Maela – capitolo 2

Categorie: Dominazione, Etero
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La prima settimana era stata la più difficile, sotto alcuni punti di vista impegnativi.
Maela aveva spiegato a Dago e Paola che per fare quello che loro desideravano aveva bisogno di qualcosa di diverso, aveva bisogno di conoscere, di capire, di riuscire a catturare lo spirito, l’anima dell’azienda. Solo in quel momento avrebbe potuto poi sviluppare un piano diverso.
Per fare questo aveva passato molto tempo assieme a Paola e a Dago, incalzati da domande che portavano la ragazza e cercare di carpire tutte quelle informazioni che pensava le sarebbero servite. Vi erano momenti in cui Dago si sentiva quasi nudo dalla qualità delle domande che Maela gli faceva e da come lo osservava mentre rispondeva.
Dopo circa dieci giorni aveva comunicato che credeva di avere raccolto sufficienti informazioni e avrebbe iniziato a lavorare ad un piano.

Dago aveva sentito improvvisamente sparire una pressione sotto cui si era sentito e in un primo momento si era sentito finalmente libero di tornare alle sue faccende ma piano piano, nella sua testa, si era fatto spazio la mancanza del contatto quotidiano e costante con Maela.
Ovviamente la ragazza non veniva a lavorare vestita come il giorno del colloquio, vestiva molto più sobria, tipo jeans e camicetta, roba simile, anche se le generose forme del suo corpo restavano evidenti.
Paola aveva notato che Dago usciva più spesso dal suo ufficio, che passava dall’ufficio di Maela a chiedere se desiderasse un caffè o se le servisse altro e si allontanava un po’ abbacchiato visto che lei rispondeva sempre che non le serviva nulla. In particolare, quello che destabilizzava Dago era il fatto che lei gli rispondeva da una dimensione diversa, concentrata sul suo lavoro, insensibile al suo fascino, alla sua voce.
Era addirittura arrivato a pensare che lei avesse studiato i suoi orari ed entrasse ed uscisse dall’ufficio in modo da evitare di incrociarlo.
Nonostante continuasse a ripetersi che Maela era lì per un progetto importante, una parte di lui non riusciva a smettere di pensare alle sensazioni che aveva provato quando aveva preso in mano il suo curriculum quel giorno, o a quando avevano fatto il colloquio nel suo ufficio. Era come se avesse la sensazione che lei lo evitasse di proposito e questo lo infastidiva. Non era rabbia, era uno di quei fastidi a ‘bassa frequenza’ che ti tormentano tutta la giornata.
Ne aveva anche parlato con Paola, che gli aveva garantito che la ragazza si era buttata nel progetto anima e corpo, oltre le aspettative che lei stessa sperava e lo aveva convinto a lasciare alla ragazza lo spazio per cui era stata assunta.
Facendo appello alla sua forza di volontà aveva cercato di rinchiudere quei pensieri in un angolo remoto del suo cervello. La cosa più interessante era che lui pensasse di esserci riuscito.

Il lunedì mattina, lui, Paola e Maela avevano avuto una riunione. Maela li aveva aggiornati sullo stato dell’arte del suo progetto e aveva promesso che nei prossimi dieci giorni tutto sarebbe stato pronto per la presentazione e le valutazioni.
Entrambi erano stati entusiasti degli aggiornamenti di Maela che sotto alcuni punti di vista aveva anche anticipato delle tempistiche che loro avevano stimato e alla fine della riunione ognuno si era tuffato a capofitto nelle proprie mansioni dimenticandosi del resto del mondo per tutta la giornata.
Dago era stato portato alla realtà da Paola che era passato a salutarlo prima di andarsene, come faceva tutte le sere. “La ragazza ci sta mettendo anima e corpo in questo progetto, non esce mai dal suo ufficio … “gli aveva detto prima di chiudere dietro di se la porta.
Dago aveva pigiato i tasti che servivano per completare un cordiale saluto e poi aveva inviato la mail.
Aveva sganciato la posizione relax della sua poltrona e mettendo i piedi sulla scrivania e le mani dietro la testa aveva fatto un profondo respiro avendo la netta sensazione che le cose stessero per girare nel verso giusto.

Non si era reso conto se era rimasto lì a fantasticare 5 secondi, 5 minuti o 5 ore ma ad un certo punto si era accorto che il tramonto era passato e che fosse il caso di andare a casa.
Era uscito dal proprio ufficio e stava per andare alla porta principale quando una luce aveva attirato la sua attenzione, una luce che non avrebbe dovuto esserci. Di solito era lui l’ultimo ad uscire, quello che chiudeva, anche se tutti i dipendenti avevano le chiavi.
Cautamente si era mosso e aveva cercato di capire chi e cosa stesse facendo e gli ci vollero pochi secondi per vedere attraverso le pareti di vetro che formavano il corridoio principale, che era l’ufficio di Maela, il computer dell’ufficio di Male ad emettere quella luce. Rimase in un angolo, senza farsi notare, ad osservarla per qualche minuto, intenta a lavorare al computer, le dita veloci che facevano ticchettare la tastiera. Aveva sorriso, orgoglioso di avere scelto una persona così coinvolta nel progetto da fare più tardi di lui e, non volendola disturbare, era scivolato via in silenzio come un’ombra.

Era salito in auto, aveva selezionato una playlist di jazz rilassante, abbassato i finestrini e aveva guidato, con una calma che non era da lui, verso casa. Aveva cerato di respirare, di concentrarsi su altro, ma una volta infilato l’auto nel box e spento la musica la curiosità di avere un’anteprima delle cose su cui Maela stesse lavorando iniziò a corrodere la sua forza di volontà.

Il tempo di fare in ascensore i 12 piani che lo separavano dell’appartamento sovradimensionato per le sue esigenze ed era in preda ad una frenesia che di solito sentiva solo in situazioni completamente diverse che di solito coinvolgevano una donna.
Aveva accesso il portatile che teneva a casa e aveva lanciato il programma di connessione al server che Leo, il suo compare, come amava chiamarlo lui, l’amico che fin dalle elementari condivideva qualunque cosa, nonché consulente informatico dell’azienda, aveva preparato per lui.
Gli era apparsa una schermata dove apparivano tutti i computer dell’ufficio, che in questo momento erano tutti spenti. Aveva fatto un’ulteriore verifica con il sistema di sicurezza e a quanto pare Maela era andata via.
Aveva combattuto con la sua coscienza ma alla fine non aveva resistito e aveva dato una serie di comandi che gli avevano dato un accesso segreto al computer che aveva usato Maela e si era messo a cercare i file su cui aveva lavorato con l’intenzione di avere un’anteprima del progetto di marketing.
Peccato che l’elenco dei file su cui aveva lavorato Maela nei 90 minuti prima di uscire dall’ufficio avessero tutti dei nomi che potremmo definire particolari.
Il suo battito cambiò drasticamente e gli occhi divennero una fessura.
Doppio click sul primo file di word “il cucchiaio”. Le parole entrano dai suoi occhi, passano per il cervello ed entrano nello stomaco ad una velocità pari a quella della luce, mentre la pressione sanguigna e all’interno dei suoi pantaloni inizia ad aumentare. Poi è il momento di “Il piacere”. Poche intense parole che descrivono un momento.
Poi tocca ad una serie di immagini, dove il corpo di Maela non ha bisogno di essere immaginato, è esposto in modo inequivocabile, stimolante.
Restava a fissarle, aprendolo una dopo l’altra, quasi inebetito.

Controllo un lungo elenco di file, verificando anche che il famoso progetto di marketing esisteva ed era veramente a buon punto, oltre ad essere veramente interessante.

In testa continuava a ronzargli il pensiero di come fosse stato possibile non accorgersi di alcun segnale. Era vero che non c’era bisogno di mostrarlo a tutti e in fin dei conti lui stesso era uno che non portava addosso nessun simbolo, ma nel tempo aveva imparato a riconoscere degli atteggiamenti.
Nella testa, nello stomaco e anche nei pantaloni continuava ad arrovellarsi come non fosse stato in grado di cogliere i segnali di che tipo di persona fosse Maela, fuori dall’orario di lavoro.

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Lascio che la realtà ispiri le mie fantasie che arricchisco con le mie perversioni

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