Una gita ai Castelli

L’intesa con Francesca è totale.

Francesca è un’artista, dotata di rara e profonda sensibilità accompagnata da una magistrale capacità realizzativa qualsiasi sia il campo di applicazione della sua arte.

Costruisce mosaici, ma non quelli su cartone, veri mosaici sui pavimenti, che produce utilizzando scampoli di ceramiche di varie provenienze, vetri, plastiche dure dipinte a sgargianti colori che posa con sapiente abilità a formare disegni, rappresentazioni, immagini astratte caratterizzate da tinte vivaci e contrasti arditi. Protegge poi le sue opere, perché di opere d’arte si tratta, con colate di resina epossidica trasparente che poi lucida a specchio. I suoi mosaici sono particolari non solo per i temi ed i componenti ma per il fatto che sono spesso tridimensionali.

E questa sua produzione ha iniziato a decollare dopo che un cliente del suo ex marito, titolare di una piccola impresa edile, ha mostrato su Pinterest la sua casa ed in particolare il mosaico che ricopre un bellissimo tavolo da esterno.

Mi ha chiesto un giorno di luglio di accompagnarla ai Castelli, a Grottaferrata, per fare un sopralluogo nella villa di un ricco sanitario romano che le ha richiesto un mosaico da inserire nel pavimento di un salone.

Mentre ci recavamo con la mia MG senza capote salendo per la Anagnina, abbiamo iniziato a discutere sul soggetto.

“Il professore mi ha chiesto di realizzare un mosaico con il suo stemma. Dice che la sua famiglia risale al dodicesimo secolo e che era venuta dall’Albania a seguito di alcuni monaci che poi si sono stabiliti lì a Grottaferrata ed hanno dato origine all’abbazia di S. Nilo.”

“Quindi sono di origine bizantina” le dico. Stiamo entrando in uno dei campi in cui mi sento ferrato, la storia medievale romana.
“Boh, dice di sì.”
“Ma nel XII secolo non esistevano stemmi nobiliari. Al massimo c’erano i vessilli delle grandi famiglie nobili romane che governarono l’Urbe, i Colonna, i Teofilatto, i Crescenzi fino alla cattività avignonese. Gli stemmi come li intendiamo noi sono successivi.”
“Anzi, mi sembra di ricordare che l’Abbazia di S. Nilo fu fondata proprio grazie alla donazione di terre e risorse da parte di un Teofilatto, mi pare Gregorio dei Conti di Tuscolo. Fu il figlio di Gregorio, Romano, che poi diventò papa con il nome di Giovanni XIX, a garantirne il possesso e l’autonomia e a consacrare la chiesa di S. Maria.”.
“Ma come fai a sapere queste cose?” mi chiede. “Anzi, come fai a ricordartele?” aggiunge.
“Tengo la testa giovane ed allenata, e tu mi aiuti a farlo!” le rispondo con un sorriso.

Sto vivendo un periodo splendido accanto a Francesca che mi ha restituito la gioia di vivere ed il piacere di godermela. Lei non se ne rende conto del tutto, ma grazie a lei mi sento rinato.

“E poi, io conosco questa parte della storia perché mi piace, tu invece sei una enciclopedia vivente, conosci come nessun altro la storia della pitture dalla fine dell’800 in poi!”.
“Si, magari!” mi risponde.
“Magari che? Dimmi ad esempio quante versioni ci sono di Guernica” le chiedo.
“Due. Una è quella che conoscono tutti, l’altra è il bozzetto che è stato ritrovato nelle cantine di un ex franchista scappato in Svizzera durante la seconda guerra mondiale. E’ più piccolo ma ancor più drammatico.”
Appunto, lo sa. Avevo sentito per sbaglio la notizia alla radio qualche mese prima e l’avevo messa da parte. Non credevo fosse di dominio pubblico.
“E tu come facevi a saperlo?”
“L’ho sentito alla radio qualche mese fa.”
“Ah, io invece ho parlato con un gallerista che era riuscito a metterci le mani su mentre tutti credevano fosse un falso, mentre invece c’è un documento autentico, una lettera in cui Picasso afferma che ha messo il primo quadro in cantina perché a rivederlo provava troppo orrore.” mi spiega.
“Ecco, lo vedi che ne sai sempre molto più degli altri? Ed io che credevo che ti avrei trovata impreparata…”

Siamo di fronte al cancello della villa. Francesca chiama il proprietario e lo avvisa che siamo arrivati.

