LÈGÀMI – Come Mirella è diventata del professore e ancora lo è

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Mirella ha fame. Mirella ha sete. Mirella ha freddo. 
Vuole qualcosa di caldo che la avvolga.
Mirella guarda nel buio e si sente circondata, condannata. 
Non vede, non sente, non sa. Sa solo che Emilio è il nome di lui e ne conosce il profumo. 
Null’altro.
Intuisce. Può solo intuire il resto.
 “Intuire cosa?”.
 La mente ronza, la mente mente.  
“Intuisco…”.
Intuisce… che lui potrà sfamarla, dissetarla, scaldarla. 
Accanto alla cattedra – sembrano secoli, eppure è stato solo pochi istanti prima – per quella stessa fame e sete, con in bocca ancora l’odore del bacio di lui che lei stessa ha istigato, si è abbassata sulle ginocchia e gli ha appoggiato la testa sul grembo, come per un ordine interiore. 
Docile, zitta, umile. 
Lei, proprio lei.
“Io, la stronza”. 
Con lui, proprio lui. 
“Lui, l’arrogante”.
Lègami”, ha pensato Mirella, immersa in un sogno improvviso, in un’urgenza inattesa, immemore del suo innamorato che l’aspetta fuori, della sua giovane età e di quella decrepita, -“sì, decrepita” avrebbe detto una volta, forse appena ieri – dell’Uomo. 
Svanite le promesse, le premesse. Svaniti prìncipi e princìpi. Dissolta ogni vita passata. 
Lègami” si è ripetuta, dischiudendo la bocca verso di lui. 
Emilio ha taciuto. 
Emilio l’ha ignorata. 
Emilio, semplicemente, si è alzato, è andato via lento, quasi pigro, e ha spento le ultime luci, in fondo all’aula di Fisica, un chilometro lontano, pareva, forse più. 
Ma le ha detto forte, come per caso, profondo, come la voce affiorasse dalle viscere: 
Spogliati. Spogliati e taci”.  
Mirella ha fame. Mirella ha sete. Mirella ha freddo. 
Vuole qualcosa di caldo che la avvolga. 
Mirella è nuda. 
“Mi sono spogliata… come fosse ineludibile, come non avessi mai atteso altro” racconta a sé stessa in quel momento come se lo raccontasse a Serena, la sua amica. Ma non racconta a nessuno di aver guaito – “come cagna, come non ricordassi chi sono” – quando lui, mentre s’addentavano le bocche, le ha domato i capezzoli ritti, strizzandoli a due dita attraverso la maglietta. 
Sembrano ere fa che ti stizziva per la sua boria”, insinua la voce dell’amica. 
Invece sono passati appena pochi minuti, da quando, rimasti soli, lei lo ha provocato, solo qualche giorno da quando ha deciso di sfidarlo. 
È stato uno sguardo? Una parola? Un gesto? 
“Ricordo solo che volevo farlo, Serena, e l’ho fatto”.
 
L’ha fatto e ora, alta e nuda in mezzo all’aula, guarda nel buio e si sente circondata.
 
Sa solo che Emilio è lì, da qualche parte. 
EMILIO C’È”. 
L’Uomo, quell’Uomo, c’è. 
L’odiava. Non più.  
Una cerniera si apre, da qualche parteUna cerniera si chiude.
Qualcosa, come due manette, brillano alla luna. È l’unica luce, l’unica cosa visibile. Uno scintillio ondeggiante, lento e incantatore, come una nenia antica.
 “Come minaccia? Definitiva, senza scampo” pensa MirellaPensiero ovvio, fluido, da scacciare a due mani. Che torna, s’insinua, tormenta.
 
La donna inarca la schiena in un brivido. 
Mugola.
Sente di essere al centro di un universo ignoto che urta contro il suo clitoride duro.
Sbrodola.
 
Geme piano, stringe la lebbra per ridursi al silenzio, scruta la notte.
 
Lo scintillio s’avvicina, da una direzione inaspettata, repentina e poi scompare. Una goccia di sudore scia sulla sua fronte, esita, si ferma e finalmente si lancia in un tuffo disperato, precipitando giù dal naso, come se si fosse suicidata dall’alto della rupe più alta di un pianeta scuro e pastoso. 
 
Se la solitudine fosse liquida sarebbe quella goccia”, pensa Mirella, che vede sé stessa pensare in piedi nel buio, come se fosse un’altra e non lei.
Sorride senza distendere la bocca. Immobile. 
“È   l’attesa bimba. È solo l’Attesa. È l’attesa che hai atteso”.
 
È l’attesa. 
 
Attende…
 
 
Solo buio, non redento dal misero taglio di luna che entra dall’infima finestra di quel minuscolo anfiteatro, “di questo gigantesco utero di sapere e maledizione”. 
E silenzio, attraversato a tratti da un fruscio, come un respiro lieve, lontano, fiato denso e invisibile che taglia l’immobilità degli attimi. 
Anche il cuore, che danza ritmi sconosciuti, tace. 
Mirella tende le labbra in avanti e poi il seno. Impercettibilmente, assecondando le pulsazioni delle sue vene. Come se questo potesse dar luce ai suoi occhi verde selva. Come se questo l’avvicinasse, l’avvicinasse… a Emilio che se ne sta acquattato in quel niente nodoso. 
Emilio, voce, profumo, nulla da sapere – “e ora lo so”-  se non che la pasta di lui è uguale alla sua
Emilio. 
 
“Ma c’è? O è solo ciò che ho sempre solo immaginato? Esiste davvero?”.  
 
Silenzio assoluto. Anche i respiri sono sospesi.    
 
“Sei vicino”.
Lei lo sente. 
Sente che lui è lì, è lì per ammanettarla, ammansirla, ammaestrarla.  
 
Tende le mani in avanti, i polsi tesi in un arco estenuante e sodo…
 

 
… Nessuno raccoglie quell’offerta. 
 
Le mani della donna precipitano nel vuoto, lungo i fianchi, come gemelle orfane in fila per la Comunione, orfane del contatto che hanno avvertito in anticipo, della Comunione che non hanno preso. Mirella ha sentito il gelo delle manette e il dolore del loro morso, il calore delle dita dell’Uomo e il piacere dell’attesa finita che diventa attesa di altro. 
 
Ha sentito tutto. Ma non è accaduto. 
 
“Il Corpo… Amen” salmodia la voce di sé stessa bambina nella testa di sé stessa donna, che sbarra gli occhi al buio a un ricordo così inopportuno, così fuori luogo, così perversamente lontano da quel luogo. 
Eppure, di comunione si tratta”. 
 La donna cambia posizione sulle gambe e si mette in ascolto con ognuno dei suoi sensi. 
 
Nulla. 
Il buio è denso come vino vecchio, quasi duro. Il silenzio è tiepido come pane, quasi morbido.
 
“Oh, madre mia, dove sei stronzo? Quest’attesa mi dilania, quest’oscurità m’affonda, questo silenzio m’annienta. Quanto niente ancora vuoi io sia per donarmi a te? Ed è il niente che vuoi in dono? Sono io il dono?”. 
 
La luna ritira il suo raggio. Nero assoluto. Solo il respiro, ora sì vicinissimo di Emilio, a ritmo serrato e l’odore, l’odore che lei sapeva, non per averlo sentito prima di conoscerlo a lezione, appena un mese fa, ma per averlo immaginato sin da bambina. Odore d’animale misto a inchiostro, coriandolo, sudore. 
 
“È lui il lupo che viene a prendermi?”.
 
Trema Mirella e non sa più se è piacere o terrore e se il terrore è per timore di esser presa o di essere rifiutata. Sa che è sbagliato Mirella, contro le regole, l’unica regola che l’Uomo le ha dato. 
Ma osa. 
Per paura osa.
E parla. 
Contro le regole, parla. 
 
“Professore?” chioccia con un suono che può essere dolore o piacere assoluti. 
“Emilio?”, azzarda.
“Padrone?”, supplica. 
 
 
Un sibilo da un punto imprecisato rompe l’aria, la squarcia e s’avventa.
In meno di un secondo, in meno del necessario per chiedersi cosa sia stato, un secondo sibilo, mangia ancora il silenzio. 
Qualcosa di umido e caldo – “e piacevole, o mamma quanto piacevole” – scorre lungo le sue cosce. 
 
Un terzo sibilo, un quarto.
 
Acqua tra le gambe, Mirella ne sente gli schizzi sui polpacci. 
 
“È un orgasmo”, pensa come se stesse belando, come avesse avuto una rivelazione. 
Orgasmo invadente, disarmante, definitivo. 
Scende dalla nuca come un bruciore, le avvolge le ginocchia, arriva ai piedi e la piega. 
“Gira il mondo, gira la terra… tutti giù per terra”, le canticchia la voce di sé stessa bambina
 
Solo ora, accasciata sul pavimento come una spirale che termina con l’oro dei suoi capelli e inizia col rosso scuro dei suoi alluci, Mirella comincia a ricostruire gli ultimi secondi. 
L’orgasmo – “Era un orgasmo? Lo era, come mai nessuno!” urla al fidanzato – è partito un attimo dopo i colpi. Solo ora, molti attimi dopo, come un viaggio a ritroso in un tunnel caleidoscopico, capisce che erano schiaffi. 
 
In pieno viso, forti, stordenti. 
 
Ma non ne sente il dolore, non ancora. Riesce solo a percepire la traccia che le hanno lasciato sul volto, come bava di lumaca. Solo ora capisce che è la punizione per aver parlato. Solo ora capisce che il bruciore alla nuca è la mano dell’uomo che la inchioda a terra per i capelli.
 
Emilio è piegato su di lei. 
La sovrasta. Ne sente il respiro sulla testa.
“È belva vittoriosa pronta a colpire o è cupola di carne e sangue che mi protegge?”
 
Le labbra dell’uomo si dischiudono lentamente, con il suono di una goccia di pioggia che cade nell’acqua. 
Sta per parlare?
Mirella gira il capo verso l’alto in una fitta di dolore che da sola si procura e desidera. La sua bocca ora respira la stessa aria torrida che l’uomo espira ed è come inghiottire qualcosa di solido e sferico.
 
“È questo il tuo cazzo Padrone? o è la tua anima? e se la tua anima non fosse altro che il tuo cazzo? o peggio, se il tuo cazzo fosse nascosto nella tua fottuta anima?”.
Lo sfida nei pensieri, ma non osa più parlare
L’Uomo stringe la presa sui suoi capelli e le fa male, di proposito. 
Sembra volerla avvicinare ancora di più. Ma si ferma. 
Mi bacia?”. 
L’Uomo non la bacia. 
L’Uomo parla. 
 
Parla, ma prima della prima parola le apre le mascelle con la mano, come una noce. Ci versa saliva densa e dolce come panna, poi ci infila il pene caldo e umido. 
 
Emilio parla, ma a lei sembra lontano. Come lo stesse sognando.  Riesce solo a sentire il glande che le affonda nella gola, nell’esofago, nello stomaco, fin giù nelle sue profondità.
“Nel cavo della fica”
Riesce solo a capire il senso e se ne sorprende, se ne spaventa, se ne inorgoglisce. Come un’esplosione di pensieri, anelli che si irradiano dalla mente dell’uomo e la circondano. 
Ma davvero mi sta parlando o sono nella sua mente? Forse sono un suo pensiero, la schiava da lui pensata… E se non fossi stata altro, sempre nient’altro, che la schiava da sempre pensata da quest’Uomo?” è il sospetto che le toglie l’ultimo fiato e le dona l’unica verità possibile: lei, proprio lei, schiava di un Uomo. 
 
