Sottomessa da uno sconosciuto – pt.01

Prima parte

A quella festicciola in casa di pseudo-amici, molti anni fa, parteciparono ragazzi e ragazze di diverse età. Si respirava una sensazione tipica delle serate di gruppo tra gente sconosciuta ma attiva. Quindi inizialmente poco affiatata, ma con dinamiche simpatiche che permettevano tutti quanti di far nuove conoscenze. Infatti avrei potuto dire di sentirmi un pesce fuor d’acqua, conoscendo soltanto la festeggiata e Luca, il mio ragazzo di allora, ma c’era sempre qualcuno o qualcuna che mi rivolgeva la parola, curiosa di saperne di più di me. 

Ad essere sincera l’idea di far nuove conoscenze non era nelle mie intenzioni, tant’è che non perdevo mai troppo tempo con i discorsi in cui, di volta in volta, la gente mi inseriva. E senza sembrare troppo antipatica, con un sorriso di circostanza cercavo di restare sempre in movimento. Passeggiando per gli ambienti mi rendevo conto che gli amici di Anastasia erano davvero tanti. Lei era una vecchia amica di Luca, e aveva raccolto le sue conoscenze in una serata per festeggiare pomposamente il suo venticinquesimo compleanno. Non la conoscevo, se non di rimbalzo tramite le storie che Luca mi raccontava negli aneddoti del loro passato. Non me ne fregava tanto, a dirla tutta. Infatti dopo una mezz’ora circa non ero più nemmeno sotto il loro raggio visivo. Avevo già molta sete e pensai che probabilmente avrei cominciato a bere sangria per conto mio. Così prima di sparire mi riavvicinai a loro due che ballavano nel mucchio e li avvisai di ciò: 

G- Ragazzi io sono alle bevande, bella serata comunque… 

L- Certo amore, non c’è problema 

A- Sono contenta che anche tu ti stai divertendo, c’è un sacco di gente che voleva conoscervi! 

G- Hai ragione! Grazie ancora per questo invito! A più tardi, vado in giardino… 

Mi allontanai quasi con sollievo. La musica non era di mio gradimento. E forse anche Anastasia. Certo, lei non mi era antipatica, ma eravamo due persone molto differenti. Nel rispetto della loro amicizia, decisi di accompagnare Luca ma avrei fatto volentieri a meno. Quanto a lui, non mi interessava troppo indagare nel suo passato, anche perché la nostra relazione nacque in un periodo in cui non volevo legarmi troppo a nessuno. 

L’appartamento era all’ultimo piano di un edificio in periferia. Aveva un attico con giardino e una vista gradevole. Era una sera di metà maggio, e faceva già abbastanza caldo per quel periodo. Indossavo una canotta leggera nera ed un jeans estivo, di quelli a vita alta. Anastasia aveva allestito la sua abitazione inserendo casse audio dappertutto, la musica arrivava fin all’ingresso del suo giardinetto, e io mi rifugiavo sempre là fuori, dove il chiasso si attenuava. In quei frangenti incrociavo spesso alcuni gruppetti di ragazzi curiosi della mia presenza, e che con una scusa banale cercavano di fermarmi per farmi compagnia. Io con altrettante scuse me la svignavo e ritornavo alla tanto cara sangria. Ad un certo punto, ho avvertito anche qualcuno che mi scattava delle foto, in modo non troppo convenzionale. In quel mio ricercare un po’ di quiete, continuavo a pensare che Anastasia era comunque una ragazza economicamente ben messa, se aveva assunto anche dei fotografi. E che nessuno in condominio si stava lamentando di tutto quello schiamazzo. 

Infatti dopo altri 30-40 minuti, mi resi conto che la festa diventava sempre più affiatata. Gli sguardi, gli argomenti, e le proposte dei maschietti diventavano sempre più mirate e poco fraintendibili, per quanto riguarda i loro intenti. Alcuni di loro erano comunque carini e simpatici, non c’era dubbio, ma la sensazione che mi trasmettevano era che conoscevano abbastanza bene Luca, quindi evitavo di ficcarmi in situazioni di poco controllo. Allora mi chiesi se forse avevo scelto jeans troppo aderenti per quella festa. Ma era una domanda ormai priva di senso. 

Entrai quindi nell’enorme sala da pranzo per rilassarmi un attimo sul divano, e fui alquanto stupita di quanto fosse vuota di gente. Erano tutti altrove nelle altre stanze a ballare. Lì dentro c’era soltanto quel tipo con la fotocamera, che appena mi vide mi chiese di farmi qualche scatto sul divano. L’avevo riconosciuto subito perché prima di allora aveva preso a fotografarmi tutto il tempo, e senza chiedermelo, dapprima in modo furtivo e defilato, ma poi in modo sempre più disinvolto e menefreghista del mio rifiuto con lo sguardo. 

G- Guarda che non sono io la festeggiata… – gli dissi ad un certo punto, lì seduta con tono avverso ma appagante.

S- Lo so, ma Anastasia non ha lo stesso seno che hai tu.

G- Tu quindi conosci la festeggiata? Comunque ti ringrazio per questo “complimento”… Per quanto Anastasia sia obiettivamente bella. 

Questo tale, facendomi capire che mi squadrava da un bel po’, rispose: 

S- Figurati. Sì è vero Anastasia è carina, ma te lo ripeto, tu hai delle tette fantastiche. E poi è anche merito tuo, se metà degli uomini qui dentro se ne sta accorgendo. 

Parlava in tutta tranquillità senza abbassare la voce. Primo perché eravamo ancora soli in quella stanza. E poi la musica in quell’area ci isolava acusticamente. Ma non sembrava solo questo a disinibirlo. Mi spiazzò anzi, rispetto alla media dei tipi incrociati alla festa finora: 

G- Beh, però nessuno di loro si è rivolto in questo modo a me. 

S- E la cosa ti disturba? Mah io non credo affatto – E in effetti la cosa non mi aveva disturbato. Ma non mi permise nemmeno di replicare perché in modo altrettanto esplicito continuò – Anzi, secondo me stai cercando proprio che qualcuno te lo dica chiaramente. Sono convinto che hai fatto di proposito questa scelta di abbigliamento, volevi a tutti i costi mostrare qualcosa che li stupisse, qualcosa che Anastasia non ha. Lei non ti sta molto simpatica, vero? 

Con un po’ di imbarazzo ed esitazione, annuii. Ma era la verità. 

G- Glie lo dirai? 

S- Macché! Non la conosco nemmeno, è la sorella di un mio collega di lavoro. Presentatami ad una serata in discoteca e stop. Beh, un po’ papera in effetti lo è… 

Mi risollevai. Mi aveva appena dato quel complimento sulle tette e stavo evitando di espormi troppo a causa del poco terreno sondato fino a quel momento, sui legami degli invitati. Pensai comunque che stavo facendo bene a non sbilanciarmi troppo con lui. 

G- Vado a bere un po’ di sangria – gli dissi. 

In silenzio, mi seguì. Arrivati al banco per servirmi, con la scusa della musica assordante si avvicinò al mio orecchio e mi disse: 

S- Ma il premio te lo darei per il tuo fondoschiena, hai il culo più bello di tutto il quartiere. 

Mi rubò una smorfia. Non era un sorriso, ma un ennesimo stupore. Rivolsi lo sguardo a lui. Il suo era invece fisso sul mio culo. Aveva cominciato a fantasticare probabilmente. Volli trasmettergli una certa sicurezza e feci finta di nulla, senza nemmeno evitare il modo probabilmente provocante che avevo nel camminare con un jeans così aderente. 

G- Abiti da queste parti quindi? 

S- Ho un appartamento in affitto qui al piano di sotto – Ecco perché il vicinato non si stava lamentando. 

E seguitò con alcuni dettagli, ringraziandomi per aver deciso di usare un tessuto così elasticizzato in modo da potergli permettere di notare qualsiasi cosa. La conversazione procedeva in questo verso, e poco alla volta questo tipo cercava di portarmi sempre più alla lontana dagli altri, isolandoci dal resto.
Non avevo forti dubbi sui suoi intenti, ma mi stupiva l’attenzione maniacale che nutriva nei miei confronti. Aveva insinuato il fatto che io e il mio “ragazzo” non eravamo molto affiatati, che conducevo una vita sessuale instabile, la mia curiosità per il bizzarro e l’insolito. Evidentemente lui voleva certificare le sue impressioni avute nei miei confronti. D’altro canto, anche io mi stavo rivelando curiosa di capire che idea si era fatto finora su di me. Tant’è che quelle allusioni fino a quel momento non mi stavano irritando, anzi mi avvicinavano a lui perché ci aveva preso in pieno. 

In quel periodo più che mai mi stavo sentendo aperta a nuove esperienze, cercando di distogliermi di dosso concetti che non facevano parte di me. In quel momento ammetto di essere stata brilla per l’alcol, ma percepivo con lucidità quella sensazione di disinibizione perché gli argomenti espliciti sul mio corpo stavano continuando, ma io avevo piacere che tutto ciò avvenisse ancora. 

Era un tipo molto sveglio, lo ammetto. Perché dalle risposte che gli davo sulla mia momentanea vita sessuale aveva estratto idee sulle mie fantasie, che non si discostavano quasi mai dalla verità. La più emblematica fu proprio quella sullo sperma, che lui colse come mio estremo feticcio. Ciò gli permise di ingigantire l’atmosfera di una certa “tensione”, perché aveva capito su cosa poteva lavorare, anche se avevo capito anche io senza più dubbi, di lui, che aveva intenzione di scoparmi. 

S- Sapevi che lo sperma funge da antidepressivo?  L’effetto che tu hai quando lo bevi, è dovuto ai suoi ormoni… – e continuando – …Il tuo ragazzo dovrebbe dartene il più possibile, per il tuo bene e per il tuo piacere. – Spesso preferivo non controbattere per cercare di non sbilanciarmi, soprattutto su questo argomento. Ma la cosa non aveva più importanza, gli argomenti erano lanciati e se io non mi stavo allontanando da lui, dopo tutto ciò, era chiaro che lui aveva ormai tutta la mia attenzione. Mi convincevo che in fondo lui non avesse più bisogno di una mia risposta. 

Ad un certo punto ricevette una chiamata dal cellulare. Ricordo che prima di allontanarsi aveva verificato chi fosse sul suo display, permettendomi anche solo per una frazione di secondo di notare l’immagine impressavi. 

S- Arrivo subito. Non fuggire via…. 

Per i minuti a seguire quella chiamata, non avevo poi intenzione di dileguarmi. Ormai Anastasia e Luca erano anni luce lontani da me, ci trovavamo in una panchina in penombra su questo giardinetto, ed io mi stavo sentendo più che mai a mio agio. Ma a dirla tutta, ci fu una cosa che mi tolse ogni dubbio, sul voler restare ancora un po’ in sua compagnia, ed era quell’immagine del suo display. Ritraeva probabilmente il volto della persona che l’aveva contattato, ovvero una donna in primo piano. In quell’attimo ho potuto notare però soltanto il colore dei suoi capelli lunghi, rossi, raccolti a coda di cavallo, e il suo collo ben in vista, essendo la foto scattata frontalmente. Sembrava indossasse abbastanza chiaramente una sorta di collare speciale, di quelli che vengono utilizzati tipicamente nei giochi BDSM, di pelle nera con un anello centrale vistoso nella parte frontale. Cosa poteva significare forse non era poi così importante, ma posso confermare con assoluta certezza che fu quel dettaglio a lasciarmi piantata a quella panchina, ad aspettarlo. 

Dopo circa 5 minuti ritornò, e sembrava ancora più arrapato di quanto non fosse stato prima. Ricominciò a parlarmi fissandomi la scollatura, con l’intento di voler parlare ancora di sesso e approfondire i miei feticci: 

S- Vorrei fotografarti ancora, sai? 

G- Ah si? E la tua ragazza è d’accordo? 

S- Non ho ragazza. 

G- Allora chi era la fanciulla con il collare BDSM con cui hai parlato? 

S- Una mia carissima amica aveva bisogno di una cosa – mi disse sorridendo – …curiosona. 

Il suo sguardo divenne inevitabilmente molesto. Mi sentivo totalmente spogliata e palpata con i suoi soli occhi, e mentre avveniva tutto ciò io restavo ferma a fissarlo. 

S- Stai notando l’effetto che stai facendo su di me? – e mentre mi pronunciava queste parole, sempre con sguardo da porco fece un gesto che di solito fanno degli uomini quando sono molto eccitati ma non sono osservati da nessuno, ovvero aprire le gambe e infilarsi una mano nei pantaloni, per provare ad aggiustarsi il loro pene ingrossatosi e sistemarlo in modo più comodo. Tutto ciò, avvenuto davanti ai miei occhi, mi permise di capire che lui era evidentemente infoiato per me, ed era anche alquanto dotato. Io rimasi invece immobile a fissarlo senza muovere ciglio. 

Cominciò allora a parlarmi di porno, senza alcun preavviso: 

S- Scommetto che tu ti sfondi di porno vero? Saresti una perfetta pornostar… 

Mi parlava di posizioni, di categorie estreme. E io restavo sempre in silenzio a fissarlo. I suoi discorsi cominciavano a prendere pieghe sempre più spinte e il suo intento era ormai portare alla deriva gli argomenti della conversazione, per non conceder loro né tregua né fine, alimentando la percezione nell’aria che l’unica via di fuga e attenuazione di quei concetti fosse una fugace e bestiale scopata. Io però nel frattempo ero sempre intenta a scoprire di più su quel dettaglio della foto sul display: 

G- Ma cosa te ne fai delle foto con il mio corpo? 

S- Non sono un professionista del settore della fotografia, ma mi piace molto fare dei collage con tutto ciò che mi piace, e che mi eccita. Non so se mi segui con il discorso. Li ho con me nel mio appartamento e quando ho voglia di masturbarmi ricorro a questi collage. 

G- Lo fai anche con la tua amica? 

S- Sì lei è d’accordo. Anche se di solito facciamo altri tipi di pratiche… Ti ha mai detto nessuno che hai dei polsi bellissimi? – Fu una domanda bizzarra, lasciata cadere nei miei timpani, che non lasciava alcun dubbio sui suoi intenti. Nonostante ciò, lasciai che la mia estrema curiosità mi trascinasse nel buio di quell’incerta situazione, pilotata da un individuo di cui non sapevo ancora il nome: 

G- Posso vedere questi tuoi collage? 

S- Certo. – e si alzò – Seguimi. 

(CONTINUA)

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Scritto da:

Ciao a tutti! Ho scelto Sasha come nickname per licenza poetica ed ispirazione, ma il mio vero nome è Gilda. Classe '88, sono felicemente fidanzata, innamoratissima e fedele. Tuttavia ho scoperto una naturale tendenza a scrivere racconti basati su avvenimenti presenti e (soprattutto) passati, legati alla sfera di questa mia bizzarra sessualità. L'obiettivo è duplice: materializzare pensieri e riflessioni tramite racconti, ed appassionare il lettore di turno. Spero vi piacciano!

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