“Professore, sono con il mio … amico, Paolo” mi presenta mentre scendiamo dalla macchina.
“Molto lieto professore!” mi presento stringendogli la mano. “Spero non la disturbi troppo”
“Nessun disturbo, si figuri!” mi risponde facendoci strada.
“Complimenti, bellissima villa” gli dico.
“E’ una residenza del XVIII secolo ricostruita sulle rovine di un antico casale che risale probabilmente al XII secolo o prima. Secondo alcuni documenti storici, era stato edificato da un gruppo di calabri sfuggiti ai saraceni, provenienti dalla zona di Rossano Calabro e quindi di origine albanese o bizantina. Si impiantarono qui appunto attorno al XI secolo e ottennero di poter coltivare parte dei terreni dell’Abbazia di S. Nilo che era tenuta da monaci loro conterranei. Secondo alcune ricerche che ho fatto fare, tra loro ci doveva essere un mio tris-tris-trisavolo. Uno di questi esperti di araldica avrebbe prodotto anche una sorta di stemma, ma io credo che sia fittizio, fasullo. I contadini non avevano proprietà e i miei possibili avi erano profughi dalla Calabria: che proprietà potevano avere?”
“Ciò non toglie che vorrei celebrarli in qualche modo. Le faccio vedere quel che mi hanno mandato quelli dell’araldica” e mi mostra un fascicolo con un pacco di pagine di storia, riferimenti agli archivi parrocchiali di varie zone limitrofe ed un bozzetto di uno stemma.

Francesca lo esamina, chiede se è possibile averne una copia per poterlo studiare un po’ e scatta una foto al bozzetto.

Poi osserva con attenzione il pavimento della sala, tutto in marmo giallo lucido, e prende alcune dimensioni.

Discute qualche dettaglio con il professore, e alla fine sembra perplessa e incerta sulla cosa.

“Mi piacerebbe poter ripetere lo stesso disegno sul fondo della piscina” e ci guida verso il retro della villa ove, incastonata in un bellissimo giardino circondato da pini, querce e cipressi secolari, c’è una piscina a forma di fagiolo di oltre venti metri di lunghezza e almeno 6 o 7 di larghezza, circondata da un impiantito in cotto opaco ed incassata in un curatissimo prato all’inglese.

Anche in questo caso Francesca prende il suo smartphone e scatta una serie di foto prendendo nota delle varie dimensioni.

Il sole è alto, inizia a far caldo, la piscina è molto invitante.

Il professore ci invita a rimanere “Avete portato i costumi, no? Glielo avevo detto per telefono, Francesca, ricorda?”
“No professore, non lo abbiamo fatto. Paolo ha un impegno nel pomeriggio e deve rientrare!”
“Ma suvvia, un bagnetto e poi vi offro un piccolo rinfresco. Vi prometto che per le quattro del pomeriggio vi mando via!”

Io faccio cenno a Francesca di decidere lei anche per me. So che ci tiene a questo lavoro e immagino che voglia restare per piaggeria.

“Professore, il problema è che io e Paolo non abbiamo costumi con noi!”
“Vuol dire che ne farete a meno. Tanto, chi vuole che vi guardi? Io rientro in casa per far preparare qualcosa da mangiare. Fate come se foste a casa vostra, liberi ed indisturbati. Vi prometto che per mezz’ora non vi disturba nessuno!” e girandosi sui tacchi, rientra in casa a passo spedito.

Sono perplesso. Non so se sia il caso. Personalmente non ho problemi, credo che anche Francesca non abbia particolari pudori a fare il bagno nuda, ma non la sento convinta e decisa come l’ho vista altre volte.

“Che ne pensi, Fra? Ci facciamo un tuffo?”
“Paolo, sinceramente non mi interessa di avere o meno il costume, in altre situazioni sarei già in acqua. Non vorrei che il professore stesse facendo tutto questo per mirare ad altro. So che ogni tanto organizza festini particolari qui in piscina, almeno così mi ha raccontato il mio ex-marito che ha l’appalto per la manutenzione degli impianti”
“E allora?”
“Non vorrei che fosse una scusa per trascinarci in una di quelle feste”
“E mica ci obbliga nessuno! Sai che faccio? Io mi spoglio e mi faccio un tuffo, esco, mi rimetto i pantaloni e mi asciugo sulla sdraio.”
“Io ti seguo, ma lo faccio con l’intimo. Me lo tolgo dopo quando mi rivesto.”
“Mi pare una buona idea!” e le faccio l’occhiolino.

