Lussuria

Categoria: Etero
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Stile: Fantasy

Lo prese per la cravatta strattonandolo verso di sè, le piaceva dopotutto avere il controllo. Molti uomini trovavano più eccitante credere di essere loro a condurre la partita, ma lei trovava di gran lunga più affascinante vedere nei loro occhi quella strana impotenza, come se non sapessero se combattere contro il loro ego o contro la loro lussuria. Superbia o Lussuria? Era una scelta la loro e vederli dibattersi nella loro pelle per decidere se averla o meno, le dava un senso del potere che rendeva il sapore della sua preda più dolce.

La mano si mosse verso il cavallo dei suoi pantaloni lasciandogli una carezza, mentre con la mano lo tirava più in basso verso il suo collo. Ordinava in maniera silenziosa dove baciarla e quando disobbediva stringeva di più il suo cavallo, lasciando che le dita affondassero nel tessuto rigido dei jeans. Alla fine gli diede una leggera spinta, lo fece così allontanare mentre lasciava cadere il vestito ai suoi piedi scoprendo il seno nudo. Lo vide cercare di avvicinarsi e lei fece il broncio prima di dirgli “No, spogliati lì.” Un ordine detto con voce da bambina, capricciosa quanto lo era lei. Voleva solo giocare, a volte si sentiva come un gatto sazio che non voleva mollare la preda e che quindi si ritrovava a tardare il momento in cui l’avrebbe divorata.

Lo vide spogliarsi in fretta, le veniva quasi da ridere, possibile che un uomo come quello che poteva avere tutto si lasciasse così abbattere da lei? Era raro che vincesse la superbia, bastava poco dopotutto e lei sapeva perfettamente quali scegliere. Si morse il labbro inferiore mentre si sfilava l’unica cosa che le rimanesse addosso, un movimento lento in confronto a quello di lui. Forse lui si aspettava uno di quei commenti da film porno. Ne aveva visto qualcuno e aveva riso tutto il tempo, davvero credevano che le donne si eccitassero nel sentirli parlare così? Era certa che si aspettasse un “voglio davvero sentire il tuo cazzo” oppure un “sono la tua puttana”, ma non avrebbe avuto questo da lei. 

-Rimarrai lì a fissarmi tutto il giorno o attendi il mio prossimo ordine?- lo chiese con tono divertito mentre si avvicinava a lui, lenta come una predatrice che sapeva già di avere incastrato la sua preda. Lo vide avvicinarsi, cercare di baciarla con foga e lei si prese quel bacio, il suo membro che lottava per avvicinarsi al suo centro, la sensazione di calore del suo corpo, delle sue mani che cercavano la sua pelle, dei polpastrelli che affondavano nei fianchi burrosi. Un bacio, un altro ancora, le mani di lei che dal petto scivolavano verso il basso, che gli afferravano il membro per modellarlo tra di esse. Le piaceva sentirlo crescere tra le mani, sentire le dita stringersi intorno alla sua intimità.

Si staccò dalle sue labbra, un sorriso malizioso sulle sue, mentre si inginocchiava di fronte a lui. Spostò lo sguardo su di lui, amavano quando lei li guardava e lei amava guardarli, anche se in ginocchio si sentiva così potente, mentre con la mano avvicinava il suo membro alle labbra. Ne assaporò la punta, giocò con essa con la lingua. Ma non si fermò lì, lo assaporò per tutta la sua lunghezza lasciando che la lingua scoprisse la sua pelle, che rabbrividisse di piacere al suo tocco. Continuò, un gioco di lingua che andava dall’alto verso il basso, lentamente quasi a voler aumentare l’agonia di lui, che cercava i suoi capelli insistentemente, cercando di spingerla ad afferrare il suo membro in bocca. Alla fine sembrò capire che più opponeva resistenza al gioco e più sarebbe durato, più avrebbe continuato a stuzzicarlo, a lasciar perdere il suo sesso per baciargli l’interno coscia, per scivolare in qualche altro punto delicato, per sfiorarlo con la punta del naso. Solo quando riuscì a sentire l’elettricità della sua eccitazione sollicarle la pelle lasciò che il membro le scivolasse in bocca, che la lingua lo assaporasse mentre cercava di divorarne il più possibile con movimenti veloci, ripetuti. Una parte di lei avrebbe voluto continuare, sentire il suo sapore sulla lingua, sentirlo ammorbidirsi in quella parte di lei, ma si costrinse ad allontanarsi e rialzarsi, il capo si inclinò verso il lato.

Attendeva la sua mossa, sperava davvero che non fosse così noioso da rimanere lì tutto il giorno, ma per sua fortuna i mortali erano semplici: una volta solleticati volevano semplicemente mettere fine ai loro istinti primordiali. La spinse, le mani che cercavano le sue natiche, la bocca di nuovo sulla sua, il corpo che spingeva contro il suo con bisogno e lei ne era così estasiata. Lo voleva, voleva sentire che sapore avesse quell’umano, quanto avrebbe potuto prendere. Forse avrebbe dovuto fare come in quei filmati grotteschi, dirgli “scopami, trapanami, distruggimi la figa”, ma lei era un demone e quelle cose le sembravano così terribilmente umane. Come lui, così umano mentre la spingeva verso il tavolo, mentre gemeva ai morsi di lei, a quel suo tenerlo per il membro mentre si sedeva sulla superficie in legno, facendo una smorfia divertita nel sentire le dita di lui accarezzarle l’intimità per poi affondare in lei e strapparle un gemito, poi un altro, mugolii di piacere simili a quelli del suo compagno quando era lei a giocare con lui. Si morse il labbro inferiore mentre le gambe si allargavavano posizionandosi sulle sue spalle. Un altro mugolio nel sentirlo entrare, lottare contro la sua carne per averla, per sentire il suo calore. Lo baciò, lo morse, lasciò che le spinte di lui si facessero più veloci mentre lei si sentiva così piena di vita, mentre l’elettricità scorreva su di lei. Ancora, ancora, ancora. Lo voleva sentire ancora, sempre più a fondo, sempre più veloce, anche a costo di sembrare ridicolmente mortale – Scopami, fallo più forte. Distruggimi- gli sussurrò all’orecchio con la voce rauca, mentre lui l’aiutava a cambiare posizione, le sue mani che le stringevano il seno e giocavano con i capezzoli, mentre si inarcava sopra il tavolo, il sedere che andava incontro alle sue spinte, il corpo che si scontrava contro il legno ad ogni movimento di anca di lui. Il cigolio accompagnava ogni sospiro, ogni gemito, ogni richiesta di lei di affondare di più, di andare più forte, di lasciare che ogni suo desiderio si realizzasse. Sentì le sue mani spostarsi, quel suo schiaffeggiarle le natiche quasi a voler reclamare la sua superiorità; se solo avesse saputo che da lì a poco avrebbe compreso che non era altro se non un mortale, se non del semplice cibo. Piacere, sazietà, elettricità invadevano il suo corpo sino a diventare pura energia quando lui lasciò che lo sperma le invadesse l’intimità.

Si leccò le labbra mentre si alzava, le braccia che si alzavano verso l’alto per stiracchiarsi prima di voltarsi per guardare l’essere pelle ed ossa che giaceva immobile sul pavimento, il sorriso beato di chi era morto per il piacere. -Ora non ho più fame- disse il demone guardando quel corpo nudo, rinsecchito, lo aveva assorbito e ora si sarebbe semplicemente fatta una doccia prima di gettarlo a Gola per fare in modo che fosse anche per lui una cena. 

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