E l’Uomo sta dicendo che non è lei schiava, è lui Padrone. Non è lei ad arrendersi, ma lui a prenderla. Non è lei a piegarsi, è lui ad accettare il destino di averla. Non è lui decrepito – “quest’Uomo mi spia, mi buca, mi sfonda” – ma è lei una giovenca da allevare – “vacca diventerò dunque? Vacca? Si ti prego, rendimi vacca”
Prende lei poiché è lei.  Lui ha scelto. E ora lei sceglierà di serrarsi da sola le manette ai polsi. Lui lo sa. 
 
“Lo so”, mormora Mirella che ora sbarra gli occhi al buio gorgogliando fuori il piacere che l’uomo le riversa in bocca. Cerca di distinguere il volto del suo Padrone – “volevo un Padrone? Che lui fosse il mio Padrone”? -, prova a capire da dove provenga l’afrore che la sommerge e immagina sé stessa inondata dallo sperma di lui che continua, a fiotti, a irrorarla. 
 
Ma non è sperma. 
 
“Così acre e liquido, come poteva? Mi ha pisciato in bocca…”. 
 
Mirella resta immobile, sbavando urina. Abbassa il capo solo quando lui ha finito, sfiancata, e allora sente la lingua dell’Uomo avvolgerle il collo, scorrerle sulla fronte. Come l’assaggiasse. Ne sente ogni papilla sulla pelle.  “Uno, due, tre, mille”, conta Mirellacome se potesse contare tutte le cellule della lingua di Emilio, che, come milioni di membri eretti e ondeggianti, penetrano ogni cellula della sua pelle, l’assediano, la lasciano senza respiro. 
 
A scuoterla, all’improvviso, è solo il luccichio delle manette che galleggiano di nuovo nella luna. Uno scintillio appare anche sul viso dell’Uomo. È una lacrima? La stellina cade tra le mammelle di lei, che la segue cogli occhi, mentre affonda. 
“Sei mia”, dice Emilio. 
“Sei mia”, ma forse ha anche detto: “Ti voglio”. Di sicuro ha detto: “Piegati”.
 
Clic. Clic
 
Le manette sono chiuse. Mirella le ha chiuse, mani dietro la schiena. Da sola. Piegata.
 
“Volevi punirlo e invece ti sta inculando a pecora, a secco, a pelle”, la provoca Serena alla quale sorride beffarda.
 
Mirella non ha più fame. Mirella non più ha sete. Mirella non ha più freddo.
Mirella è libera ora. 
 
La sua libertà di serva di Emilio, di Emilio Padrone, di Emilio che la sta sodomizzando, è iniziata. E sa che da quando è nata non ha mai voluto altro che questo: essere e sentirsi, senza rimedio, intimamente e oscenamente, LEGATA.

Scritto da:

Giungo per caso alla scrittura ed è per raccontare le gesta di alcuni miei amici, Mirella, Marco ed Emilio, con i quali, specifico, non intrattengo rapporti di sesso. Per loro ho scritto un romando "Mirella e i suoi uomini" e un racconto lungo, "Un'affollata luna di miele", pubblicato anche su Erhotica. Per saperne di più su di me e su di noi visitate il nostro sito e scriveteci pure. Sul sito troverete altri interessanti contenuti hot

2 commenti

  1. Carolina
    05/10/2024
    14:07

    È bellissimo il concetto di essere al contempo schiave e libere. La sottomissione deve essere sempre una scelta libera e consapevole in grado di far sviluppare grande padronanza di se. Amo la forza di Mirella nel lasciarsi andare a un uomo che in origine voleva solo sfidare, la sua dignità nell’accettare una “sconfitta” apparente, che cela in realtà una vittoria molto più grande

    1. 06/10/2024
      11:36

      Grazie. Una lettrice femminile mi riempie di gioia, anche perché è sopratutto pensando alle donne che scrivo

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