caldo e umido sfiorarla e muoversi lentamente verso l’alto. Ancora prima di comprendere che era la lingua di Tommaso che le stava nettando la bava tra le gambe aveva respirato profondamente, e nonostante questo un capogiro l’aveva colta, facendola sprofondare in un abisso di piacere.
Forse l’unico difetto che avrebbe potuto riconoscere in Tommaso era che non parlava mai quando era intento alla sua fica, a differenza del resto del tempo che avevano passato sul letto, durante il quale la sua voce profonda aveva accarezzato il suo desiderio e il suo ego, descrivendole cosa stesse per farle o dicendole quanto era bella e la desiderava. Ma forse era meglio se la lingua la usasse per fare quello che stava facendo, perché era davvero bravo: esplorava con curiosità ogni anfratto del suo sesso, infilandosi in ogni angolo, scivolando sulle labbra e poi succhiandole. Il meglio era arrivato quando si erano unite anche le dita, sprofondando dentro di lei. Se fino a quel momento Francesca aveva ansimato, in quell’istante aveva ululato nel sentire quelle piccole dita aprirle l’utero e occuparne l’interno. Erano due… no, tre: tre dita avevano preso possesso del suo sesso, prima muovendosi avanti e indietro come avrebbe fatto qualsiasi pessimo amante, ma poi avevano cominciato a ruotare dentro di lei.
“Cazzo…” aveva sibilato, “sì.” Era stato qualcosa che non aveva mai provato prima, ed era stato incredibile.
Poi l’altra mano di Tommaso si era appoggiata nell’angolo superiore della sua fica, premendo e muovendosi come se fosse stata intenta a cancellare qualcosa con i polpastrelli. In quel momento anche le dita dentro di lei si chiusero ad artiglio e cominciarono a premere con forza la parte superiore della sua parete vaginale.
“Cazzo sì cazzo sì!” ansimò Francesca, dimenandosi come se un fuoco avesse cominciato a bruciarla dentro.

Linda sentì la mano di Tommaso appoggiarsi sulla sua fronte e spingerla all’indietro. Lanciò un’occhiata al suo uomo, sorridendo. Anzi, dovette sforzarsi per non mettersi a ridere all’idea di cosa stessero facendo.
Il ragazzo, alla vista della sua amata sporca in faccia dagli umori di Francesca e della sua ilarità, pure lui dovette trattenersi dal sogghignare e concentrarsi per parlare con tono serio. «Francesca, il tuo sapore è divino…» disse con voce virile. «Ti piace quello che faccio?»
Lei sembrò non sentire nemmeno cosa gli avesse detto. «Non fermarti, ti prego! Non fermarti!» gridò, tirando le corde che la bloccavano.
Tommaso e Linda sorrisero soddisfatti, poi lui le diede il permesso di continuare e il viso di Linda scomparve ancora tra le gambe di Francesca.

Continua…

Nella raccolta:

Sequel di "Linda la nerd".
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Scritto da:

Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova

Un commento

  1. Adelchi Rizzi
    27/05/2024
    15:26

    Molto eccitante

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