Pochi minuti e siamo in acqua, io completamente nudo, Francesca in reggiseno e slip. Non capisco che cosa se li tenga a fare visto che sono color carne, di tulle leggerissimo e di dimensioni microscopiche…

In effetti, è una stupenda visione, la sua, che mi provoca un immediato alzabandiera.

Fra è appoggiata al bordo della piscina. Mi avvicino alle sue spalle e le sussurro all’orecchio “Dio quanto sei bella! Vorrei prenderti qui, in acqua facendole sentire la mia erezione puntando in mezzo ai glutei totalmente scoperti visto che il perizoma dietro è solo un misero filetto.

Si agita un po’ come per accogliermi, poi mette la mano dietro di se, mi prende il membro e se lo mette in mezzo alle gambe, a contatto con la vagina che al momento è praticamente scoperta. Quindi, inizia a muoversi ritmicamente strusciando le sue grandi labbra ed il clitoride sulla mia verga pulsante.

“E se ci vede?” dice con un filo di voce.
“Si farà una sega anche lui!” le rispondo.

Qualche decina di secondi e decido di approfittare di quell’anfratto caldo ed accogliente e la penetro con un movimento fluido. Fra mi favorisce inclinando il bacino in modo da assumere una posizione più comoda, ed inizia a muoversi ritmicamente.

Sarà l’eccitazione, sarà il fatto che mi è sembrato di vedere in casa una tenda muoversi ed aprirsi, vengo in pochi minuti. Francesca non è venuta, ma ha comunque gradito. Ho sentito ritmiche contrazioni e un piacevole fluido caldo che mi lambiva i testicoli.

Restiamo abbracciati qualche minuto in attesa che la mia erezione cessi, e poi con un gesto fluido esco dalla piscina, mi inginocchio e porgo la mano a Francesca.

Prendiamo due teli che erano appoggiati ad una scansia vicino alla piscina e ci asciughiamo al meglio.
Vado quindi a raccogliere i nostri vestiti e li porto a Francesca che si è intanto seduta su un lettino.

Le porgo maglietta e gonna che indossa dopo essersi sfilata la lingerie bagnata. Io infilo i pantaloni e mi sdraio sul lettino accanto al suo, le prendo la mano e la bacio.

Inizio ad adorare questa donna che riempie la mia vita di passione, sesso ed emozioni forti.

Dopo un po’ arriva il Professore con due persone di servizio in divisa al seguito, che spingono un carrello con bottiglie, piatti e vivande.
“Allora ho fatto preparare un tagliere di affettati, un po’ di pane fresco e del vino bianco ghiacciato. Che ne pensate?”
“Penso che sia un’ottima idea!” esclamo. Quella sveltina mi ha proprio messo appetito. Anche Francesca sembra gradire.

Ci sediamo all’ombra di un ombrellone ed approfitto per levare il calice alla salute del nostro ospite. “Brindo alla sua salute, a Francesca ed al suo prossimo lavoro!”.
Il professore ricambia levando il calice “Ed io brindo alla vostra salute. Spero di rivedervi presto qui. Anzi, vi avviso che sabato prossimo riceverò alcuni amici ed amiche per una festa in piscina all’insegna della massima libertà. Spero vogliate essere miei ospiti. Vi prego di accettare, non sopporto l’idea di un vostro rifiuto” mentre mi guarda con occhio ammiccante.
“Non so, professore, vedremo.” risponde Francesca.
“Mi scusi professore” mi intrometto “ma cosa intende per massima libertà?”
“Beh, quello che avete fatto voi poco fa è ciò che io intendo per massima libertà… e spero che gli altri ospiti siano liberi almeno quanto voi…”

Scritto da:

Mi piace raccontare di me e delle mie storie, anche del lato erotico che le ha pervase. Ma racconto anche della mia vita, dei miei amori, delle mie passioni, dei miei dolori.

Commenta  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *