Spettacolo a pagamento

Erano passate ormai tre settimane dal mio arrivo sull’isola. Il mio rapporto con Ettore stava diventando sempre più amichevole e da due settimane a questa parte avevo iniziato anche a farmi regolarmente la barista Cara con la scusa di aiutare la giovane coppia a sistemare il giardino.

Ettore mi aveva rivelato che sua moglie Anita e la cuoca Daria non sarebbero tornate prima della seconda metà di luglio, mentre la figlia Gloria sarebbe arrivata agli inizi del mese.

Con Ettore era nata una certa intesa. Parlavamo spesso del più e del meno, ma anche di argomenti più interessanti ed intimi. Avevo raccontato del mio “rapporto speciale” con la barista e lui si era dimostrato decisamente interessato. La sua malattia gli impediva di poter fare il farfallone in giro, e inoltre lo costringeva ad essere sottoposto a controllo continuo praticamente su ogni cosa a partire dalla dieta.

Una sera venne alla dependance dove alloggiavo, si lasciò andare ad un piccolo sfogo e nascosto dalle domestiche che lo controllavano, si fumò una canna insieme a me. Si rivelò una serata interessante, perché Ettore iniziò a parlare a macchinetta in preda alla leggerezza dell’erba appena salita.

         «Sai, credo che la mia malattia sia solo una scusa. Oh, non fraintendere sono davvero malato, però ecco anche prima non è che facessi molto sesso. Ho sempre amato più guardare.».

         «Ettore, non sarai mica uno di quelli che amano essere cornuti?!».

         «Non mi giudicare!».

         «Non ti giudico! Io non potrei mai, ma tu sei libero di fare quello che vuoi.».

         «Provo qualcosa di incredibile nel vedere le donne a cui tengo essere scopate da altri. Mia moglie Anita, la mia figliastra Gloria … anche la barista. Ho sempre avuto una cotta anche per lei dalla prima volta che l’ho vista.».

         «Per questo mi hai consigliato di andare lì? Speravi che me la scopassi?».

         «Sì! E non hai deluso le mie aspettative! Sai potrei anche pagarti per vederti all’opera, come fosse uno spettacolo teatrale.».

Fece ancora qualche tiro e poi si addormentò di colpo sulla poltrona. Mentre io nel frattempo riflettevo su quelle parole.

La mattina successiva fummo svegliati dal bussare alla porta.

         «Galeotto, sei sveglio?».

         «Entra!».

La barista entrò nella dependance. Indossava un top lilla che risaltava le sue tetto grandi e morbide. Un paio di leggins grigi e al collo portava un collare da cagna con un ciondolino con scritto “Galeotto”.

I suoi occhi chiari notarono subito che non ero solo e d’istinto coprì il collare con i lunghi capelli rossi.

         «Oh, non ti preoccupare lui è Ettore, il mio datore di lavoro.».

Mi girai verso di lui.     

         «Sempre disposto a pagare per lo spettacolo?».

La risposta fu un cenno di assenso con la testa.

         «Non nascondere il collare, Cara. Ettore ha pagato il biglietto. E poi non devi vergognarti di far vedere che sei la mia cagnetta!».

Cara sorrise e scoprì il collare.

         «Ettore, vuoi spogliarla per me?».

Gli occhi dell’uomo si accesero. Non l’avrebbe scopata, lei era mia, ma era come se così facendo mi stesso consegnando nella mani l’oggetto del suo desiderio.

Cara si avvicinò a lui e lasciò che le sue mani le togliessero il top, liberando quel bel seno morbido e dai capezzoli già turgidi. Fu il turno poi dei leggins che caddero a terra mostrando una bella patatina completamente rasata, non portava le mutandine. Guardando Ettore si poteva chiaramente vedere l’erezione crescergli nei pantaloni.

         «Ora il nostro ospite non potrà più toccarti. Racconta ad Ettore quello che hai capito.».

         «Certo! La nostra relazione è particolare. Io amo mio marito, ma da quando ho conosciuto il mio bel galeotto non posso fare a meno di essere attratta da lui. So che è una relazione a tempo, prima o poi finirà ma voglio viverla appieno. Ho scoperto di voler lasciare il controllo a lui, mi eccita e mi fido. Lui sa quali sono le mie voglie e le mie fantasie. E mi ha promesso di impegnarsi a farmele realizzare. Quindi ora si goda lo spettacolo, signor Ettore.».

Detto questo la bella Cara si inginocchiò davanti a me, mi slacciò i pantaloni ed iniziò a succhiarmi il membro, facendolo crescere dentro la sua bocca.

I suoi occhi brillavano mentre gustava la mai asta.

La feci sdraiare sul letto e, una volta aperte le gambe, iniziai a leccare la sua passerina fradicia. Diventava sempre più umida e grondante di umori. Venne.

Mi misi a sedere sul divano accanto a lei.

         «Ettore vieni a vedere da vicino.».

L’uomo si mise in ginocchio davanti alle gambe aperte della barista.

Iniziai subito a masturbarla. Alternavo stimolazione del clitoride e ditalino. Prima piano poi sempre più velocemente. Sentivo il piacere montarle dentro e poi… schiaffo sul suo sesso. Una sussulto da parte sua. Seguito dalla mia ripresa nella sua masturbazione. Ancora una volta sul crescere del piacere. Schiaffo. Andai avanti così per un po’ fino a quando non mi implorò di farla godere.

«Non ti fermare! Vengo!».

Gridava e a quel punto sul montare del piacere aumentai il ritmo delle mie dita dentro di lei, liberando il suo orgasmo che si manifestò con una fontanella di umori. Squirtò tutto il suo piacere proprio addosso ad Ettore che non si mosse minimamente. Ricevette gli umori di Cara estasiato.

         «A quattro zampe!».

La barista eseguì l’ordine.

Era a pecora sul letto proprio di fronte ad Ettore che fissava estasiato il suo seno burroso che penzolava.    

         «Non mi guardi nemmeno in faccia, eh?».

         «Lascialo stare, Cara, con quelle mammelle così nessuno ti guarderebbe in faccia. Ora vediamo se lo ipnotizziamo a colpi di minchia?!».

Iniziai a penetrarla con forza. Era fradicia e il mio cazzo scivolava dentro lei come fosse nel burro. Le sue tette oscillavano avanti ed indietro seguendo il ritmo dei colpi delle mie penetrazioni. Ed Ettore le guardava ammaliato.

         «Scopami! Sono la tua cagna!».

Aumentai ancora di più il ritmo.

         «Sto per venire, galeotto.».

Le sue gambe tremavano.

         «Anche io! Dove la vuoi?».

         «Sulle tette. Vienimi sulle tette!».

Sentivo la sua patatina contrarsi intorno al mio pene. Lo tolsi, la girai e venni copiosamente sul suo seno enorme e sudato. Ero sopra di lei, la baciai e mi spostai.

         «Ettore, ti va?».

Aveva capito al volo.

Si avvicinò e senza dire niente iniziò a succhiare le tette di Cara coperte del mio seme.

Si alzò in piedi.

         «Grazie! Vi lascio soli, poi ti do il prezzo del biglietto!».

Aveva una grossa chiazza nei pantaloni, era venuto senza nemmeno toccarsi.

         «Tuo marito è partito stamattina?».

         «Sì.».

Mi avvicinai alla sua faccia e le misi il mio arnese semi duro vicino alla bocca. Lei lo prese e lo ripulì, facendomelo tornare duro.

         «Preparati perché questa settimana che lui sarà via, realizzerò diverse tue fantasie. Ma ora succhiamelo che mi è tornata la voglia!».

Scritto da:

Cosa dire di me? Sono uno scrittore amatoriale. Amo il genere dominazione, ma non disdegno tutto ciò che può essere interessante e coinvolgente. Se hai una storia da raccontare, ma non sai come farlo... scrivimi e troveremo un modo insieme! sono su Facebook come Canta Storie e alla mia mail Cantastoriedal28@gmail.com

Commenta  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *